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Tra grandi maison e piccoli produttori, ecco gli Champagne per i vostri brindisi

Che la Francia sia la regina incontrastata nel campo delle rivoluzioni è cosa ormai assodata, ma chi poteva immaginare che un errore, anzi una distrazione, potesse rivoluzionare le sorti di una nazione. Certo non il benedettino Pierre Pérignon, attore principale e involontario – almeno per le leggende metropolitane – di questo errore: lo Champagne. Il vino, prodotto nella regione della Champagne, fin dal primo Medioevo, destinato principalmente alla messa – i maggiori produttori erano proprio frati benedettini -. E se pure i regnanti francesi apprezzavano molto questi vini, fini e leggeri, si trattava comunque di vini semplici e sopratutto fermi e rossi. Poi il vento infernale di guerre e saccheggi che soffio su gran parte del 1600, devastò la regione, causando la distruzione e l'abbandono delle abbazie e dei conventi e il conseguente decadimento delle vigne.

Ma come recita il vecchio e speranzoso adagio, “dopo la tempesta arriva sempre il sereno”. Intorno al 1670 in Champagne, presso l’abbazia di Hautvillers, vicino a Epernay, arriva un giovane monaco benedettino per ricoprire l'incarico di tesoriere. Era Pierre Pérignon. Giovane, intraprendente e perfezionista che da subito si impegnò a riportare in produzione quelle vigne devastate dall’incuria, applicandosi nella selezione delle uve migliori – Pinot Nero prima di tutto -, dei terreni più vocati. E ancora definendo nuove tecniche nell’assemblaggio di uve dello stesso tipo ma provenienti da zone diverse, così come, testardo ma consapevole del risultato, iniziò a lavorare sulle spremiture “dolci” per ottenere un mosto chiaro anche da uve a bacca nera. Tutte tecniche, caratteristiche, ancora oggi, nella produzione champagnista.

Si, ma alle bolle dello Champagne come si è arrivati, vi chiederete. Tante le versioni più accreditate della storia, alcune affermano che sia nato casualmente per errore durante il processo di vinificazione di alcuni vini bianchi, e che tale errore avrebbe causato lo scoppio di alcune bottiglie poste ad affinare in cantina e quindi portato alla scoperta, da parte di Pérignon, della "presa di spuma". Altre versioni invece, documentano che il benedettino, per rendere più gradevole il vino prodotto, vi aggiungesse in primavera dei fiori di pesco e dello zucchero, tappando successivamente la bottiglia con tappi di legno di forma tronco-conica. Un'ulteriore versione afferma che i viticoltori che usavano vinificare le uve di Pinot si fossero resi conto che il vino ottenuto invecchiava male nelle botti, per cui decisero di imbottigliarlo subito dopo la fermentazione. Il vetro sì, conservava perfettamente gli aromi, ma aveva il “difetto” di diventare naturalmente spumante, comportando l'altrettanto naturale scoppio delle bottiglie.

Quale che sia la verità – sarebbe necessaria una macchina del tempo per scoprirla – fatto sta che i grandi meriti di Pierre Pérignon nell'evoluzione della tecnica di produzione dello Champagne furono quelli di definire il vitigno più adatto – il pinot noir appunto, di applicare metodicamente la tecnica dell'"assemblaggio" e di sostituire i tappi di legno, usati fino ad allora, con tappi di sughero, ancorati al collo della bottiglia per mezzo di una gabbietta metallica. E questo è assodato. Come certo è che, tutti gli altri proprietari di vigne della zona, cominciarono a produrre il vino seguendo le indicazioni dell'abate, ma contribuendo al miglioramento delle tecniche di produzione dello Champagne, come per esempio, Barbe Nicole Ponsardin, vedova Clicquot – la famosa Veuve Clicquot – che, insieme ai suoi collaboratori, ideò le pupitres – strutture a "V" rovesciata costituite da due tavole di legno dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie – e mise a punto il remuage sur pupitres, una tecnica che consentiva di effettuare la separazione dei lieviti dal vino.

Oggi, lo Champagne è lusso, esclusività, feste scintillanti e, talvolta, prezzi esorbitanti. L’immaginario collettivo ha metabolizzato con questi termini e queste immagini, ormai da un pezzo, la parola Champagne. Eppure in quella regione che fa capo a Reims e gira attorno alla fantastica e poetica figura vino-mitologia di Epernay, esiste molto di più del mito del vino, e soprattutto viene portato avanti un lavoro che negli anni si è fatto forte di nuove tecnologie e approcci sostenibili, portando la Champagne e lo Champagne in una nuova era. Quella della sfida ai cambiamenti climatici – la previsione è – 70% entro il 2050 secondo quanto dichiarato dal Comité du Champagne anche durante i recenti lavori dell'Académie du Champagne Italia 2020 – che ha portato dieci anni fa all’arrivo della “bottiglia leggera” (che non ha intaccato in alcun modo le proprietà dei vini, ma ha permesso di ridurre i rifiuti per un totale di 8000 quintali di CO2 all’anno), alla stesura di una certificazione ambientale e successivo disciplinare più rigidi e a due programmi di innovazione varietale, con l’obiettivo dichiarato di guardare al futuro e utilizzare la tecnologia per permettere alla viticoltura di essere sempre più naturale, ma anche sempre più moderna.

