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Tamponi e bus, c’è l’intesa per riaprire la scuola il 7. “In classe almeno al 50%”

ROMA – Si parte il 7 gennaio 2021, alle otto di mattina. Un quarto d'ora prima, in pochi casi. Questa volta l'indicazione è credibile. Le scuole superiori, e le seconde e terze medie rimaste impigliate qui e là in provvedimenti restrittivi o urgenze dell'ultima ora, tornano in classe, per restarci. Ieri pomeriggio un insieme largo di istituzioni – il governo con i suoi ministeri conflittuali, le Regioni con i propri bisogni variabili, le Province guidate in emergenza dai prefetti, le Province autonome e gli stessi Comuni – hanno firmato le linee guida "che consentiranno la prosecuzione in sicurezza dell'anno didattico" e prevedono che "l'eventuale limitazione delle attività in presenza sia prevista come misura residuale disposta unicamente sulla base di evidenze scientifiche".

Si sono abbassate le pretese: si tornerà in quasi tutte le regioni al 50 per cento. Ogni preside potrà chiedere ai docenti una settimana di lezioni in presenza e una settimana da casa. Si torna, ecco, alla bozza del Decreto del 4 dicembre, prima che intervenisse il "ritocco" al 75 per cento della ministra Lucia Azzolina, che aveva convinto pochi. Dice ora il premier Giuseppe Conte: "Dobbiamo ripartire, lo faremo con il massimo della flessibilità e un sistema integrato. I ministri stanno lavorando perché ci sia un'apertura differenziata scuola per scuola, paese per paese, comunità per comunità. Distribuiremo gli orari di entrata e di uscita a seconda delle specificità dei territori. Ad agosto con i ministri abbiamo fatto almeno sei, sette plenarie sulla scuola per cercare di far dialogare il comparto trasporti". Non dialogarono in tanti, allora.

Ultima carta per la scuola. Azzolina chiama i prefetti: “Gestiranno i trasporti”

di

Ilaria Venturi

,

Corrado Zunino


Sarà il ministero della Salute a dire quando si potrà passare al 75%. Il ministro Roberto Speranza resta sentinella preoccupata del "rimbalzo di Natale", si parla dei contagi. E, come timore secondario, dei rischi da "variante inglese". Per quest'ultima, in verità, non c'è stato alcuno scossone al Comitato tecnico scientifico, che ritiene il virus multimutato "una realtà che conosciamo da settembre". La risalita post-feste è, comunque, attesa: dalla sua entità dipenderà se il "Piano trasporti e tamponi scolastici" sarà applicato subito o avrà bisogno di una finestra di altri sette, dieci giorni.

Il Piano, come ha dato via via conto Repubblica, c'è. In alcune province è definito nei dettagli. I canoni delle linee guida che troveranno applicazione variabile sono: crescita dei mezzi (affittati da privati) su strada, soprattutto per le linee extraurbane. In città, spostamenti di bus e corse dalle linee meno frequenti a quelle con fermate scolastiche. Centrale, come detto più volte, è lo scaglionamento degli orari, necessario nelle realtà urbane. I prefetti, la cui azione è stata quotidianamente monitorata dal Quirinale, hanno siglato molti accordi – in Piemonte, nel Lazio, a Modena, a Mantova – che prevedono due ingressi: alle 8 e alle 10 (e due uscite, alle 13 e alle 15). Nel Lazio, per dire, il 60 per cento degli studenti entrerà alle 10.

De Micheli: “In classe anche sabato e domenica. Non basta avere più bus”

di

Corrado Zunino


Per far funzionare il nuovo orologio diverse regioni e diverse città (il Lazio e Milano, tra tutte) hanno deciso di far partire dalle 10 l'apertura dei negozi (non dei centri commerciali). Si lavora per allungare anche l'orario d'ingresso della pubblica amministrazione non ancora in smart working. Personale del trasporto pubblico controllerà che non ci siano assembramenti alle fermate e a bordo. Poi c'è il capitolo tamponi e Asl. Il ministero dell'Istruzione parla di una vera e propria "corsia preferenziale" per la scuola. Nelle ultime settimane diverse Asl si sono organizzate per dare risposte più celeri. E in alcune regioni – Toscana, Lazio – si stanno predisponendo screening di massa volontari per gli studenti. Sarà impegnato di più il sabato e ci saranno più soldi per gli straordinari di bidelli e segreterie.

L'Emilia Romagna: "Noi ce la faremo al 75 per cento". Antonio Decaro, presidente Anci: "È un bene per tutti e senza distinzioni".

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