Due anticorpi per neutralizzare il Covid: entrano in fase 3 due studi inglesi per proteggere chi non si può vaccinare. Tra 6 mesi potrebbero essere sul mercato. C’è grande attesa per il vaccino anti Covid, ma per molte persone non potrà essere la soluzione: per gli immunodepressi, ad esempio, o per chi è stato in contatto di recente con persone positive al Covid. Per queste categorie di persone, però, oggi c’è una nuova speranza: è iniziata infatti l’ultima fase (fase 3) della sperimentazione di un farmaco con anticorpi neutralizzanti, da iniettare nel paziente per avere effetto immediato, che potrebbe ricevere approvazione tra 6 mesi. Il nome in codice è AZD7442, e lo ha sviluppato AstraZeneca.
Abbiamo intervistato Vincenzo Libri, direttore della NIHR (National Institute for Health Research) UCLH Clinical Research Facility, che con il suo centro vaccini allo University College di Londra è in prima linea contro la pandemia, in quanto ha preso parte alla sperimentazione del vaccino Oxford e oggi conduce la ricerca sul farmaco ad anticorpi neutralizzanti.
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Professor Libri, la sperimentazione del farmaco ad anticorpi neutralizzanti prevede due studi paralleli. Ce li descrive?
"Il primo studio, chiamato “Storm Chaser” vede come principal investigator la dottoressa Catherine Houlihan e prevede la somministrazione degli anticorpi a volontari che sono stati a contatto con persone positive al Covid negli 8-10 giorni precedenti, e che quindi non sarebbero aiutati da un vaccino, dato che il vaccino ha bisogno di tempo per produrre immunità. Il secondo studio, “Provent”, coinvolge individui che non avrebbero benefici dalla vaccinazione perché immunodepressi o immunocompromessi e ha come principal investigator la dottoressa Nicky Longley".
Partiamo dal primo studio: “Storm Chaser”, che riguarda chi è stato in contatto recente con un positivo al Covid.
"Il ruolo di ogni vaccino anti Covid è stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi che combattano il virus. Ma serve tempo. Ad esempio per i vaccini anti Covid oggi sono necessarie due dosi che vengono somministrate a distanza di 21 giorni tra la prima dose e il richiamo. Il che significa che il vaccino fa sviluppare anticorpi dentro un periodo di 1-2 mesi. Chi riceve la prima dose non è protetto immediatamente: dovrà aspettare ancora un paio di settimane dopo la seconda dose per avere gli anticorpi nel sangue. Quindi se una persona è stata a contatto con positivi due giorni fa e oggi riceve il vaccino, è verosimile che possa sviluppare la malattia perché il vaccino non ha avuto tempo di agire".
E perché i vostri anticorpi possono essere la soluzione per queste persone?
"Perché l’anticorpo “neutralizzante” che usiamo nello studio “Storm Chaser”, è un anticorpo già programmato. Il farmaco non è un immunostimolante, ma è un anticorpo già bello e pronto che viene dato per riconoscere immediatamente il virus e per combatterlo. Questo nuovo trattamento serve a dare al paziente degli anticorpi pronti che sostituiscono quelli che l’organismo dovrebbe produrre di suo, senza però riuscirci".
Questi anticorpi già pronti, una volta inseriti nell’organismo, per quanto tempo proteggono?
"Lo studio ci serve a rispondere a questa domanda. Questi due anticorpi – entrambi in grado di riconoscere la proteina “spike” del Sars-Cov-2 – sono stati isolati nel Vanderbilt Vaccine Center di Nashville da due pazienti cinesi provenienti da Wuhan. Gli anticorpi naturali dei due pazienti sono stati riprodotti sinteticamente in laboratorio da AstraZeneca, che li ha registrati come AZD8895 e AZD1061. Per poi combinarli come “cocktail” in un unico farmaco, chiamato AZD7442. Quello che possiamo dire sulla base dell’esperienza con altri anticorpi neutralizzanti è che l’immunità prodotta nel paziente dovrebbe durare almeno 6 mesi, e auspicabilmente 12. Il farmaco viene somministrato in una singola dose, e dopo 12 mesi ci dovrebbe essere la possibilità di ripetere".
E nello studio “Provent” utilizzate lo stesso farmaco?
"Il farmaco è identico, ma cambia la popolazione studiata: lì a ricevere il farmaco sono pazienti che seguono terapie immunosoppressive, pazienti con leucemie, con malattie oncologiche, pazienti con HIV o altre patologie che intaccano il sistema immunitario. Quand’anche ricevessero un vaccino, costoro non avrebbero la possibilità di sviluppare buoni anticorpi. Perché purtroppo il vaccino non protegge quegli individui che, paradossalmente, sono quelli più vulnerabili e quelli che più di tutti hanno bisogno di un vaccino. Gli anticorpi neutralizzanti possono risultare un’alternativa salvifica per queste persone che sarebbero tagliate fuori dalla vaccinazione".
La vostra è la prima terapia anti-Covid con anticorpi monoclonali?
"Non esistono al momento anticorpi neutralizzanti per il Covid approvati sul mercato. Anche se degli articoli scientifici recenti ipotizzavano che gli anticorpi sviluppati per la Sars potessero funzionare anche contro il Sars-Cov-2".
La variante inglese del Sars-Cov-2 vi preoccupa per l’efficacia del vaccino Oxford e degli anticorpi neutralizzanti?
"Preoccupa tutti. Però quello che al momento nessuno di noi ha motivo di ritenere è che i vaccini non siano efficaci anche per le varianti. La variante modifica parzialmente il virus facendolo forse diventare più aggressivo dal punto di vista della contagiosità. Ma in realtà è ancora una cosa da dimostrare. Non sappiamo per certo è se è davvero la cosiddetta “variante inglese” ad essere più contagiosa, o se c’è anche un ruolo della popolazione, e in particolare dei comportamenti più rilassati delle persone. Dopotutto sono passati nove mesi di clausure, riaperture e lockdown: è difficile gestire nel tempo questo tipo di regime. Non sappiamo con certezza quanto le regole siano applicate nella quotidianità, e se ci sono maggiori contatti, ci saranno maggiori infezioni. E conta anche il numero dei tamponi: oggi nel Regno Unito parliamo di 30.000 casi al giorno, ma ci sono 150.000 tamponi fatti. A marzo avevamo 5-6000 casi, ma si facevano pochissimi tamponi. Al momento comunque la variante inglese non sembra più pericolosa per le ospedalizzazioni e per il numero di morti. E le domande che contano davvero sono tre: la variante al momento dà un’infezione più severa? Sembra di no. Produce più ospedalizzazioni e morti? Al momento sembra di no. C’è un rischio che i vaccini non funzionano? Al momento sembra di no, nel senso che la variante isolata in laboratorio risponde comunque al vaccino. Ovviamente solo il tempo dirà se le cose stanno proprio così. Oggi, però, non ci sono ragioni per essere pessimisti".
Quando sarà approvato il vaccino Oxford?
"A brevissimo avremo il verdetto. Di qui a pochi giorni".
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