Un impero economico mastodontico composto da 71 attività imprenditoriali tra bar, sale bingo e ditte edili. Poi gli immobili, oltre 30, localizzati per la maggior parte nell’area est di Roma e nell’hinterland: Bufalotta, Settebagni, Mentana, Guidonia, Monterotondo, ma anche in zone più centrali come Monteverde.
Quindi i gioielli: 15 Rolex, orologi Audemars Piguet e Cartier, oltre ad una sfilza di bracciali e collier d’oro. Per chiudere un paio Mercedes e una Lamborghini Aventador.
È il tesoro raccolto illecitamente negli anni da Gaetano Vitagliano, imprenditore arrivato a Roma da Napoli vicino al clan camorristico degli scissionisti di Secondigliano, Andrea Scanzani, imprenditore romano nel settore del noleggio e della gestione di apparecchi videolottery, e Giuseppe Cellamare, deceduto nel 2017, condannato a Bari per associazione mafiosa perché organico alla Sacra Corona Unita.
Tutti quanti erano finiti in manette al termine della maxi operazione della Dda della procura di Roma “Babylonia”, accusati di far parte di due associazioni criminali dedite all’estorsione, usura e riciclaggio: riciclavano, in sostanza, in attività legali, i soldi fatti in anni e anni di crimine. Ora il tribunale per le Misure di sorveglianza presieduto dal giudice Guglielmo Muntoni ha confiscato tutti i beni per un ammontare di oltre 300 milioni di euro: per i giudici “è ritenuta la provata la pericolosità qualificata di Vitagliano almeno dal 1993”; quella di Scanzani “almeno dal 2000”. A compiere le indagini sono stati insieme i militari del nucleo provinciale della guardia di finanza, in particolare il nucleo di polizia economico-finanziaria, e quelli del comando provinciale dei carabinieri.
Tra le società confiscate, e già sottoposte a sequestro dal gip nel 2017, su richiesta del pubblico ministero Nadia Plastina, titolare delle indagini, c’è quella che gestiva il bar Mizzica, il locale siciliano in zona piazza Bologna famoso per i cannoli; il Manhattan cafè, a Casal Bruciato; il Macao in via del Gazometro, il Babylon Cafè in via Oderisi da Gubbio. Il grosso delle attività era nella zona est della città, come la società Italiana Bingo, che curava la sala bingo Dubai Palace, a San Basilio: un polo dello svago all’interno del quale la gente puntare soldi sulle videolottery, al bingo, alla sala scommesse Snai, con corollario di bar e ristoranti.
Stando all’indagine, condotta in prima battuta dal nucleo investigativo dei carabinieri, il motore di tutto era Vitagliano. La sua rete reinvestiva in esercizi commerciali il denaro proveniente dal traffico degli stupefacenti, dopo averlo pulito attraverso delle società lavatrici.
Vitagliano, nullatenente e sconosciuto al fisco, era uscito dal carcere nel 2011 ed era venuto a Roma a investire: “Si è appurato – scrive il presidente Muntoni – che le risorse per tali investimenti sono stati attinte dai proventi del traffico di sostanze stupefacenti dallo stesso condotto almeno fino al 2011, nonché dalle ingenti somme di denaro provenienti dalle attività delittuose commesse da elementi di spicco del clan camorristico denominato ‘degli scissionisti’ facente capo al binomio Amato-Pagano”.
Per i due processi Babylonia, entrambi in primo grado, Vitagliano è stata condannato ad oltre 13 anni di reclusione: 11 anni e 6 mesi di pena nel primo e 1 anno e 8 mesi nel secondo. Scanzani ad oltre 12 anni: 5 anni e 10 mesi gli sono stati inflitti nel primo e 7 anni e 4 nel secondo.
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