La foto di famiglia non c'è più. Quella che ritraeva le toghe di sinistra. Le toghe "rosse" odiate da Berlusconi. Al suo posto – e non da oggi – c'è solo una scia di cenere al veleno. Come se la foto fosse stata bruciata e non ne rimanessero che quei poveri resti. Ma c'è un'espressione – fare "la mossa del cavallo" – che forse rende plasticamente quello che, neppure tanto all'improvviso, è accaduto nella sinistra della magistratura. O meglio, è successo dentro Area. Perché non è certo un divorzio consensuale quello annunciato da una lettera che, già dal titolo, è una dichiarazione di guerra. "Il tempo delle scelte" scrivono 25 magistrati di Area: decidono di tagliare il cordone ombellicale che, sempre più malvolentieri, li ha legati a Md. E Magistratura democratica risponde con un gelido "la scelta del recesso".
Ma fin qui siamo alla cronaca di un divorzio deciso unilateralmente, vecchio ormai di due giorni, quando si sono incrociate le due missive. Alle quali sono seguite reazioni d'indifferenza, come quella di un magistrato che dichiara di voler restare "multilevel", iscritto a Md, ad Area e all'Anm. E come lui ce ne sono altri che snobbano l'aut aut, fuori da Md, solo dentro Area. O come quelle di chi, restando in Md, ritiene che in realtà si sia ormai "esaurita la forza propulsiva di Area".
Per chi non fosse addentro alle storie della magistratura stiamo parlando ormai di due differenti gruppi associativi, di due "correnti", che si radicano entrambe a sinistra. Da una parte c'è Magistratura democratica, nata oltre 50 anni fa. Le vere "toghe rosse". Quelle attente agli "ultimi", ai detenuti e agli immigrati, quelle rispettose della Costituzione e delle garanzie dei diritti. Con la loro rivista, Questione giustizia, prima cartacea e adesso online. Oggi diretta da Nello Rossi, ex procuratore aggiunto a Roma, pm protagonista di tanti processi, ma anche di brillanti interventi nei congressi di Md. Che ha dato nuovo impulso e vivacità a quelle pagine divenute attente alla quotidianità del diritto e alle sue contraddizioni. Una rivista ingombrante se per esempio, ad agosto, esce con un articolo di Rossi su Piercamillo Davigo che da pensionato non può restare al Csm e poi alla vigilia della scelta del vertice dell'Anm pubblica un lungo articolo di Silvia Albano. Che viene ingiustamente interpretato come una sua candidatura scatenando un putiferio.
Dall'altra parte c'è Area. Era nata così nel 2013, un semplice cartello elettorale tra Md e il Movimento giustizia, il gruppo che fu di Giovanni Falcone, anch'esso di sinistra. Poi, via via, Area si è trasformata essa stessa in una corrente. Ha ampliato il nome in Area democratica per la giustizia. Ha eletto presidenti e segretari. E ha cominciato a coltivare dentro se stessa l'insofferenza per Md. Per la sua storia antica? Per le sue storiche battaglie? Per i nomi importanti che ne hanno fatto parte? Per l'elaborazione ideologica dei padri fondatori? Sicuramente c'è tutto questo nella lesione progressiva dei rapporti.
Perché, a un certo punto, nel 2015 nel congresso di Md a Reggio Calabria, nel 2016 in quello straordinario di Bologna, nel 2019 in quello di Roma, il tam tam insistente è se Md si scioglie definitivamente dentro Area oppure resta una corrente con le sue strutture e la sua storica visibilità. Ne è nata una guerra che giunge adesso all'epilogo con la "mossa del cavallo".
Perché ormai da qualche mese, dentro Area, serpeggia un solo veleno contro Md, la certezza che al prossimo congresso – che doveva svolgersi a gennaio ma slitterà causa Covid – il gruppo dirigente di Md sia deciso ad annunciare la spaccatura di Area, e l'uscita di Md dalla stessa Area. Questo ha determinato la decisa avversione per una presidenza di Albano all'Anm, vissuta come la provocazione di chi vuole conquistare un posto di vertice proprio prima di lasciare la barca in cui naviga. Ininfluente il fatto che Albano e quelli di Md smentissero recisamente questa manovra. Non sono stati creduti.
La "mossa del cavallo" adesso anticipa qualsiasi altra mossa scissionista. Soprattutto quella che – a detta di Area – Md vorrebbe compiere nel suo prossimo congresso, uscire da Area, prendendo l'iniziativa. I 25 magistrati che hanno firmato "Il tempo delle scelte" hanno nomi noti. C'è il segretario di Area Eugenio Albamonte, pm a Roma. C'è l'ex presidente dell'Anm Luca Poniz. C'è l'ex segretaria di Md Anna Canepa. C'è l'ex segretario dell'Anm Alcide Maritati. C'è il procuratore aggiunto di Roma Stefano Pesci. E la procuratrice generale di Caltanissetta Lia Sava. E prim'ancora di loro, dal Csm, l'ex pm di Roma Giuseppe Cascini e il giudice barese Ciccio Zaccaro. Tutti contro Md. Troppo corrente nella corrente. I cui vertici – la segretaria Maria Rosaria Guglielmi, detta Maro, pm a Roma, e il presidente Riccardo De Vito, giudice di sorveglianza a Sassari – avrebbero ostacolato il cammino di Area. Il neonato, divenuto adulto, come nei drammi più oscuri, mangia il padre.
Le parole ovviamente pesano. E quelle delle 25 toghe di Area sembrano scritte apposta per ferire. Come quando si dice che "è ormai compromessa ogni possibilità di continuare a lavorare insieme e a riconoscersi in questa Md, che seppellisce nel silenzio il dissenso interno e a noi appare ormai come un luogo escludente, autoreferenziale, assente dal dibattito politico reale, proteso a una narrazione costantemente autoassolutoria degli eventi, opaco e ambiguo rispetto al progetto politico di Area". Compagni che sbagliano, insomma. Che "disertando i luoghi di confronto democratico interni al gruppo ignorando, spesso con sprezzante, ostentata indifferenza, le dinamiche elaborate e complesse del progetto politico di Area e della sua autonoma soggettività".
Parola a cui, da Md, si risponde con dei fatti, come il rifiuto di Area di accettare la doppia tessera, sia della stessa Area ma anche di Md, o quella lettera di Cascini che per lasciare Md, di cui pure è stato uno storico protagonista, si limita a inviare la "revoca della trattenuta sindacale". Tutto qui, neanche una riga sul perché e sul per come. O ancora quei vertici di Area, dal segretario Albamonte, all'ex presidente dell'Anm Poniz, agli stessi consiglieri del Csm che sono stati disciplinatamente votati anche da Md e quindi non hanno alcun motivo di lamentarsi. Non va giù, a Md, l'attacco di Area alla segretaria Maria Rosaria Guglielmi, una che, a conoscerla, tutto appare fuorché una despota. O le accuse al presidente Riccardo De Vito, definito il secondo segretario, perché caratterialmente più interventista di Guglielmi.
Finora, nelle chat delle toghe, le accuse di Area a Md hanno sortito due o tre adesioni, tra cui quella dell'ex procuratrice di Modena Lucia Musti. E molti non sono d'accordo. Ma chi aderisce ad Area è convinto di aver fatto la mossa giusta perché a questo punto la palla dell'eventuale scissione non è più di Md, quanto meno è stata depotenziata. Però se Md fa il passo potrà coprirsi con le dimissioni degli "aeristi". Una battaglia di posizioni che, una cosa è certa, non giova alla magistratura.
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