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Napoli, il delitto Caiafa: “Hanno ucciso papà e ora non voglio più dormire”. I figli salvi per miracolo

Hanno visto il padre accasciarsi nel sangue, mentre venivano sfiorati dalle pallottole di un agguato di camorra. Terrore e morte, tra cucina e divano, nel loro basso di pochi metri quadri, in pieno centro. Sono vivi per miracolo, i figli minori di Ciro Caiafa: già rimasti in tre, dopo l’uccisione del primogenito, caduto sul "campo" delle rapine, dove nessun diciassettenne dovrebbe comunque mai cadere. E ora, dopo lo shock e i titoli a effetto sul padre ucciso – forse per droga – solo due mesi dopo il figlio, la domanda è un’altra: quale vita avranno, questi altri bambini. Tredici anni la femminuccia, quindici e sette i maschi, e una madre senza reddito ufficiale.
È un tema che non può entrare nei primi atti d’indagine, ma ora preme: chi si occuperà di loro (oltre al cibo e ai vestiti), visto che hanno due zie e la nonna paterna agli arresti? Riusciranno a mutare un destino che sembra già segnato? Vite di cui, ora, dovrebbe farsi carico lo Stato. Che, non a caso, aveva steso un protocollo solo un anno fa, tra Ministeri, Procura nazionale antimafia e Libera, dal titolo: " Liberi di scegliere". Esperimento nato a Reggio Calabria, proprio per ragazzi bisognosi di una formazione alternativa al contesto in cui crescono.

Scene da inferno. Almeno sei proiettili sparati – la notte prima di Capodanno – dalla strada contro il tinello di un basso di via Sedil Capuano, alle spalle del Duomo, per uccidere il "nemico" Caiafa: il 40enne ritenuto un trafficante di droga legato ai clan tra Forcella e Quartieri. Famiglia già tristemente nota. Tre mesi fa, il primogenito Luigi, classe 2003, era stato ucciso da un poliziotto dei falchi, mentre consumava una rapina. impugnando una pistola- replica. E con lui, c’era un altro rampollo " d’arte", Ciro De Tommaso, figlio del pluripregiudicato soprannominato Genny ’ a Carogna, subito arrestato.

«Mio figlio non doveva essere ucciso così anche se ha sbagliato, voglio giustizia » , aveva reagito, dal basso dove scontava gli arresti domiciliari, Caiafa. Che, evidentemente, neanche dopo il devastante lutto, era riuscito a cambiare la propria vita. Né per sé, né per gli altri figli.

Il raid di due giorni fa scatta evidentemente inaspettato, visto che il basso ha la finestra aperta come sempre in piena notte: forse la sentenza di morte contro Caiafa senior è la punizione per un passo falso, o il " prezzo" di un ammanco, o una partita di droga non condotta in porto. Ma, in quel bilocale, tre minori rischiano la vita e assistono all’omicidio del genitore. Ciondolano lì, intorno al tavolo, mentre il capofamiglia si sta facendo tatuare sul corpo, in piena notte, da uno " specialista", una croce con il nome di Luigi.

È da poco passata l’una, arriva nel basso Gennaro Di Martino, un incensurato di 28 anni, considerato un artista dei tattoo. La famiglia è tutta sveglia. Ciro si sistema col braccio disteso sul tavolo, è rivolto verso l’ingresso. Il tatuatore comincia a lavorare, è chino sul braccio sinistro del cliente, e quindi dà le spalle alla porta- finestra. Il killer piomba dopo poco: azione chirurgica, entra solo con la mano armata, punta al petto e alla faccia del capofamiglia, spara. Sei colpi, lo uccide all’istante, si accascia anche il tatuatore ( per fortuna, solo lievemente ferito a un fianco). Il sangue dappertutto, le urla, il vicolo torna a infiammarsi di rabbia, come dopo la morte di Luigi. Solo che stavolta nessuno grida contro chi ha ucciso, nessuno fa nomi. Inchiesta della Distrettuale antimafia, arrivano subito i carabinieri che resteranno ore per i sopralluoghi e le prime ricostruzioni, coordinate dal pm Giuseppe Visone. Ma dinanzi agli uomini guidati dal comandante Christian Angelillo, tra comprensibile shock e dolore, sono tante le bocche cucite. Anche il tatuatore, sentito a lungo, non sa: era di spalle.

A un certo punto qualcuno dice al più piccolo di quei tre minori di provare a riposare, di mettersi a letto. L’ultimogenito, 7 anni, rivendica il suo stare lì, a sentire e a vedere. Replica (in napoletano): « Hanno sparato ’ a pateme » , hanno ucciso mio padre. Il codice già vuole che faccia l’uomo. Ma non si sa a chi importi davvero, da oggi, la vita di quei tre bambini.

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