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Dal lago sbuca il paese che non c’è più

Malgrado la pioggia degli ultimi giorni, si intravedono ancora alcuni ruderi del borgo che fu e che ogni volta richiamano turisti da ogni dove: la chiesetta, una cisterna, le mura di quelle che un tempo erano abitazioni pulsanti di vita. Uno spettacolo suggestivo, quello che si ripete all'incirca ogni 15 anni, ovvero quando la diga del lago di Osiglia, nell'entroterra di Savona, viene svuotata per i consueti lavori di manutenzione riportando alla luce l'antico paese. L'invaso vuoto ha infatti fatto riaffiorare i resti delle case e della chiesetta dei tre nuclei abitativi sacrificati – famiglie Giacchini, Bertolotti e Cavallotti, circa 300 persone – per poterla costruire, a metà anni '30. A documentare il suggestivo evento è stata la fotografa e videomaker Chiara Salvadori dell'associazione Wild Bormida-Outdoor Adventures (formata altresì dalla guida turistica/archeologica Mitch e dalla guida di media montagna Sofia), che si occupa di promuovere la Val Bormida attraverso attività didattiche, visite guidate, trekking e reportage. Turisti e avventori vari hanno così potuto contemplare le rovine del paesello, visibili sino a che l'acqua piovana e la neve non lo sommergeranno nuovamente e il bacino tornerà alla sua normale portata, in primavera, ospitando le consuete manifestazioni sportive di pesca e canoa, a livello regionale e persino nazionale: anche per questo il lago di Osiglia è divenuto uno dei riferimenti di punta del turismo ligure, pure grazie al contesto naturalistico e ambientale che lo circonda fatto di boschi di castagno, faggio, rovere e conifere. Chissà se in quel lontano 1936, quando iniziarono le ispezioni e i rilievi per individuare una possibile area per costruire la diga, avrebbero mai pensato a una simile evoluzione.

Soprattutto, che quei ruderi potessero divenire attrattiva turistica, un po' come accade nel più noto lago di Resia, a Curon, in Val Venosta: narra infatti la storia che questa doveva sorgere a Murialdo, ma la roccia risultò cedevole e il progetto venne inizialmente accantonato, per poi individuare nei pressi del laghetto delle Franze e dell'Osiglietta (un torrente che passa e bagna Osiglia e confluisce nella Bormida di Millesimo) la zona migliore. I lavori, affidati alla ditta milanese Torno per conto della Falck Acciaierie per regolare il flusso d'acqua ai loro impianti siti in Valbormida e fornire un costante flusso d'acqua durante la magra estiva – attualmente la diga è in concessione alla Tirreno Power, che però non sfrutta l'indotto – iniziarono nel 1937 (malgrado la terribile inondazione che in quell'anno distrusse la prima base, con danni alle attrezzature e alcuni morti) e vennero ultimati nel 1939 impiegando maestranze dalla Lombardia, Veneto e Trentinoe dando molto lavoro anche ai valbormidesi dei paesi circostanti come Millesimo, Calizzano e Murialdo: si era in pieno fascismo, gli operai facevano turni di 10 ore per una paga di 2 lire all'ora e si muovevano a piedi ogni giorno per lavorare. Qualcuno si fermava a dormire organizzandosi con mezzi di fortuna e bivacchi improvvisati presso le stalle, i fienili e i sottoscala degli abitanti del posto.

Per costruire questa imponente opera alta 75 metri, vennero utilizzati 80mila mq di calcestruzzo frammisti a pietra calcarea proveniente dalle cave circostanti e gettate di 600 mq al giorno per far riposare il cemento fresco, mentre le impalcature del legno per le parti più spesse e alte vennero prodotte con abeti rossi provenienti dal Trentino. Come detto, tre borghi vennero sacrificati e circa 300 persone abbandonarono le proprie case. Qualcuno cercò fortuna altrove, altri si spostarono poco distante, ma il dramma fu grande e molti rimasero nelle proprie abitazioni sino a poco prima del riempimento della diga. In questo agglomerato vi era un albergo chiamato Svizzero, l'abitazione del marchese Garassino con annessa chiesa di San Michele ove venivano depositate le pregiate castagne del territorio in attesa di essere vendute e che dall'1 all'8 novembre apriva alla popolazione per il suffragio dei defunti; la segheria della famiglia Molinari e, vicina, una scuola. Uno spettacolo naturale sommerso dalla diga artificiale che quando riaffiora, è come un piccolo incanto fiabesco.

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