Prendiamola con filosofia rileggendo/scoprendo le cinque grandi pensatrici scelte da Laura Boella per altrettante lezioni raccolte nel suo nuovo volume, rinnovato e riproposto, dopo una edizione precedente, per affrontare i nostri tempi difficili. Cuori pensanti, il nuovo pamphlet della filosofa, che ha insegnato Filosofia Morale all’Università Statale di Milano, pubblicato dalla milanese Chiarelettere, parla di Hannah Arendt, Simone Weil, Etty Hillesum, Edith Stein e Maria Zambrano, protagoniste di quel Novecento fecondo dal punto di vista culturale, ma caratterizzato dall’orrore della Storia. Stein e Hillesum sono morte ad Auschwitz. La prima aveva cinquant’anni, e da filosofa era diventata una monaca Carmelitana, la seconda ventinove, e il suo desiderio più grande era fare la scrittrice.
Il titolo del libro viene da una delle sue lezioni più belle, quella su Etty Hillesum.
«Nel campo di concentramento Hillesum sentiva tante persone dire: "Non voglio pensare", per non impazzire. Invece, lei voleva essere il "cuore pensante" di quella "baracca", come diceva. Nel suo diario aveva scritto: "Non penso più a fare progetti e a correre rischi, andrà come andrà e sarà per il meglio". Volle ospitare dentro di sè i problemi del suo tempo per non rendere ancora più inospitale il mondo, aggiungendogli un solo atomo di odio. Era una giovane donna alla ricerca del suo equilibrio nel mezzo della persecuzione antiebraica in Olanda».
Chi è la sua preferita?
«Hannah Arendt, sempre elegante, bella, fotografata con i tacchi pure a duemila metri di altezza, donna di mondo, l’ho sempre sentita affine, mentre, per esempio, l’ascetismo e il rifiuto del corpo di Simone Weil m’intimidiscono. Ma anche Hillesum, più rileggo i suoi diari e le sue lettere, più mi accorgo che senza di lei tante cose non saremmo riusciti a pensarle».
Cosa c’insegnano queste cinque intellettuali?
«I filosofi uomini elaborano da lontano per risolvere i problemi dell’umanità. Questi "cuori pensanti", che c’ispirano con il loro coraggio e con la loro forza di andare controcorrente, sono guerriere sempre al centro del loro tempo. Pensiamo a Weil, per cui tutto partiva dall’esperienza. La filosofa francese ha lavorato in fabbrica e in campagna, ha insegnato filosofia in un liceo, ha partecipato alla Guerra di Spagna, è andata in Germania mentre Hitler prendeva il potere, e ha letto, ha studiato, ha scritto».
A cosa "serve" la filosofia nel contesto attuale?
«È una finestra che si spalanca e dalla quale si guarda fuori, si immagina, si riaprono i giochi con sè stessi e con la realtà. Non la tratto come una disciplina, ma come la capacità di pensare, che appartiene a tutti, non solo ai filosofi. Se per filosofia intendiamo la capacità di pensare di cui tutti siamo dotati, allora possiamo pensare alle parole che usiamo, spingere lo sguardo oltre i numeri dei bollettini, ampliare la mente e il cuore. I filosofi dovrebbero fare questo: allargare mente e cuore».
Qual è il suo augurio per il 2021?
«Che si possa tornare a una maggiore libertà di movimento, di contatto e di relazioni. Quante volte, oggi, cambiamo strada, se incrociamo un’altra persona? Dovremo reimparare a stare insieme, nelle scuole, nelle aule, ma anche sul marciapiede, in ogni settore della vita».
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