S'infittisce di dettagli macabri e sospetti la morte del medico 65enne Stefano Ansaldi, accoltellato in zona stazione Centrale, a Milano, lo scorso sabato 19 dicembre. Tra le varie ipotesi formulate dagli investigatori, ora spunta anche quella del suicidio. "Non lo possiamo escludere", dicono i carabinieri alle prese con un rebus di intricatissima soluzione.
Il ritrovamento del corpo
Gli unici elementi certi del caso, al momento, riguardano la scena del crimine. Il ginecologo è stato ritrovato senza vita tra le 18.01 e le 18.04 di sabato, in via Mauro Macchi, all'angolo con via Scarlatti. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Stefano Ansaldi, ginecologo campano, avrebbe raggiunto la stazione ferroviaria verso le ore 15. Tre ore più tardi, alcuni passanti riferiscono di averlo visto riverso sull'asfalto, con le mani premute sul collo per tamponare la ferita letale, inferta presumibilmente con un coltellaccio da cucina. La lama è stata rinvenuta vicino al corpo, insieme ad una 24 ore che, al suo interno, conteneva soltanto il documento d'identità e una confezione di biscotti. Poco distante, vi era poi il Rolex che, pare, fosse stato aperto, tolto dal polso, richiuso e posizionato a terra. Altro dettaglio degno di nota riguarda lo smartphone: era spento un'ora prima della morte.
Nessuna impronta sul coltello: un suicidio?
Sull'arma del delitto, o presunta tale, non sarebbero state evidenziate tracce del Dna né degli ipotetici aggressori (si presume due nordafricani) né della stessa vittima. Certo è che Ansaldi indossasse dei guanti in lattice quando è stato ritrovato dai carabinieri. Ed è per questa ragione, unitamente ad altri elementi, che gli investigatori valutano anche l'ipotesi di un' azione eterolesiva. "Non possiamo escludere il suicidio" confermano al Corriere della Sera.
L'assegno in bianco
Nel tentativo di ricostruire la dinamica del delitto, si procede per esclusione accantonando cioè le ipotesi non inerenti alla professione del medico. Alcuni spunti investigativi nascono da incongruenze sospette, evidenze all'apparenza poco calzanti con le circostanze della morte, ma che invece potrebbero rivelarsi chiarificatrici. Come quell'assegno in bianco intestato a una società off shore maltese del quale il ginecologo aveva denunciato nel 2019 lo smarrimento. C'era la sua firma, sull' assegno, ma non l' importo, che sarebbe stato messo per iscritto dal contatto sull' isola.
Il laboratorio di analisi
Dalle indagini è emerso che Ansaldi fosse intestatario di un laboratorio di analisi in Fratelli Grimm, rione Incis, alla periferia di Napoli Est. Si tratterebbe di un'attività in covenzione con la sanità pubblica campana – la Asl Napoli 1, nello specifico -, e che di fatto fino a dieci anni fa accumulava perdite senza riscuotere pagamenti. Uno stillicidio finanziario interrotto nel 2012, quando la banca Unicredit chiese un decreto ingiuntivo per circa 57 mila euro. "E quando il provvedimento divenne esecutivo, – scrive il Corriere della Sera -l' ufficiale giudiziario che avrebbe dovuto notificarlo 'non ha rinvenuto la società, né il legale rappresentante all' indirizzo indicato". Il fallimento fu dichiarato dai giudici nel 2015. Il concordato s' è chiuso invece lo scorso anno. Ed è probabile che sempre a quell' attività sia legata l' altra "pendenza" che il dottor Ansaldi s'era ritrovato nella sua carriera, un' ipoteca legale iscritta da Equitalia nel 2014 per altri 77 mila euro.
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