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La classe operaia forse poteva andare in Paradiso

La classe operaia poteva andare in paradiso? Forse. Se si fosse compreso meglio il valore della partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese, avremmo un’industria con una base produttiva più solida. Miopia storica congiunta di sindacati e imprenditori: durante il boom economico, e poi con la contestazione e le prime grandi crisi dopo quella del petrolio. La storia non si fa con i se e con i ma. Tuttavia, indagare per comprenderla è strumento prezioso per correggere la rotta, specialmente in periodi spartiacque come questo del Covid.

È quanto emerge dal progetto “Lavoro e partecipazione” del Polo del ‘ 900, concluso dopo due anni di studi e ricerche. Sotto la lente il periodo del secolo scorso che va dagli anni ‘50 agli ‘80 e tre casi significativi: Fiat, Olivetti e Partecipazioni Statali. Con una finestra sui modelli svedese, il “Piano Meidner”, e tedesco, la “Mitbestimmung”, contraddistinti da una cultura della partecipazione ben strutturata ( in Germania addirittura stabilita per legge da accordi fra le parti). L’iniziativa è stata coordinata dall’Ismel (l’Istituto per la memoria e la cultura del lavoro, dell’impresa e dei diritti sociali), in collaborazione con l’Istituto Salvemini e le fondazioni Donat-Cattin, Gramsci e Nocentini.

Il tema non è nuovo. «Ma l’originalità — precisa Aldo Enrietti, direttore dell’Ismel — sta in un percorso costruito da prospettive diverse. Materiali d’archivio degli istituti coinvolti; libri e documenti aziendali e sindacali; interviste ai protagonisti di quella stagione ». Il progetto — spiega Luca Rolandi, ricercatore della Fondazione Donat Cattin — è stato avviato nel 2019 e s’ispira a due ricorrenze di quell’anno: il centenario dei Consigli di fabbrica e quello della costituzione dell’Oil, l’Organizzazione internazionale del Lavoro ».

In terra piemontese, va da sè, fu laboratorio d’eccellenza la Olivetti di Adriano Olivetti. « Nel dopoguerra — interviene Marco Brunazzi, presidente dell’Istituto Salvemini — a promuovere l’idea d’istituzionalizzare i Consigli di Gestione fu il parlamentare socialista Rodolfo Morandi. Ma la sua proposta non diventò un testo legislativo definito. Consigli di Gestione autonomi, spontanei, erano sorti nella maggior parte delle industrie. L’unica esperienza duratura? Il Consiglio di Gestione dell’Olivetti. Si formò anche alla Fiat e in altre fabbriche. Avrebbero dovuto dire la loro addirittura sul piano d’impresa, sulle strategie industriali. Ma ebbero vita breve e travagliata » . Come mai? «Vennero osteggiati dalla Confindustria, che vi vide una sottrazione di un suo potere decisionale — risponde Brunazzi — Ma lo stesso sindacato fu reticente, temeva che per questa via il potere operaio avrebbe subito una forte diminuzione ».

Nel percorso del Polo del 900 si alternano diversi contributi, tutti disponibili al link archivi.polodel900. it/percorsi-tematici: Bruno Lamborghini, ex presidente dell’Associazione Archivio Storico Olivetti; Giovanni Avonto, ex sindacalista Fim Olivetti; Romolo Pietrobelli, ex dirigente dell’Iri; Raffaele Morese, ex segretario generale Fim- Cisl nazionale. Tutti concordano: « La cultura della partecipazione non era parte del modello italiano — precisa lo storico dell’industria Giuseppe Berta — Vennero fatti dei tentativi anche in Fiat. Naufragheranno intorno alla fine degli anni Settanta, a causa del terrorismo. Hanno gettato le basi, ma si sono rivelati un’occasione mancata per non aver prodotto stabili modelli di relazione e partecipazione».

La Fiat ha un suo contesto particolare. Ne parlano gli ex Maurizio Magnabosco, responsabile del personale, e Cesare Annibaldi, alla guida delle relazioni sindacali. Che racconta come nello stabilimento di Melfi sia poi stata realizzata « una forma molto più avanzata di relazioni, una modalità di rapporto con i capi che potesse fornire possibilità di esprimersi, di avere delle integrazioni sul piano della formazione, dell’organizzazione, delle esigenze personali. Una logica partecipativa, ma sul piano individuale » . Nello spazio delle Partecipazioni Statali spiccano due ampie interviste. A Gian Maria Gros Pietro, attuale presidente di Intesa Sanpaolo, ma con un passato da numero uno dell’Iri e dell’Eni. E all’economista Enrico Filippi, consulente del ministro dell’Industria Carlo Donat- Cattin tra il 1974 e il 1978.

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