Nel 1930, accompagnato in un lungo viaggio in Europa dalla moglie Irene e da Hilla Rebay, Solomon R. Guggenheim fece tappa a Dessau, in Germania, per incontrare Vasilij Kandinskij, all'epoca insegnante alla scuola d'arti applicate del Bauhaus. Guggenheim aveva scoperto la sua pittura proprio grazie a Rebay che, nata baronessa Hildegard Rebay von Ehrenwiesen, da Berlino si era stabilita a New York come pittrice e gallerista. E si deve a lei se l'industriale americano, fino ai tardi anni Venti collezionista di sola e solida arte antica, si convertì definitivamente al contemporaneo.
A Dessau Guggenheim acquistò la grande Composizione VIII dipinta da Kandinskij nel 1923. Al rientro a New York, la tela venne sistemata sulla parete di una delle camere della suite al Plaza, da quello stesso anno aperto in occasioni speciali al pubblico. Composizione VIII la si ritrova, ora, esposta fino al 23 maggio al Museo Guggenheim Bilbao (www.guggenheim-bilbao.eus), come pietra d'angolo della mostra intitolata semplicemente Kandinskij e curata da Megan Fontanella. Attingendo all'ampio corpus di opere della Fondazione madre, ripercorre l'intero itinerario del pioniere dell'astrattismo: dai primissimi anni del Novecento all'ultimo della sua vita.
Non c'è periodo, nella vicenda di Vasilij Kandinskij, più fecondo e gravido del periodo vissuto a Monaco, dal 1897 al 1914. Dai paesaggi di gusto neoimpressionista la sua pittura evolve verso l'espressionismo, con pennellate dense, pastose, e colori irreali: come ne La montagna blu, il grande quadro dipinto nell'inverno 1908-1909 a Murnau, sulle Alpi bavaresi, che accoglie il visitatore della mostra. Da allora in avanti, Kandinskij si rivela sempre più concentrato sui rapporti tra colore, linea e composizione, sempre più sganciato da vincoli figurativi, affascinato dalla teosofia di Rudolf Steiner. Un dipinto inquieto e fantasmatico come Pastorale (febbraio 1911) prelude a Improvvisazione 28 (seconda versione), sulla cui tela si compie la rivoluzione. È il 1912, l'anno della pubblicazione del saggio Lo spirituale nell'arte e dell'Almanacco del Cavaliere azzurro, la raccolta di articoli e illustrazioni curata assieme a Franz Marc per diffondere temi e sfide dell'omonima associazione d'artisti. Kandinskij invita a cogliere "nelle cose materiali e nelle cose astratte l'elemento spirituale, che rende possibili infinite esperienze". Le curve di Improvvisazione 28 evocano paesaggi e tratti umani, sovrapposti, suggeriscono incubi ed estasi in cui si compenetrano quella che l'artista definisce "necessità interiore" e il mondo esterno. Le "cose materiali" sono spinte verso l'astrazione e la trascendenza, trasfigurate nell'affollato teatro della mente. Linee nere (1913), una delle ultime tele dipinte a Monaco e la prima compiutamente "non oggettiva", è una deflagrazione di cerchi organici – la forma del regno cosmico – e colori primari, solcati da sottili, calligrafici tratti a penna neri.
La guerra costringe Kandinskij a rientrare a Mosca, dov'era nato nel 1866. La Rivoluzione lo arruola nella riforma della pedagogia dell'arte e dei musei. "Anni che non vorrei rivivere", scrive a Rebay. Si confronta con le avanguardie moscovite, Malevi?, Mondrian, Tatlin. Nel 1921 i rapporti si irrigidiscono, e Kandinskij decide di far ritorno in Germania con la moglie Nina. Nel 1922 Walter Gropius gli offre di tenere il corso di disegno e composizione cromatica al Bauhaus; ha come colleghi Paul Klee, Josef Albers e László Moholy-Nagy. Nel 1933 il regime nazista impone la chiusura del Bauhaus, e a Kandinskij un nuovo esilio. Trascorre gli ultimi undici anni della sua vita a Neuilly-sur-Seine, sobborgo di Parigi. Entra in contatto con il Surrealismo, frequenta Jean Arp e Sophie Taeuber, ed è un'influenza che unita all'interesse per le scienze naturali conduce a composizioni brulicanti di microscopica vita biomorfa. Non a caso, due dipinti come Rigato (1934) e Curva dominante (1936) furono esposti da Peggy Guggenheim nella sua galleria Guggenheim Jeune, aperta a Londra nel 1938, e confluirono in seguito nella raccolta dello zio. L'ultima opera in mostra è una piccola gouache, Nastro di quadrati, dipinta nel gennaio 1944; Kandinskij si spegne il 13 dicembre di quell'anno.
Composizione VIII, un'orchestrazione ritmica di cerchi, semicerchi, triangoli, quadrati e linee rette, dominata sulla sinistra da un astro irradiante, blu, nero e rosso, non fu la prima opera ma certo il primo capolavoro dell'arte del suo tempo acquistato da Solomon R. Guggenheim. E nessun artista più di Kandinskij è legato alla storia della Fondazione creata a New York nel 1937 e affidata alla direzione di Rebay. Rimane una fotografia, che li ritrae tutti assieme: è stata scattata il 7 luglio 1930 nel parco dell'edificio del Bauhaus a Dessau: Kandinskij, raggiante, è tenuto sottobraccio, a destra e a sinistra, da Irene Guggenheim e Hilla Rebay, Solomon ha le mani infilate nelle tasche della giacca, Nina Kandinskij è la fotografa.
Oggi le opere dell'artista raccolte nella Fondazione Guggenheim sono 150: "Tutti mi dicevano che questa roba moderna erano sciocchezze – spiegò il fondatore a chi gliene chiedeva ragione – . Così, siccome mi sono sempre interessato alle cose che la gente mi diceva fossero sciocchezze, ho deciso che ci dovesse essere della bellezza, nell'arte moderna. E ho voluto che vivesse con me".Original Article
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