Un'azione civile per chiedere i danni provocati dall'impreparazione del governo e della Regione Lombardia nell'affrontare la pandemia. Sono più di 500 le persone colpite da un lutto legato al Covid che hanno aderito all'iniziativa giudiziaria promossa dal comitato delle vittime di Bergamo "Noi denunceremo", una sorta di class action contro la Presidenza del Consiglio, il ministero della Salute e la Regione Lombardia dal valore compreso tra i 100 e i 150 milioni di euro. L'atto di citazione congiunto verrà depositato il 23 dicembre al Tribunale di Roma, sede del governo nazionale.
"Abbiamo solo fatto sapere che c'era questa possibilità – spiega il presidente del comitato, Luca Fusco – e le adesioni sono arrivate a pioggia. Come associazione però non ci costituiamo nella causa. Il nostro intento è aiutare le famiglie in difficoltà, piegate o distrutte dai lutti: ci sono madri senza lavoro rimaste da sole a casa con tre figli".
Tra i firmatari tanti i nomi di persone residenti a Bergamo e in Val Seriana, la più colpita dal virus in marzo e aprile in Lombardia. Ma non mancano parenti di deceduti nel Lazio, in Piemonte, nelle Marche, in Toscana, in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia. A gennaio il comitato "Noi denunceremo" aprirà un'ulteriore finestra per chi volesse aderire alla causa, la prima azione congiunta per accertare le responsabilità civili dell'epidemia che ha colpito l'Italia e in particolare la Lombardia, anche se altre Regioni potrebbero essere chiamate in causa come terze parti. Di ogni persona morta per Covid viene raccontata la vicenda in una scheda personale, con allegata la documentazione sanitaria, il grado di parentela e le circostanze che hanno portato al decesso. "È un'azione civile per le omissioni e le violazioni di legge del governo e delle amministrazioni regionali – spiega l'avvocato Consuelo Locati, che coordina il team di legali che lavorano alla causa – da cui è derivata come conseguenza indiretta la morte delle persone. Il cuore del problema è ciò che si doveva fare per prepararsi a una pandemia e che non è stato fatto".
Le argomentazioni dei legali affrontano le presunte responsabilità del governo per l'assenza di un piano pandemico nazionale aggiornato, come sostenuto anche dall'Oms nel rapporto, poi ritirato tra le polemiche, curato dall'ufficio di Venezia (https://www.repubblica.it/cronaca/2020/11/30/news/scontro_tra_farnesina_e_oms_sull_immunita_dei_funzionari_dell_organizzazione_mondiale_della_sanita_-276427948/), ma anche la mancata applicazione del vecchio piano del 2006 comunque in vigore e delle prescrizioni contenute nel regolamento sanitario internazionale del 2005. Sul fronte della Regione Lombardia è l'intero modello sanitario ad essere messo sotto accusa dai promotori della causa, un sistema modificato con una serie di leggi regionali confluite nella riforma del 2015, che ha accorpato sotto un'unica direzione gli ospedali e la sanità territoriale. Proprio i mix esplosivo, secondo gli avvocati dei famigliari delle vittime, che ha favorito il sovraccarico degli ospedali e la propagazione del contagio. Argomentazioni dettagliate sono riservate anche alla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, alla carenza di dispositivi di protezione negli ospedali e alla mancata chiusura – nonostante i primi casi di Covid identificati al pronto soccorso – dell'ospedale di Alzano Lombardo, da cui alla fine di febbraio sono transitati tanti ignari pazienti contagiati e poi colpiti duramente dal virus nelle settimane seguenti. Sono i loro nomi, e quelli dei loro parenti, a ricorrere di più nell'atto di citazione che ora vuole trascinare in giudizio sulle responsabilità del contagio i vertici delle istituzioni.
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