MOSCA – C'è un aneddoto che Joe Biden ama raccontare sulla sua prima visita, da senatore, nell'allora Unione Sovietica nel 1979. La volta in cui sedette per qualche minuto di fronte al segretario del Pcus Leonid Brezhnev prima dei colloqui con il premier Aleksej Kosygin. "Brezhnev era più malato di quanto pensassimo, allora. Si scusò dopo le presentazioni, abbandonò l'incontro in anticipo e ci lasciò a Kosygin, il premier Kosygin", scrisse nel 2007 nella sua biografia Papà, fammi una promessa. E lo ripeté quattro anni dopo parlando agli studenti russi presso l'Università Statale di Mosca quando tornò da vicepresidente degli Stati Uniti. Peccato che sembri se lo sia inventato. Almeno stando a una ricostruzione di Andrej Kozovoj, storico dell'Università di Lille e autore di una prossima biografia di Brezhnev. Il leader sovietico, sostiene Kozovoj citato dal quotidiano britannico Guardian, non incontrò mai i senatori statunitensi in visita a Mosca. Non lo menziona nei suoi diari, né lo fa il suo segretario, né lo ricordano gli altri delegati statunitensi presenti come gli ex senatori Bill Bradley e Carl Levin.
Al netto delle memorie romanzate, quel che è certo – assicura Bradley – è che il futuro presidente degli Stati Uniti "conosce l'Unione sovietica, conosce la Russia, ha avuto a che fare con Putin e capisce che cos'è possibile e che cosa no". Una conoscenza fondata su decenni di visite e incontri a Mosca nell'Urss e nella Russia moderna.
Nel 1979 Biden aveva 37 anni ed era diventato senatore sette anni prima. Non era che "una piccolo cosetta – ricorda Kozovoj – nella 'macchina di distensione' di presidente Jimmy Carter" che doveva aiutare a promuovere l'accordo strategico per la riduzione degli armamenti tra Stati Uniti e Unione Sovietica che divenne poi noto come "Salt-II". Il quotidiano Pravda dedicò al giovane senatore un trafiletto in un articolo sulla visita della delegazione al cimitero commemorativo Piskarjovskoe di Leningrado, oggi San Pietroburgo: "'L'umanità è grata alla popolazione di Leningrado per il suo eroismo. La pace da loro conquistata dovrebbe essere l'obiettivo delle nostre vite', disse il senatore Biden, parlando della difesa della città durante l'assedio nazista. I senatori hanno poi visitato l'Ermitage e Peterhof".
Eppure, già allora, Biden "era un difensore del controllo degli armamenti in generale e del Trattato Salt II in particolare. Lo scopo del viaggio era, in larga misura, convincere i senatori esitanti a sostenere il trattato, che era stato firmato a giugno (a Vienna da Carter e Brezhnev, ndr), ma attendeva la ratifica del Senato americano", come ha raccontato il professor Peter Kuznick, esperto di storia americana del ventesimo secolo. "È interessante vedere il ruolo giocato da Joe Biden, che allora era più giovane e apparentemente più progressista di oggi. Biden aveva una forte fiducia nei trattati internazionali. Voleva vedere tagli profondi agli arsenali nucleari e alle armi convenzionali. Cercava di disinnescare le tensioni della Guerra Fredda". Lo dimostra anche la dichiarazione che rilasciò allora in un'intervista tv diventate virale nella Federazione russa subito dopo la sua elezione. "Penso che le prospettive per le relazioni sovietico-americane siano buone", diceva allora.
Biden tornò nell'Urss cinque anni dopo, insieme all'allora senatore William Cohen, per farsi portavoce della volontà di Ronald Reagan di promuovere un "nuovo approccio sul controllo degli armamenti". Fu allora che, durante i colloqui, sembra ripeté un detto del Delaware già menzionato nei suoi precedenti colloqui con Kosygin nel 1979: You can't shit a shitter, "Non puoi stronzeggiare uno stronzo". Che in russo fu tradotto più elegantemente in: "Non puoi fregare un compagno".
Nel 1988 visitò come Mosca come membro della commissione per le Relazioni estere del Senato degli Stati Uniti. Il trattato Inf sulle armi nucleari a raggio intermedio era stato già siglato. Andava ratificato. Ai colloqui con Andrej Gromyko, presidente del Praesidium del Soviet Supremo, si presentò accompagnato dal figlio Hunter Biden, allora teenager. E a testimoniarlo c'è anche una foto. "Vi dispiace se mio figlio siede qui e ascolta? È interessato agli affari internazionali e alla diplomazia?", chiese, stando a Viktor Prokofiev, l'interprete del ministro degli Esteri sovietico. "Estremamente insolito. E particolarmente sorprendente per un sovietico come me".
La visita successive di Biden a Mosca non arrivò che 23 anni dopo, da vicepresidente di Barack Obama, quando l'Urss era crollata e Putin, all'epoca primo ministro russo, governava già da un decennio. Stando a Fjodor Lukjanov, esperto di relazioni internazionali e direttore della rivista Rossija v globalnoj politike, Biden avrebbe offerto a Putin la carica di segretario generale della Nato in cambio dell'intervento militare russo in Libia. Una teoria inverosimile che non è mai stata confermata.
Nella sua biografia, Biden ricorda piuttosto così il suo colloquio privato con Vladimir Putin. "Signor primo ministro, la guardo negli occhi. Non penso che abbia un'anima", ricorda Biden, alludendo a una famosa citazione di George W. Bush che al contrario, dopo il suo primo incontro con Vladimir Vladimirovich disse: "L'ho guardato negli occhi, l'ho trovato degno di fiducia e diretto, abbiamo avuto un ottimo dialogo. Sono riuscito a cogliere la sua anima". Pare, prosegue Biden nelle sue memorie, che Putin non suonò per niente offeso e rispose con un sorriso: "Ci capiamo".
Di quell'incontro Michael A. McFaul, allora ambasciatore a Mosca, ricorda invece un "duro scambio di differenze" sull'approccio di Mosca verso le ex Repubbliche sovietiche, e in particolare Georgia e Ucraina. "Dopo quell'incontro nell'ufficio del primo ministro andammo a incontrare l'opposizione russa", prosegue McFaul. "Non ebbe alcun scrupolo. E fece scalpore quando disse: 'Ho detto a Putin che non dovrebbe correre per un terzo mandato'". Secondo molti analisti, Biden superò una linea russa che Putin non ha ancora dimenticato e che peserà sulle relazioni con il futuro presidente statunitense.
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