Come tantissimi musei in tutto il mondo, il Maurithuis dell’Aia, in Olanda, in questo momento non è facilmente visitabile. Negli ultimi mesi, come altre istituzioni artistiche, ha aperto soltanto a singhiozzo per via delle disposizioni anti pandemia. Le mostre temporanee, i tour guidati sono sospesi. Viaggiare è diventato difficile. Eppure, immaginate che le porte di quella che fu la magnifica, lussuosa abitazione del conte Johan Maurits van Nassau-Siegen nel XVII secolo, si aprano soltanto per voi. Potete cominciare dal pianterreno, o salire dai due scaloni in legno intagliati che portano al piano superiore. Potete aggirarvi per sale tappezzate di verde, avvicinarvi ai quadri di una delle pinacoteche più incredibili del mondo, e osservare da vicino, in beata solitudine, alcuni dei quadri più celebri del Secolo d’Oro olandese. Certe tele, 36 per la precisione, potete addirittura vederle come le vedono soltanto gli esperti e i restauratori, ingrandite nel massimo dettaglio e addirittura a infrarossi.
Tra queste, tutti i Vermeer, quattro Rembrandt, tre Jan Steens, il Cardellino di Carel Fabritius e Il Toro di Paulus Potter, e tutti i Vermeer. Tra loro, la spettacolare Veduta di Delft e lei, la superstar che ha superato in popolarità persino la Gioconda: la Ragazza con l’orecchino di perla, o Ragazza con turbante, che il pittore dipinse nel 1665 circa. Com’è possibile? Il museo è stato completamente digitalizzato in formato gigapixel (il gigapixel è un'immagine di 1000 megapixel, più di 100 volte la dimensione delle immagini che prodotte da uno smartphone); grazie a una app che si chiama Second Canvas – o semplicemente entrando nel sito del museo – il tipo di tour virtuale che si può fare nelle sale ora è davvero un’esperienza immersiva. E apre nuove opportunità sia per le attività educative sia per la ricerca, come ha spiegato presentando la novità la direttrice Martine Gosselink, nominata poco prima dello scoppio dell’epidemia.
La collaborazione tra Mauritshuis e Madpixel, la società dietro Second Canvas, è nata alcuni anni fa: nel 2016 il Mauritshuis ha lanciato l'app Second Canvas, oggi utilizzata da molti altri musei del mondo. Durante il primo lockdown della scorsa primavera, i robot della Madpixel hanno scattato innumerevoli piccole immagini dentro ogni stanza con telecamere a 360 gradi. Il robot ha selezionato la risoluzione richiesta per ogni opera d'arte: più grande è il dipinto, maggiore deve essere la risoluzione per garantire una "esperienza di zoom" a livello millimetrico ottimale. Per le 36 opere di cui sopra, è anche possibile passare dall’immagine fotografica all’infrarossi, scoprendo i “segreti”, le stesure preliminari e le correzioni in corso d’opera effettuate dall’artista sul dipinto.
Andando nella versione inglese del sito del Maurithuis e scegliendo “Start tour” si comincia la visita. La cosa più bella è perdersi un po’, come se davvero si camminasse da una sala all’altra senza una mappa, ma per chi invece ama andare a colpo sicuro le indicazioni sono queste: stanza 15, Vermeer; stanza 14, Jan Steen e il Cardellino di Fabricius; stanze 9 e 10, Rembrandt.
Prendiamo, ad esempio, la Veduta di Delft di Veermer: avvicinandovi al quadro, vi troverete dove il pittore voleva che foste: sulle rive della Scheda, in una luminosa mattina di primavera o inizio estate. Potrete apprezzare come, da virtuoso degli effetti della luce, il pittore abbia dipinto a pennellate spesse il campanile della Neue Kirche e in modo più lieve, per dare un effetto di trasparenza, le acque del fiume. Spostiamoci davanti alla Ragazza con l’orecchino di perla che si trova nella stessa stanza, proprio di fronte: fissando da vicino la sua bocca di un rosso delicato, scopriremo che per illuminarla, portando su di essa l’attenzione dello spettatore, Veermer ha usato lo stesso bianco che dà vita alla straordinaria perla dell’orecchino. Passiamo a Rembrandt, nella stanza numero 9, e fermiamoci davanti alla Lezione di anatomia del dottor Tulp (1632) la commissione più importante della sua carriera giovanile. Possiamo avvicinarci così tanto da riuscire quasi a distinguere i nomi dei committenti, scritti sul libro che l’assistente tiene in mano dietro il medico. E poi ci sono le scoperte: gli artisti minori, quelli che – come in una vera visita in un museo – ci sarebbero magari sfuggiti nello sfogliare frettolosamente un catalogo, ma che per qualche motivo che non sappiamo spiegare ci catturano appena entriamo in una sala. Entrate nella seconda stanza, e fate una pausa davanti allo Still life with Five Apricots, di Adriaen Coorte.
Di lui si sa pochissimo, se non che era un pittore di nature morte. Alcune sono conservate al Louvre, molte in collezioni private: le sue quotazioni negli ultimi anni sono salite moltissimo, forse per l’eleganza enigmatica delle composizioni, o per i dettagli esotici – le piccole ciotole di porcellana orientali, simbolo di vita mondana, viaggi, commerci per i borghesi dell’epoca e anche di oggi. Continuate a esplorare. Il museo è chiuso, ma la meraviglia è sempre possibile.
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