ROMA – Non avere la possibilità di lavorare non è un problema che si risolve una volta per tutte nel momento in cui si trova un'occupazione. Rimanere senza lavoro appena diplomati, o laureati, lascia ai giovani delle cicatrici che si portano dietro per tutta la vita in termini di minore occupazione e salario più basso. E' un problema che si riscontra in molti Paesi, ma che in Italia assume un peso significativo visto che abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile doppio rispetto alla media Ocse (23,5% nel 2019, peggiore anche del 19,6% della Grecia e del 18,3% della Spagna). Nello studio "Scars of youth non-employment and labour market conditions" Giulia Maria Tanzi, ricercatrice della Banca d'Italia, arriva alla conclusione che il costo della mancata occupazione iniziale per un giovane italiano è pesantissimo: in media, a ciascun mese di inoccupazione nei primi anni si associa quasi un ulteriore mese di inoccupazione negli anni successivi.
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Tanzi ha analizzato i dati delle "Comunicazioni obbligatorie" pubblicate periodicamente dall'Inps (si tratta dei dati sui contratti di lavoro stipulati e sulle cessazioni) nell'arco di nove anni, tra il 2009 e il 2018, in riferimento a neolaureati o neodiplomati di età compresa tra i 19 e i 24 anni. Ha rapportato i giorni di mancata occupazione dei primi tre anni ai sei anni successivi. Il rapporto peggiora man mano che aumentano i giorni di non lavoro: i giovani che nei primi tre anni non hanno lavorato da 1 a 90 giorni nei successivi sei non lavorano in media per 108 giorni. I giovani che invece nei primi tre anni non hanno lavorato per un periodo compreso tra i 91 e i 180 giorni nei successivi tre anni in media non lavorano 121,3 giorni. I giovani che nel primo periodo non hanno lavorato per più di 180 giorni nel secondo non lavorano in media per altri 211. Per avere un'idea di quale sia la quota di giovani che si trova in questa situazione, bisogna pensare che solo il 25% dei giovani del campione ha cominciato a lavorare il primo anno dopo aver conseguito la laurea o il diploma; un altro 20% ha cominciato nel secondo, il 15% nel terzo e il rimanente 40% è finalmente entrato nel mercato del lavoro solo nel secondo periodo considerato, quattro anni dopo. Una situazione di grande sofferenza che accumuna uomini e donne, non c'è gender gap. Ci sono semmai differenze a seconda della Regione di provenienza, e del titolo di studio. L'"effetto cicatrice", rileva infatti l'indagine, è inferiore nelle Regioni con tassi di disoccupazione più elevati: ad un aumento del tasso di un punto percentuale si associa una riduzione degli strascichi del non lavoro iniziale di circa il 20 per cento. La "protezione" della laurea rispetto a questo micidiale effetto cicatrice è ancora maggiore: Tanzi riscontra infatti che i laureati, rispetto ai diplomati, hanno una riduzione delle conseguenze negative di circa un terzo.
Come mai queste differenze? Per valutarlo bisogna prima capire bene le cause dell'effetto cicatrice: in economia si definiscono come "la teoria del signalling". "Il datore di lavoro, che deve scegliere chi assumere e che non ha informazioni complete sul candidato – spiega la ricercatrice di Bankitalia – potrebbe percepire l'inoccupazione giovanile come un segnale indiretto delle capacità e dell'abilità del candidato".
Cosa succede dunque in una Regione ad alta disoccupazione? Le difficoltà del contesto giustificano in qualche modo l'aspirante lavoratore, assolvendolo dal dubbio di valere meno degli altri per via dell'esclusione iniziale dal mondo del lavoro. Mentre per i laureati, osserva Giulia Maria Tanzi, "i datori di lavoro possono dedurre meglio le informazioni sulle abilità dei candidati dal voto di laurea, dal prestigio dell'ateneo e dalle esperienze lavorative; l'impatto del segnale che proviene dall'inoccupazione giovanile si affievolisce".
La difficoltà d'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro rimane comunque un enorme problema, considerando anche queste implicazioni. Tra l'altro a motivare l'indagine c'è anche l'epidemia, che quest'anno ha amplificato l'effetto esclusione dei giovani, persino gli stage si sono dimezzati a causa del Covid. Ecco perché, conclude l'indagine, ora più che mai è importante rafforzare strumenti come la Garanzia Giovani, o l'Alternanza Scuola-Lavoro, che danno ai giovani opportunità di accumulare esperienze particolarmente preziose nei primi anni in cui si entra a contatto con il lavoro, oltre che aprire strade e opportunità difficili da trovare in un Paese che non riesce ancora a dotarsi di un adeguato sistema di politiche attive.
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