Vorrei parlarle di un oggetto della cosiddetta biancheria intima femminile e farle sapere del mio rapporto particolare con questo oggetto. Il primo contatto avvenne verso i sette, otto anni. Sul cesto dei panni da stirare troneggiava una specie di corazza a due punte color carne. Mamma, che era molto liberale, mi spiegò che era un reggipetto. Pensai che si doveva difendere dal freddo quella parte sporgente coprendola con questa brutta cosa. Pensai si potesse far di meglio, poi per altri dieci anni non ci pensai più. Poi un giorno di mezza primavera sul balcone della nostra bella casa nel centro di Ascoli, vidi steso al sole un reggiseno bianco di pizzo. Era di forma più sobria:
era di mia sorella, anche lei dotata di un bel seno grande. Alla fine sono cresciuto anch’io e ho avuto qualche esperienza. Ma è sempre rimasto nella mia considerazione un indumento estraneo al genere che per molti forse rappresenta.
Ho stilato una mia classifica. Odio i reggiseni rossi e tutte le loro varianti con fantasia. Di blu non ne ho mai visti, sarò stato poco fortunato? Preferisco quelli molto piccoli, sottili che coprono poco, da utilizzare per scollature importanti. Ormai è diventato di moda mostrare su una spalla scoperta una bretellina di reggiseno, quasi a voler ammiccare: guarda, sai cosa sorregge questa? L’oggetto di un tuo desiderio. Lo sarà per tanti, ma non per me. Lo esamino solo dal punto di vista dell’eleganza che mostra. Tempo fa nella cucina dell’organizzazione benefica che ho frequentato per tanti anni, lavoravo con una bella signora mora, alta, bel viso, aveva la blusa con la spalla scollata e mostrava una spallina non liscia, di color grigio perla. Rimasi stupito. Avevo una certa confidenza con lei che era anche simpatica e le dissi: «Accidenti ora è di moda l’intimo di quel colore? Lo trovo molto bello». In effetti mi aveva colpito favorevolmente. Lei mi rispose: «Sono molto esigente con il mio intimo, sopra potrei mettere qualsiasi cosa, ma l’intimo deve essere sempre eccezionale. Ho aggiunto il grigio al nero e al bianco».
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In effetti solo noi di una certa epoca possiamo ricordarci di quelle orribili armature, usate dalle signore mature e prive di civetteria, in particolar modo credo le mamme-mamme, con nessun’altra funzione femminile. Certo a tutto facevano pensare fuorché al “peccato”. Sino a qualche decina d’anni fa si vedevano ancora nei mercatini all’aperto, appesi in tutta la loro maestosità Grand Guignol, di misure estreme per contenere seni immensi che non credo esistano ancora. Mi piace molto la sua “esegesi” del prezioso oggetto (e mi pare, non del suo contenuto), perché va molto controcorrente: tutte noi signore, quando eravamo ancora ragazze sciocche, e lo siamo state tutte, avevamo sempre da parte un reggiseno di pizzo rosso, che alla bisogna aveva un suo certo potere nei momenti di eccessiva tranquillità. Tanto che noi ragazze furbe (le stesse), pensavamo che in fondo gli uomini li potevamo gestire a nostro piacimento. Il che non è sempre vero. Quanto al suo apprezzamento per il grigio, devo dire che quella sua mora era, è, davvero raffinata: sui suoi successi in quel campo però, ho i miei dubbi.
Sul Venerdì del 31 dicembre 2020
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