BANGKOK – Karima Baloch era una celebre attivista per l’indipendenza del Baluchistan dal Pakistan, esule da 5 anni e voce critica seguitissima su molti social media per le accuse di torture, sparizioni e stupri commessi dall’esercito e dai servizi segreti di Islamabad nella sua terra ai confini con l’Iran.
Fin da quando è scomparsa domenica 20 dicembre dalla sua casa in Canada, il marito e il fratello hanno denunciato alla polizia le minacce ricevute nei giorni precedenti, temendo che anche lei avesse subito la sorte di altri separatisti baluchi, come il giornalista Sajid Hussain, scomparso a maggio in Svezia e ritrovato morto dentro un fiume di Uppsala.
Il corpo di Karima è stato scoperto due giorni dopo al porto della città di Toronto, riversa senza vita con giacca e abiti invernali addosso sulle rive di un’isola del lago Ontario, anche lei affogata come Sajid. La polizia canadese, a conoscenza del suo delicato passato politico, dice di non aver trovato prove di un delitto, e concluso che allo stato dei fatti la sua morte non si può considerare di natura “criminale".
E’ la stessa conclusione raggiunta dagli investigatori svedesi dopo la morte di Sajid, ma in entrambi i casi diversi gruppi dei diritti umani e di attivisti del Baluchistan parlano apertamente di omicidi politici portati a termine dagli agenti dell’intelligence pachistana spediti a dargli la caccia. L’International Human Rights Council e lo stesso marito della donna hanno rivolto un appello al governo canadese e al premier Trudeau ricordando che proprio Karima aveva segnalato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il caso della scomparsa di altri 20 mila attivisti come lei.
Tra tutti, la 37enne Karima era la più nota e quando fuggì in Canada la Bbc la inserì tra le 100 donne più “influenti e che hanno più ispirato” del 2016 per le sue "campagne per l'indipendenza del Baluchistan dal Pakistan", definendola anche una pioniera dell'attivismo femminile” nella sua terra. Dopo la sparizione di molti suoi compagni, l’uccisione di due parenti stretti e diversi arresti, divenne membro e poi leader della Baloch Students Organization (Bso-Azad) nel 2015. Invitata in quegli anni a parlare di diritti umani alle Nazioni Unite in Svizzera, la voce critica di Karima si era fatta ancora più sentire dopo l’asilo concessole con qualche riluttanza dal Canada.
L’attivista era perfino giunta ad accusare le autorità del Paese che l’ha ospitata di coprire la presenza sul suo suolo di noti membri dell’esercito e dei “servizi” pachistani. Gli stessi che eventualmente l’avrebbero rintracciata ed eliminata. Ma Karima era diventata popolare anche sugli affollati e influenti social media indiani quando inviò un dono di “amicizia” e un messaggio al premier Narendra Modi chiedendogli di sostenere la propria causa contro il comune nemico Pakistan. Proprio quel gesto ha alimentato un giallo e dubbie controcampagne sui social filo-pachistani come #RAWKilledKarima, agenti segreti indiani hanno ucciso Karima. I social hanno accusato l’attivista di essere stata al servizio dell’intelligence di Delhi che l’avrebbe eliminata per impedire di risalire ai loro legami segreti. Qualunque sia la verità, difficile prevedere se gli autori del delitto saranno mai trovati.
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