Scegliere lo Champagne giusto da mettere a tavola è impresa certamente non facile, areali, sottodenominazioni, cru, grand cru, confondono anche i più esperti appassionati. Per aiutarvi, abbiamo selezionato per voi un parterre de roi di bottiglie, facili da reperire e soprattutto espressione dei vari terroir della Champagne.

La selezione

Domaine Henri Goutorbe- Champagne Brut Cuvée Blanc de Noirs Grand Cru 2013

Champagne Brut Cuvée Grand Cru 2013 è un Blanc de Noirs realizzato con il 100% di uve Pinot Noir provenienti dal villaggio Grand Cru di Ay, nel cuore della Vallée de la Marne. Un inno al Pinot di queste terre, cremoso e avvolgente al sorso fin dal primo momento, conturbante ed elegante come un ballo degli anni ‘20. Dopo un affinamento sui lieviti in bottiglia di più di 36 mesi, una volta versato, sulle note del perlage fine e delicato al naso arriva un ventaglio di profumi classico, leggermente speziato, ma generoso di frutti rossi, con delle punte più scure. Fresco e minerale come voluto dalle terre della Vallée, è trasversale a tavola così come nel tempo. Che lo vogliate conservare per un’occasione speciale o stapparlo proprio sulla tavola del prossimo Natale per un momento di gioia, è quello che fa per voi. Il Grande Gatsby.

G.H. Mumm – Brut Grand Cordon

Lo Champagne Cordon Rouge è frutto dell'assemblaggio di uve Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier provenienti da oltre 77 crus, scelti accuratamente per le peculiarità del loro terreno. Vivace al calice già appena versato, sembra un can can con il suo perlage scoppiettante e fine al tempo stesso. Al naso si avvertono intensi profumi di frutta fresca matura, pesca bianca e l'albicocca su tutte, con delle incursioni di tropici che lasciano pensare all’ananas, ma anche al litchi. Una traversata nel mondo della frutta per chiudere sulle avvolgenti e riconoscibili, confortanti, note di vaniglia e pane tostato. Ricco, ricchissimo, è comunque straordinariamente fresco e lungo al palato, con una chiusura elegante di caramello. Sposo perfetto delle portate di pesce, è la scelta giusta per la cena della vigilia, da bere anche e soprattutto a tutto pasto. Moulin Rouge.

Comte de Montaigne – Blanc de Blancs Grand Reserve Brut

Dalla vinificazione in purezza dello Chardonnay al 100%, la Maison produce questo sensazionale Blanc de Blancs Grand Reserve, tradizionale, elegante e solido come un valzer. che esprime tutta la tradizione dello Champagne. Doppia fermentazione del mosto a temperatura controllata, la seconda fermentazione in bottiglia e l’invecchiamento sui lieviti che è più del triplo di quello consentito dal disciplinare di 15 mesi, regalano un vino complesso che invecchia dai 3 ai 4 anni e che regala un perlage fine come pochi altri. Dorato come un gioiello e attraversato da bolle fini ed eleganti, al naso è come un ventaglio di piume bianche, freschissime: agrumi, fiori bianchi – gelsomino in primis – frutta esotica. E poi ancora burro, per un vino rotondo e morbido, che non perde mai il suo equilibrio e la sua freschezza. Non lascerà il vostro palato facilmente: lungo e persistente, soprattutto se servito alla sua temperatura ideale (circa 10°). Il valzer dell’Imperatore.

Deutz – Amour de Deutz Blanc de Blancs 2009

L'Amour de Deutz è un grande Champagne Blanc de Blancs millesimato, frutto delle migliori uve di Chardonnay della maison e di un lungo affinamento di 9 anni sui lieviti, atti a regalare tutta l’anima del lavoro fatto da sempre in quest’angolo della Côte des Blanc, con uve provenienti dalle zone più prestigiose della tenuta: Grand Cru di Avize, Mesnil-sur-Oger e Villers-Marmery. Elegante e sobrio, d’altri tempi, è un Quick Step, per fare un parallelismo con il ballo: d’altri tempi e decisamente di alta gamma, con lo sguardo che punta all’olimpo degli Champagne. Le uve sono pressate il modo molto soffice, ogni parcella viene vinificata separatamente, in modo d’avere la massima possibilità di scelta al momento della creazione dell’assemblaggio finale. La prima fermentazione viene condotta in vasche d’acciaio inox, ed è solo l’inizio di un lavoro certosino che porterà all'assemblaggio finale. Adatto ai palati più allenati, questo Blanc de Blancs si dona ai nostri occhi con un giallo paglierino intenso, dorato nei suoi riflessi più intimi, dal perlage fine e tenace. Il naso come in tanti piccoli passi di danza è scandito da agrumi, pesca bianca, nocciola, frutta secca e note di pasticceria, in un’antologia classica, precisa e puntuale del meglio che queste uve possono donare. Al palato non può lasciare indifferenti, si presenta con un gran carattere: corposo ma anche teso e dritto al punto, come una stilettata di puro piacere, ingentilito da agrumi e note di fiori. La Giovane Regina Vittoria – L’amore di una grande Regina (con Romy Schneider – 1954).

