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Leo Gullotta, 75 anni con il sorriso: “Usciremo dalla nebbia come Bartleby”

In 54 anni di carriera Leo Gullotta ha sempre festeggiato il compleanno in scena o sul set, ma anche se non sarà così per i suoi 75 anni, che compirà il 9 gennaio, non si perde d'animo. "Sono contento di stare a casa e sono pronto a festeggiarlo con un sorriso perché 75 è un bel numero" racconta al telefono. "Un'età che mi permette un vantaggio perché, pur aspettando il mio turno, potrò fare il vaccino prima di altri. E se mi proponessero di anticiparlo andrei di corsa talmente è la voglia di superare questo periodo" ammette, e aggiunge che soffierà su una candelina aspettando con serenità il momento di poter tornare al lavoro. "Sono passati undici mesi da quando abbiamo dovuto interrompere la tournée, si dovrebbe riprendere a febbraio ma chissà".

Leo Gullotta, un Bartleby dei nostri giorni

di RODOLFO DI GIAMMARCO


Era in scena con Bartleby lo scrivano quando è iniziata l'emergenza Covid.

"Era metà febbraio, ero ad Asti con la compagnia Arca Azzurra quando ci hanno detto: domani è l'ultima replica, poi tutti a casa. E così è stato. Mi sentivo come tutti, in questa specie di nebbia dove non vedi niente. Lentamente ho cercato di darmi dei punti di riferimento, di non abbandonarmi perché alle persone della mia età, non tutte per carità, ma questi momenti fanno perdere il senso della vita".

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Eppure ne ha passate tante.

"Sono stata una persona fortunata, sono nato in un quartiere popolare di Catania nel 1946 dove non c'era nulla, l'Italia era da ricostruire e tutti lavoravano col sorriso, non c'erano divisioni di sorta, non c'era razzismo, c'era moltissima solidarietà. Era un altro Paese, un altro mondo, anche in un quartiere a rischio come il mio ma per fortuna sono nato dopo la guerra. Mi sono ritrovato quattordicenne al teatro stabile di Catania e non sapevo nulla, non avevo il fuoco sacro ma lì ho appreso il modo di stare in compagnia, la disciplina, il lavoro che si deve fare sempre con grandissimo trasporto e le grandi lezioni dei maestri, da Turi Ferro a Salvo Randone".

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Una lezione che non ha mai dimenticato in tanti anni di lavoro.

"Ogni età ha la sua importanza, tutte le mie età le ho vissute e amate, anche questa ma sono tranquillo, fa parte della vita. Sono sereno perché ho sempre cercato di capire, la curiosità mi ha sempre accompagnato sin da ragazzino. L'importante è lavorare con generosità, avere voglia di stare su un palcoscenico, di mettersi in comunicazione con il pubblico. Il mio lavoro è un incontro amoroso con la platea, è lì che si stabilisce una linea di contatto molto importante, molto forte a differenza del cinema che è un altro tipo di emozione".

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Cosa farà quando finirà l'emergenza Covid?

"Il mio primo progetto è la salute, quindi il vaccino. Per il resto ci sono due progetti di cinema curiosi e particolari ma è tutto sospeso, rimandato chissà quando, ma i progetti ci sono e spero che diventino realtà. E poi appena possibile torno a teatro con Bartleby, un romanzetto che consiglio a tutti di leggere perché è uno di quei personaggi che escono dalla nebbia, la stessa che stiamo vivendo noi oggi. La pandemia ci ha fatto capire che dobbiamo ragionare in modo diverso, dobbiamo relazionarci in modo diverso, bisogna riscoprire la solidarietà, la dignità, la parola da usare assolutamente prima dopo e durante è insieme perché da soli non si va da nessuna parte. La cosa che mi manca di più, come a tutti, è l'abbraccio: dobbiamo riprenderci il senso della vita, e quindi mettersi la mascherina, prendere le dovute precauzioni ma fermarsi e cercare di capire. Ecco quello che spero e chiedo in regalo alla vita futura".

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