Ian Rankin, 60 anni, è uno dei più grandi scrittori britannici e scozzesi, con i suoi romanzi noir è sempre – anche questo Natale – nelle classifiche bestseller in Regno Unito (stavolta con l’ultimo “A Song for the Dark Times”, prossimamente anche in italiano per Rizzoli) e chi meglio di lui per commentare il finale di un thriller che sembrava infinito come quella della Brexit? E i venti di indipendenza in Scozia spireranno ancora forti? Che ne direbbe il suo celebre e immortale personaggio letterario, l’Ispettore Rebus?
“Di certo, un accordo è meglio di un’uscita brutale con il temuto No Deal”, ci dice Rankin al telefono dalla capitale scozzese prima di iniziare la cena natalizia, “ma…”
Ma?
“Alla fine, quando toccherà votare l’accordo al Parlamento europeo e dei singoli stati Ue andrà tutto liscio? A quali difficoltà andremo incontro? Non dobbiamo pensare che ora sia tutto facile. Non c’è da essere molto ottimisti”.
Si riferisce alla Scozia, dove secondo i sondaggi l’indipendenza ha sempre più il sostegno di una ampia maggioranza di cittadini?
“La Brexit e la crisi del Covid hanno fatto schizzare i consensi per l’indipendenza della mia Scozia, anche perché la prima ministra locale Nicola Sturgeon sembra comunicare molto meglio di Boris Johnson, e poi è molto più empatica. Nonostante l’accordo di oggi, il Regno Unito non sembra funzionare, né sembra avere un grande futuro senza l’Ue. Perché la Scozia dovrebbe rimanere in Uk, se c’è già un piano di fuga pronto, ossia l’idea di un secondo referendum? La Scozia si è sempre sentita a grande maggioranza europeista, un po’ come la Scandinavia”.
Lei è a favore dell’indipendenza?
“Non sono molto convinto, a dire il vero, perlomeno adesso. Personalmente vorrei che le cose, soprattutto riguardo l’emergenza Covid e la stessa Brexit, si calmassero un attimo prima di riparlarne”.
Non ne è convinto per quale motivo?
“Se I negoziati Brexit sono stati così complicati, tesi, e qualche volta orrendi o davvero insopportabili, non credo che le trattative su una possibile indipendenza della Scozia saranno più cordiali e congeniali, perlomeno in questo momento. Più in generale, non credo sia il momento giusto per la mia nazione: causerà una voragine a livello finanziario, creerà ancora più incertezza, soprattutto per i più giovani, già colpiti dalla crisi finanziaria del 2008 e quella del Covid ora. Mica è una bazzecola fondare un Paese dal nulla. È molto, molto complicato e ci vorrebbero anni, se non un decennio, per trovare una stabilità”.
Dopo l’accordo Brexit tra Ue e Uk lei è più ottimista almeno su una maggiore stabilità del Paese?
“No. Sarei ottimista se ci fosse allo stesso tempo un cambiamento a livello strutturale dell’atteggiamento del governo centrale di Johnson, un cambiamento che vogliono tante persone, non solo in Scozia, anche a livello di devolution e concessione di più potere alle amministrazioni locali. Ma purtroppo non lo vedo. Vedo solo che il governo Johnson mostra giorno dopo giorno un clientelismo spaventoso. Oppure vogliamo parlare del premier che negli ultimi mesi ha nominato Lord una marea di amici suoi con meriti davvero scarsi? Se l’avesse fatto Donald Trump, ci saremmo indignati tutti. Invece con Johnson la reazione dell’opinione pubblica è stata minima. Ecco perché l’indipendenza scozzese potrebbe diventare inarrestabile: noi in Scozia vogliamo cambiamento, non la corruzione di Londra”.
Vede Johnson a lungo a Downing Street?
“No, perché questo accordo potrebbe scontentare i tanti brexiter più radicali del partito, che ora potrebbero rendere la vita molto complicata al premier. E poi i donatori e finanziatori del partito conservatore neanche saranno molto felici: molti di loro volevano una Brexit più dura, anche per mero calcolo personale. Questo accordo forse ha fatto di Johnson un leader paradossalmente più debole, soprattutto tra i tory. Inoltre, i conservatori sono da troppo tempo al potere. Presto potrebbe toccare al Labour di Keir Starmer”.
E come immagina il futuro del Regno Unito dopo la Brexit di Capodanno 2020, quando si concretizzerà l’uscita di Uk dall’Ue?
“Ci dicono che sarà una “Global Britain”, ma a me sembra che ci stiamo chiudendo sempre più a riccio, soprattutto sull’immigrazione. Ma questo è un problema mondiale. Per esempio noi in Regno Unito abbiamo non solo uno, ma due nazionalismi, quello inglese che ha votato per la Brexit e quello scozzese che vuole l’indipendenza e tornare in Ue…”
Quindi altro che la tanto annunciata “Global Britain” di Johnson, nuova potenza mondiale e “indipendente”, perlomeno nei suoi sogni…
“Credo che questa idea si possa realizzare nei campi della cultura e della scienza, dove il Regno Unito ha un “soft power” enorme e ciò sarebbe una ottima base per essere una potenza “global”. Ma ci vorrà tempo per riassestarsi dopo la Brexit. Da Downing Street dicono che saremo tutti più “nimble”, cioè svelti e agili, dopo esser usciti dall’Ue. Sarà davvero così? Lo vedremo presto”.
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