Venticinque novembre. Venticinque dicembre. Un mese fa si spegneva in Argentina Diego Armando Maradona, Lontano dai suoi affetti, col cuore in pezzi che nessuno incredibilmente, gli curava per la grave miocardiopatia dilatativa. Una fine assurda e amarissima per il più grande calciatore del mondo e uno dei simboli di Napoli, città che ha portato a vincere scudetti e Coppa Uefa, impresa mai riuscita a nessun altro. La sua fine ha sollovato uno tsunami di emozioni che ancora non si spengono. Napoli lo piange da allora. E si moltiplicano le iniziative per ricordarlo.
In molti, nel trigesimo dalla sua morte, ricordano su tutte le piattaforme social i pensieri dell'ultimo Pibe, la sua preoccupazione costante per la pandemia ma anche il pensiero sempre rivolto ai più deboli, una costante nella vita del campione. Diego si augurava come tutti che il Covid fosse vinto e ricordava le sofferenze degli ultimi, di chi ha meno mezzi e possibilità di difendersi.
Parole di dolore e solidarietà, che definiscono la personalità di un genio del calcio che nella vita ha fatto male soltanto a se stesso ma che troppo spesso è stato denigrato e colpito alle spalle. Anche da chi amava.
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