“Osare, sperimentare, creare qualcosa di innovativo e anche folle, se necessario”. È l’invito di Bruno Barbieri dopo che gli aspiranti MasterChef nella cucina di SkyUno hanno sollevato la scatola e scoperto gli ingredienti sotto la Mystery Box, dove hanno trovato tutto l’occorrente per fare gli gnocchi.
Qualcosa di innovativo e anche folle con gli gnocchi? Sì, se l’idea è di presentare un piatto che parli della propria storia personale. Infatti, a titolo di esempio, ci sono altre tre Mystery, una per ciascun giudice del programma firmato da Endemol Shine Italy, e ognuna copre un celebre piatto di gnocchi: quelli di Giorgio Locatelli col formaggio di capra al tartufo del Luinese (della provincia di Varese dove lo chef è nato e cresciuto), quelli di Antonino Cannavacciuolo con ricci di mare, zafferano e quinoa croccante, quelli di Barbieri – un piatto niente meno che del mitico ristorante Trigabolo di Argenta – con guazzetto di frutti di mare, fondente di pomodoro e pesto.
Starà ai cuochi amatoriali far vedere il loro vissuto e le loro prospettive nel piatto, anche con una visione internazionale, nel caso dei concorrenti extra Italia.
“Max in America avete gli gnocchi?” – domanda Locatelli, che poi a sorpresa si allontana dal suo british style con una precisazione inaspettata – “gli gnocchi, non la gnocca”.
Why? Verrebbe da pensare, ma intanto Maxwell non raccoglie l’allusione e racconta di aver imparato la ricetta da sua nuora calabrese. Invece gli altri concorrenti di origini internazionali mostrano difficoltà: dall’iraniana Sedighe alla cino-barese Jia Bi, dall’umbro-marocchino Monir al dominicano Eduard, tutti ammettono di non avere familiarità con la ricetta.
In ogni caso, partito il count-down, in 45 minuti tutti via in dispensa per cercare ingredienti per i "personal gnocchi". “Bisogna rinnovare lo gnocco de nonna” è l’Eureka di Marco.
Tra i migliori c’è proprio Maxwell che condisce gli gnocchi con ingredienti tipici americani, gamberi, astici e cappesante, famosi prodotti ittici del Maine. Poi è la volta di Daiana con “un amore di gnocchi”, dedicato al fidanzato. Poi Francesco, che ormai tutti chiamano per cognome, "Aquila", con gnocchi ripieni di scamorza e pancetta su crema di broccoli alla vaniglia, omaggio al nonno.
È Daiana a convincere per la consistenza perfetta dei bocconi e si prepara ad affrontare la prova successiva con un grande vantaggio. La prova vede l’arrivo di due chef under 30, due giovani promesse della cucina italiana, che portano una serie di ingredienti legati ai loro territori d’origine: Solaika Marrocco del Primo Restaurant di Lecce, 25 anni, e Stella Shi, 27enne punto di riferimento della cucina italiana-cinese a Roma. Tra i loro ingredienti, interiora di agnello, rete di maiale, critimi (un’erba selvatica), luppolo, birra rossa e arance per la prima, lampascioni, riso, zenzero, conchiglie e uovo centenario per l’altra.
Daiana non solo può assaggiare i loro piatti, ma anche decidere a chi assegnare le due serie di ingredienti e addirittura creare, a partire da questi, una terza cloche “killer”. Che tocca in sorte a Irish, Azzurra, Federica, Valeria, Monir, Antonio.
Ma il vantaggio di Daiana, la cui strategia contro i rivali sembra aver colpito nel segno, non riesce altrettanto bene nel suo stesso piatto: le interiora sono crude e i giudici non apprezzano affatto.
Non va meglio a molti altri. Quello di Igor risulta “viscido”, e Irene si sente dire “Mi sembra che anche a te fa un po’ schifo”; “sbagliate le proporzioni” per Alessandra; “stai inseguendo qualcosa che non ti appartiene” dicono a Jia Bi; “Più che una zuppa una palude” è la critica a Sedighe; “un tortino triste di riso bianco” il giudizio per Marco. Per Irish un vero disastro: “colpito e affondato” gli dice Locatelli per via delle interiora crude e la salsa troppo amara. “Un bluff non riuscito” la definizione di Cannavacciuolo per il piatto per Azzurra. Ma non mancano piatti interessanti, “di levatura”: Eduard, Valeria, Antonio e Cristiano sono i migliori. Con Antonio superstar che vince la prova.
I peggiori sono Ilda, Sedighe e Irish, che viene definitivamente escluso dalla cucina di MasterChef.
Ed è un vero colpo di scena, da cui tutti traggono un insegnamento: nessuno è al sicuro, nemmeno chi era forte sulla carta. Locatelli infatti ricorda l’insegnamento di un suo maestro: “Vali quanto vale il tuo ultimo piatto”.
Si apre così il primo Skill Test della stagione, una serie di esami tecnici per verificare le capacità dei concorrenti e le conoscenze base: è suddiviso in tre fasi, ognuna delle quali ha come mentore un giudice che sceglie la prova; a ogni step, i migliori hanno la possibilità di salire in balconata, chi invece non soddisfa i giudici deve affrontare la prova successiva. Per Antonio, vincitore della prova, il vantaggio di poter porre una domanda a ogni step.
Un grado di difficoltà per volta, fino all’ultimo e decisivo round, in cui chi non avrà dimostrato al meglio le sue capacità dovrà togliere il grembiule e abbandonare la cucina di MasterChef Italia.
I concorrenti sono testati su ricette di base, a partire da uno specifico ingrediente, da declinare in modo diverso per ogni prova. Si tratta della farina: "Ma non pensate di fare della pasta – avverte Barbieri – perché la farina è molto altro". Infatti i giudici hanno in serbo un viaggio in tre Paesi con altrettante ricette e si parte da Oltre Manica, con il tipico Yorkshire pudding, illustrato passa passo da Locatelli.
Il secondo step porta dal Regno Unito a Parigi. Con protagonista la zuppa di cipolle, la soupe à l'oignon ed è spiegata da Barbieri, di cui valuteranno consistenza, colore e sapore. L'umile piatto nato povero e diventato uno dei simboli dell'alta cucina d'Oltralpe si rivela uno scoglio.
La terza e ultima prova, termina il viaggio dalla Francia e riporta in Italia, con le crespelle, nate dalle crepes, già esaltate da Escoffier. Devono prepararle in verisone dolce e salata, secondo le indicazioni di Cannavacciuolo. Non riesce a superare la prova e deve abbandonare la masterclass Sedighe, criticata per aver voluto dare un tocco artistico ai piatti, di aver tentato di curare l'estetica, trascurando la sostanza.
La morale della favola? Non si può spiccare il volo della creatività se non si conoscono le basi, “la saggezza dei vecchi” come la definisce l'Antonino nazionale.
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