La gelosia come futile motivo, che costituisce un’aggravante processuale. L’ha riconosciuta la giudice Alessandra Salvadori, che ha condannato a 30 anni di carcere Nicola Cirillo, 58 anni, colpevole di aver sparato il 10 giugno contro Cristina e Giusy Messina, madre e figlia, 54 e 29 anni, nell’appartamento di via Garibaldi a Volvera. “Qui si è in presenza dell'altro volto della gelosia, quello cattivo, possessivo e dominante, quello che offende la dignità della donna, che agli occhi dell’uomo pecca di insubordinazione”, ha detto il pm Paolo Toso.
Nel Torinese uccide l'ex moglie e scappa. Ferita anche la figlia: è grave
di CARLOTTA ROCCI
Parole che riportano a un altro caso recente, quello del "delirio di gelosia" in base al quale il 9 dicembre la Corte d'Assise di Milano ha assolto un altro femminicida, Antonio Gozzini, che aveva ucciso sua moglie. Due giorni fa sono state rese note le motivazioni della sentenza che ha fatto discutere, tanto da arrivare all'annuncio di accertamenti dal ministro della Giustizia: "Non confondere movente con raptus, in questo caso c'è un disturbo psicotico" hanno scritto i giudici, Vicenda ben diversa, insomma, da quella avvenuta nel Torinese.
Assolto per il femminicidio della moglie per delirio di gelosia, i giudici: "Non confondere movente con raptus, c'è disturbo psicotico"
Dopo gli spari, a Volvera, la madre è morta sul colpo mentre la figlia è rimasta paralizzata. L’uomo si era dato alla fuga, salvo presentarsi dopo un paio d’ore alla caserma di Pinerolo, dove ha confessato il delitto senza mostrare alcun segno di pentimento: “Non mi dispiace perché me ne ha combinate di tutti i colori. Aveva la macchina, usciva, faceva quello che voleva", aveva detto l’uomo, che dopo la separazione avvenuta cinque anni prima pedinava l’ex compagna e le contestava di volere essere libera.
Per questo il pm Toso, richiamandosi a quanto sentenziato dalla Cassazione, aveva chiesto di considerare come la gelosia aggravante dei “futili motivi”. La giudice ha accolto la tesi dell’accusa e delle parti civili – i cinque figli della donna sono assisti dagli avvocati Luca e Ruggero Marta – e ha condannato Nicola Cirillo a 42 anni, ridotti per legge a 30. Inoltre la Corte d'Assise ha stabilito che l’imputato, difeso dagli avvocati Maria Frezza e Gabriele Pipicelli, debba pagare una provvisionale di quasi un milione e mezzo di euro.
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