In questo periodo di feste davanti alla tv molti hanno scoperto Ethos, la serie tv turca targata Netflix, una storia corale ambientata a Istanbul molto popolare e anche molto discussa in patria e all'estero. Il titolo originale Bir Baskadir, è tratto da una canzone del 1972 della cantante Ayten Alpman e la musica dà il ritmo dramma intimista a sfondo sociale che si sofferma molto sui paesaggi dei sobborghi e della città. Tutto ruota intorno a una serie di personaggi che vivono in classi sociali diverse, evidenziate da chi indossa o meno il velo, accomunati però dalle stesse nevrosi e depressioni, da traumi repressi che scatenano dilemmi di fronte ai quali ognuno reagisce in base alle propie esperienze sociali, economiche e religiose.
di
Gabriella Colarusso
La storia è raccontata attraverso lo sguardo di Meryem, una giovane di origini modeste la cui vicenda si incrocia con l'ambiente sofisticato e privilegiato della città dove lavora come domestica. In seguito a svenimenti improvvisi, la ragazza si rivolge alla psicologa di un ospedale, e a lei riferisce le sue condizioni di vita con un fratello rigido e conservatore e una cognata che ha rinunciato a vivere chiudendosi in un ostinato silenzio. L'unico riferimento riconosciuto dalla sua famiglia è quello dell'hodja, imam del villaggio, ma tra segreti e scelte più o meno consapevoli, Meryem riesce ad affrontare le difficoltà.
Ethos segna il debutto nelle serie tv di Berkun Oya, che ha anche diretto gli otto episodi e ha firmato la sceneggiatura con Ali Farkhonde. Seppur ambientata nel 2019, i costumi, le musiche e le ambientazioni sono volutamente riferite agli anni 70 e 80. Il passaggio dalle zone rurali ai quartieri benestanti che affacciano sul Bosforo sono sottolineate dal tragitto di Meryem che attraversa la campagna per arrivare a Beyoglu, il quartiere centrale dove va per fare le pulizie, oppure quando sale sull'autobus 24 per andare a prendere la nipote a scuola.
I tempi sono lenti e la regia accompagna i viaggi dei personaggi, introspettivi, spirituali o nei villaggi, con le musiche originali di Cem Yilmazer e ogni episodio si conclude con le immagini delle esibizioni dal vivo dei primi anni 80 di Ferdi Ozbegen, famoso in patria per le sue canzoni arabesk, che accompagnano i titoli di coda. Ma nella colonna sonora c'è anche musica italiana: nell'ultimo episodio uno dei momenti cruciali della vicenda è sottolineato da una composizione del 1973 di Franco Micalizzi. È il tema che il musicista scrisse per L'ultima neve di primavera, film interpretato dal piccolo Renato Cestiè che ebbe grande popolarità e segnò il ritorno del filone strappalacrime. Lo stesso Micalizzi Micalizzi in una recente intervista ha ricordato il successo del suo pezzo, tanto da ricevere i complimenti di Ennio Morricone.
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