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Gianluigi Conese “Il mio romanzo è nato come risposta al confinamento”

Una sensazione singolare: il gioco della cronaca, dell’epidemia che avanza, che si trasforma in pandemia, persino una misteriosa morte, scorrono nella vita del protagonista, dei comprimari del romanzo, con il tempo imperfetto. Quel che si racconta sta, invece, pienamente e purtroppo ancora nel presente, la contingenza ti insegue dalle pagine ed è incalzante ma anche smarrente. Insomma, si diverte e non poco Gianluigi Conese scrivendo "Se andrà tutto bene", suo esordio letterario per Florestano Edizioni, uscito da qualche settimana. E il lettore lo segue incuriosito.

Conese, come ha vissuto i tempi, gli ultimi specialmente, quando chiudeva il suo primo romanzo?

«È vero, avrei potuto usare il presente, ma il romanzo inizia durante il lockdown e termina nel 2023, per questo il narratore è piazzato lì, nel futuro, da dove architetta e racconta al passato una storia di amori e dolori lunga tre anni. Per me l’ultimo periodo è stato come quasi tutto l’anno: semirecluso in casa con tuta e babbucce, spin bike che manco un criceto, smart working, qualche pranzetto coi miei fratelli, delle visite agli anziani genitori, la spesa al supermercato per esibizioni sui fornelli non sempre esaltanti. E poco altro. Ma con l’eccitazione per la mia prima creatura che stava per vedere la luce: il libro».

Comunicatore da sempre, come ha deciso di fare questo primo passo?

«Beh, scrivere un libro non era davvero nei miei programmi. La verità è che durante il lockdown scrissi dei racconti,chi li lesse mi invitò a proseguire e, perché no, a scrivere un vero e proprio romanzo. Ma figuriamoci, pensai».

E, invece?

«Mi ritrovai, imbronciato, con l’ultimo racconto tra le mani, quello che mi piaceva di più, nato da un episodio realmente capitatomi k Il lockdown davanti a un supermercato. Potevo cestinarlo, ma alla fine scelsi di far vivere Sandro, il protagonista, facendo incrociare la sua vita con quella degli "attori" degli altri due racconti. E quell’ultimo racconto è poi diventato il primo capitolo del romanzo, in cui ho provato a dare forti sfumature di noir a narrazioni fino a quel momento rosa. D’altra parte, poteva mai un single 50enne scrivere rosa?».

Probabilmente no, insomma, una delle "opportunità" che ha offerto il lockdown di ritrovar talenti.

«Erano i giorni più bui, cercavo disperatamente qualcosa per dare un senso a quel periodo. Vedevo tante persone, e neanche così giovani, trascorrere le giornate veleggiando nei mari dei social network. Non era per me. E la sera non mi bastava leggere un buon libro o fare zapping tra programmi che parlavano di decessi, contagi e crisi economica. Mi stavo deprimendo. Così provai a rispolverare la scrittura creativa e ironica che utilizzavo alle scuole superiori, quando raccontavo nel mio diario gli episodi più ridicoli di quei fantastici anni».

Del Covid si è anche trovato poi, un po’ come un nostrano Quammen, a fare nostradamiche previsioni.

«Sì, ma senza esagerare. Certo, se il libro fosse andato in stampa a settembre avrei fatto, nel mio piccolo, la parte dell’indovino. Meglio aver ritardato, l’ottimismo ha portato consiglio e la storia, inizialmente intitolata ‘Se non tutto andrà bene’, ha preso una piega migliore. Con una nuova e folle previsione sulla fine del virus che, con tutto me stesso, spero possa avverarsi. Ha indovinato, non so quante volte ho fatto le due per rileggere con attenzione maniacale ogni singola parola di un nuovo capitolo. È stata un’esperienza faticosa ma esaltante, che ognuno dovrebbe fare almeno una volta nella vita».

Ma non ha fatto l’esperienza delle presentazioni, molti scrivono apposta, lo sa?

«Nessuna presentazione per ora e chissà se mai ci sarà un evento in presenza. Ma che importa, vuoi mettere la soddisfazione di vedere un libro col tuo nome? O di ricevere e-mail e telefonate di persone che mi chiedono se il finale è quello che hanno pensato o l’altro. Alla fine, ho deciso di scriverlo quando ho capito che non è mai troppo tardi per fare qualcosa mai fatta prima, perché, per una volta, non capovolgere il tavolo o cambiare marcia, come scrive Martha Medeiros nella sua stupenda Lentamente muore? ».

Lo rifarà?

«Mai dire mai, ma, per il momento, ho dato».

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