CAGLIARI – Un lutto duro, spiazzante, imprevisto. "Quasi come una sassata alle spalle". Gianfranco Zola e la scomparsa di Diego Armando Maradona. Pagine in bianco e nero, emozioni a colori. Indelebili. Trascorsi 39 giorni dalla morte del Pibe de oro, "Magic box" ritrova forza e pensieri per riannodare i fili. "Diego è stato un fratello maggiore. Con me, ragazzino debuttante in A tra tanti campioni, è stato molto disponibile. Mi ha insegnato tanto e non lo scorderò mai". Pausa. Zola è in Sardegna, lockdown a Puntaldia. Natale in famiglia, il brindisi con la moglie Franca e i figli Andrea, Martina e Samuele. Un salto a Oliena per un saluto all'anziana madre Giovanna, quindi a Loculi, paesino dei suoceri tra Baronia e Barbagia. Per il resto, clausura intelligente: "Se vogliamo uscirne dobbiamo essere responsabili. Con il Covid non si scherza". Ad allentare la tensione, le sfide a tennistavolo con i figli, studi su marketing e calcio, golf, tennis e Premier in tv. Maradona è e rimarrà un tasto dolente.
L'ex di Parma, Chelsea e Cagliari per la scomparsa di Dieguito ha scelto il silenzio. Per Repubblica rievoca i flash degli anni al Napoli – 136 presenze, 36 reti, uno scudetto e una Supercoppa – con al fianco il Dieci dei dieci. "Con Ciro e Antonio (Ferrara e Careca, ndr) ci siamo sentiti. Uno strazio. Abbiamo ricordato partite, ritiri, tifosi, risate, vittorie e le poche sconfitte: Diego è stato un grande, è sbagliato dipingerlo sbrigativamente. Chi ha avuto la fortuna di giocarci assieme ha avuto solo cose buone". Il Baronetto della Regina accelera. "Arrivavo dalla provincia al calcio che conta. La mia più grande fortuna è stata quella di trovare calciatori di grande spessore e avere lo spirito giusto per apprendere". Altra pausa. "La scomparsa di Diego è stata un colpo molto forte. Sapevo di uno stile di vita al di sopra delle righe, ma mai avrei pensato che potesse morire. Mi ha colto impreparato, è come se fosse scomparso uno di casa. Siamo stati in gruppo al suo matrimonio in Argentina, l'abbiamo commentato come fosse stata la cerimonia di un parente strettissimo".
Quand'è che vi siete visti dopo Napoli?
"In campo per beneficenza, a Roma e a Manchester, una charity con Robbie Williams. Anche allora mi ha sfidato sulle punizioni: "Sei migliorato, ma hai ancora da lavorare" mi disse. Ci siamo ritrovati alla festa per l'addio al calcio di Ciro al San Paolo. Non stava benissimo. Poi, l'ho sentito quando era a Dubai".
Qual è il ricordo più intenso?
"Era un numero uno. Ho avuto al fianco un genio che non ha mai fatto pesare l'immensità tecnica, la gestione della gara, l'intuito. Penso all'estro di Gascoigne o Best: monumentali per visione, gesti e qualità, fragili e perduti fuori dal campo. Maradona rimane un gigante, estremamente vitale per la mia carriera: se non lo avessi incontrato sarei rimasto un buon calciatore. Ha esaltato le mie abilità potenziali. Conserverò la sua immagine in campo e da persona che andava oltre i limiti. Senza far mai male a nessuno se non a sé stesso".
Gli anni sotto il Vesuvio. Quali sono le foto migliori?
"I barbecue da Careca. Abitavamo dalle parti di via Posillipo, Antonio ordinava la carne in Brasile e noi, con mogli e figli, non mancavamo. Ricordo Diego con Claudia: i valori verso la famiglia, l'Argentina degli ultimi e il Boca, erano molto solidi".
Passiamo dal campo. Cosa gli ha rubato?
"Dopo gli allenamenti, mettevamo le barriere per le punizioni: per lui, distanza e potenza da dare alla palla, erano dettagli. Mi spiegò come calibrare la traiettoria. Mi faceva calciare in porta mille volte dall'altezza della bandierina, quattro metri oltre la linea di fondo".
Qual è la giocata da fantascienza?
"Il gol a Giuliani del Verona, da 50 metri con un pallonetto. In seguito, Giuliani venne a Napoli. In partitella Diego, da metà campo e spalle alla porta, ricevette la palla e al volo lo rifece. Applaudimmo a lungo, replicare una rete simile pareva impossibile".
Ma com'è andato il passaggio della maglia 10?
"Giocavamo a Pisa. In pullman Diego mi prese in giro: "Gianfranco, domani metto la 9 e tu la 10. Ma non illuderti, lo faccio solo perché voglio onorare Antonio". Careca era out e lui rise a lungo, vedendo la mia faccia basita. Ma è anche vero che a Ferlaino disse che per sostituirlo non dovevano comprare nessuno perché c'ero io".
Gianfranco, che idea si è fatto della sua morte?
"Ho visto e sentito di situazioni degradate. Preferisco non approfondire. Mi tengo l'esempio avuto in campo, la voce, l'umiltà, la forza e le sensazioni che mi ha dato".
Un anno senza pietà con i campioni, si è preso anche Paolo Rossi.
"Per la mia generazione è stato un'icona, come Antognoni e Bruno Conti. Poi, abbiamo lavorato assieme a Sky, persona deliziosa".
Cagliari-Napoli, come la vede?
"Importante e incerta per due squadre che non vivono un buon momento. Il Cagliari deve fare la partita e stare attento. Il Napoli è avvantaggiato perché ha la difesa migliore della A e riparte bene".
I rossoblù perdono Rog e ritrovano Nainggolan. Sensazioni?
"Per Rog mi spiace tanto, è un'assenza pesante di un grande giocatore, completo per le due fasi. Radja l'anno scorso è stato determinante, riaverlo in gruppo è una bella notizia".
Di Francesco e Gattuso, qual è la pagella?
"Stimo Eusebio, ha ottime idee. Anche se i numeri non sono buoni, bisogna avere fiducia. Gennaro è uno dei migliori tecnici italiani. Senza fronzoli, ha fatto bene ovunque ha lavorato".
Nel 2020, anno del Covid e del centenario del Cagliari, si va dalla squadra di Maran sesta in classifica a penultima per punti fatti. Cos'è successo?
"Erano in salute, solidi, elogiati per il gioco. Dal di fuori non si può capire".
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