Bollinger – Blanc de Noirs Brut AOC “PN VZ15” 2015

Pinot nero in purezza da Verzenay, Aÿ, Bouzy e Tauxières per questo Champagne prodotto con il succo della prima spremitura dei grappoli. La presa di spuma è seguita da un lungo affinamento sui lieviti prima della sboccatura che regalano una grande intensità al naso e in bocca, regalando al tempo stesso un grande carattere e una grande eleganza insieme, in un gioco di equilibri e coesistenze incredibile. Al naso emergono subito aromi che ne siglano l’unicità: nocciolo di ciliegio e confettura di frutta su tutti, seguiti dall’insistenza corposa, conturbante e vivace dei fichi secchi prima e delle tostature poi. Ricchi, complessi, si alternano con pera, biancospino, gelsomino in un tripudio di vita, come in un coro, come in una voce da usignolo. Fresco al palato, non smette di evolvere anche dopo il primo sorso, riuscendo a non stancare mai. My Fair Lady.

Krug – Brut 2006

Una vera “ode alla natura” – come poi lo definiva il suo creatore – questo Champagne generoso, estroverso, coinvolgente come un rock degli anni ‘50, ormai un classico, ma con un’energia senza pari. Ricco, preciso, complesso e appagante, è uno Champagne perfetto per chi non ama compromessi e in compenso adora i caratteri forti. Oro delicato, brillante, con perlage fine e persistente, già allo sguardo si presenta guardando dritto negli occhi, poi al naso dichiara ben forte la sua identità, muovendosi all’interno della tipicità della sua natura e ampliandosi fino agli estremi con i fiori d’arancio che danzano con la liquirizia, i sentori di forno che diventano precisi fino a raccontarci di biscotti fatti in casa, di cioccolato fondente. Al sorso strizza l’occhiolino, ammaliante come pochi: agrumi pieni di vita come dalla piana d’oro della Sicilia, il cacao che ritorna, i canditi che fanno capolino, alternandosi con tostature profonde e complesse. Da innamorarsi per la vita. Happy Days.

Christophe Dechannes – Perle Noir Pinot Noir 2015

L’etichetta parla già da sola, dipinta che sembra un acquerello, delicatissima, elegante, come un film in bianco e nero o una canzone di Edith Piaf. E questo Blanc de Noir è esattamente così: struggente, delicato, romantico. Trentasei mesi sur lattes e 3 mesi di riposo dopo il dégorgement regalano una freschezza e una finezza incredibile, che arriva dritta al palato e poi al cuore, già al primo sorso. Figlio di una produzione sartoriale, sole 30 mila bottiglie l’anno per questa cantina che è una chicca, al sorso regala sensazioni e anima di un grande classico: frutta rossa e frutta nera si incontrano per uno scontro tra titani che non ha vincitori, se non il nostro palato, perché si traducono in un sorso pieno, avvolgente e cremoso che non dimentica mai la propria freschezza. Il perlage è fine e piuttosto persistente, il finale lungo e tenace. Struggente doverlo lasciare andare, sembra non abbandonarti mai del tutto, con le ultime note tostate che rimangono sul palato anche molto dopo che abbiamo messo via il bicchiere. La vie en rose (il film).

Champagne Barnaut – Sélection Grand Cru Pureté du Terroir Nature

Nel 1873, Edmond Barnaut sposa Apolline Godmé-Barancourt, discendente di un'antichissima famiglia di viticoltori di Bouzy. Agente di commercio e produttore di vino, l'anno successivo creò il suo marchio e diede il via a una lunga storia di poesia e riscatto sociale, come nei grandi romanzi francesi. Una storia che di libro in libro porta qui, a questo vino prodotto con metodi sostenibili e quasi totalmente naturali, che ha una lunga strada davanti a sé e promette un invecchiamento anche di oltre 5 anni. Il giallo paglierino della vista racchiude un perlage fine, che sembra sfidare chi lo guarda, chi lo assaggia. Al palato c’è tutta la Champagne che ti aspetti, fin dalla terra, che si traduce in freschezza, mineralità, persistenza che diventa quasi insistenza – ma sempre equilibrato -, la frutta bianca più delicata che si possa immaginare – dalla pesca dalle carni più morbide alle albicocche appena maturate – e un tocco di gelsomino lì, giusto sul finale, come una firma inconfondibile. Il conte di Montecristo.

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