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La Svizzera spende 92 miliardi per difendere il suo franco

LUGANO – 101 miliardi di franchi, circa 92 miliardi di euro al cambio odierno. È quanto è costata, alla Banca Nazionale Svizzera, la difesa del corso del franco, che a causa della pandemia è diventato bene rifugio, alla stregua dell’oro, durante buona parte del 2020. I vertici dell’istituto di emissione sono stati costretti ad acquistare grossi quantitativi di euro e di dollari con l’obbiettivo di evitare quello che già era successo nel settembre del 2011, quando a seguito degli scossoni della crisi finanziaria c’era stata l’ennesima corsa al franco.

Allora la banca centrale di Berna aveva bloccato le speculazioni, dopo essersi dissanguata per accaparrarsi importanti quantitativi delle altre monete, in particolare di euro. La misura era poi stata abbandonata nel 2015. Il problema si è ora ripresentato con la crisi scatenata dal coronavirus. Il franco svizzero, infatti, è tornato ad essere particolarmente attrattivo, nonostante la Banca Nazionale abbia introdotto tassi di interesse negativi.

«La ragione sta nel fatto che l’economia svizzera e la Svizzera come nazione offrono delle garanzie di stabilità economica, finanziaria e politica che nel resto del mondo non si trovano in periodi di così grande incertezza e instabilità», spiega Sergio Rossi, professore di macroeconomia e politica monetaria all’università di Friburgo. Il grosso degli acquisti di valute estere, 80 miliardi di franchi, la Banca Nazionale li ha effettuati nei primi tre trimestri, mentre nel quarto il quantitativo si è ridotto a 11 miliardi.

Fatto sta che, in autunno, il Tesoro statunitense aveva accusato la Confederazione di essere un Paese manipolatore di valuta al fine di ricavarne vantaggi commerciali. In sostanza gli Stati Uniti ritengono che la Svizzera, con gli interventi della banca centrale sul franco, aiuti in modo contrario alla legge del libero mercato, l’industria elvetica d’esportazione. «In realtà- afferma Sergio Rossi -la Svizzera non ha fatto altro che reagire di fronte a un’ondata eccessiva di richieste». Il ragionamento di Berna è questo: se da ogni dove acquistano franchi, contribuendo a rendere poco competitivi i nostri prodotti, dobbiamo difenderci. Missione compiuta visto che per il 2020 il Pil elvetico, dato in calo a giugno di quasi il 6%, fermerà la sua flessione a -3,5%.

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