«Nella fabbrica in piazza Wagner 3 si creavano le statuine, ma il grosso del lavoro, cioè assemblaggio e verniciatura a mano era affidato a cottimisti esterni » , racconta Massimo Mazzoran, cremonese, tra i maggiori collezionisti italiani di statuine e restauratore per passione di presepi Confalonieri. Ai più questo nome non dirà nulla, ma per gli appassionati di presepistica è tra i marchi più ricercati: « Due luoghi in Italia nel secolo scorso erano importanti nella produzione seriale di presepi: Lucca e il milanese, dove erano attive diverse aziende: Rovello Porro, Nardi, Cometa, Isas, Torgano, Confalonieri. Nessuna ha mai raggiunto la qualità di quest’ultima», continua Mazzoran, che all’azienda ha dedicato un sito ( www.ilpresepeconfalonieri. it), in cui spiega come riconoscere i falsi, entra nel dettaglio delle valutazioni e ne ricostruisce la storia: dagli splendori degli anni Quaranta all’incendio del 1960.
La Ottavio Confalonieri&C., si legge nell’atto costitutivo, nasceva per la " fabbricazione di fiori artificiali per decorazioni per pasticceria". Era il 31 gennaio 1934, e presto i soci dell’azienda si accorsero che le decorazioni per torte non permettevano di campare, quindi cominciarono a produrre soldatini e personaggi del presepe. Se sui primi sono stati fatti studi e si sono conservati tutti i cataloghi di produzione, la stessa cosa non è avvenuta con le statuine, quindi ogni anno Mazzoran scopre almeno un pezzo che non conosceva da aggiungere ai quasi 2500 della sua collezione, molti dei quali doppi, perché non ne vende né scambia nessuno. «Sotto alcune statuine è rimasto il bollino della Rinascente, che era tra i principali rivenditori, e questo accresce il loro valore», spiega.
La questione spinosa, prima domanda che pongono i profani del collezionismo, ultima a cui vorrebbe rispondere lui: quanto valgono? « Tra il 2003 e 2009 c’è stato un picco. Oggi i pezzi più dozzinali si vendono a 15- 20 euro. Ma è cresciuta la fame per i pezzi "chimera", cioè mai visti sul mercato e sconosciuti anche ai collezionisti». L’ultimo diorama che ha acquistato online qualche settimana fa – « per altro rotto, da restaurare » – gli è costato qualche centinaio di euro. Alle aste Ebay i pezzi hanno superato i 1500, nelle borse scambio internazionali di Novegro e Calenzano anche i 2000 euro.
Ma cosa rende speciali oggetti tanto poveri e seriali? «La cura commovente dei dettagli, l’inventiva nella creazione dei diorami e alcuni misteri irrisolti – spiega Mazzoran – Non si sa esattamente cosa fosse la pasta delle prime statuine, definita sui cataloghi " celoplasto", una sostanza sicuramente composta da carta, probabilmente segatura, credo caolino e colla animale, alla fine cotta in stampi in bronzo » . Poi la famosa patina rossa: « Per un certo periodo a cavallo della seconda guerra mondiale alle statuine è stata applicata una vernice sconosciuta che col tempo ossidava e virava verso l’arancio rossastro » . Un difetto di fabbricazione ha creato i Gronchi rosa della presepistica.
Infine la rarità: « Nonostante la produzione seriale, è difficile trovare pezzi in buono stato. La voracità dei topi e l’umidità delle cantine, del muschio e della farina, utilizzata spesso a simulare la neve, sono i peggiori nemici » . Quando un collezionista trova un diorama intero e in buono stato perde ogni inibizione: «È una specie di visione, un’estasi mistica » . Ora quando disferà il suo presepe? «No, io non faccio mai il presepe. La collezione sta nelle vetrinette e non si tocca».
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