ROMA – Huawei – il gigante cinese delle telecomunicazioni, tra i maggiori fornitori di reti in tecnologia 5G – volta pagina in Italia. La società cinese ha deciso di spostare l’amministratore delegato di Huawei Italia, Thomas Miao, in Canada. Al suo posto arriverà Wilson Wang, un manager con una lunga esperienza in mercati difficili, come quello egiziano, determinato a migliorare la posizione del colosso cinese in Italia.
Anche il nostro Paese è diventato un mercato complicato, da quando il governo tenta di tenere Huawei se ai margini dell’operazione 5G. L’Italia, sulla scia degli Stati Uniti, non vuole che il gruppo cinese abbia un ruolo decisivo nella realizzazione di un’infrastruttura sensibile e strategica. La rete in 5G collegherà milioni di dispositivi alla Rete, dalle automobili agli elettrodomestici, e avrà un ruolo anche nella difesa e sicurezza nazionale.
Il mandato del nuovo amministratore delegato di Huawei Italia sarà esattamente questo, dunque: recuperare la piena fiducia del nostro Paese e restituire a Huawei il ruolo di partner chiave del governo di Roma. Per questo, come ha già annunciato, aprirà a Roma un centro proprio sulla cybersicurezza. E per questo la casa madre potrebbe anche decidere di cambiare il presidente dell’Italia Luigi De Vecchis.
A cascata, Huawei Italia punta a consolidare le relazioni commerciali con gli operatori delle telecomunicazioni che lanciano i servizi in 5G.
I rapporti con i nostri operatori sono problematici. Prendete Tim. La storica rete di ripetitori di Tim – quella in tecnologia 4G – è stata realizzata per il 50% da Ericsson, per il 25 da Nokia e per il 25 da Huawei. A inizio 2020, quando il quadro non era ancora così fosco, la Tim aveva ridotto a due il suo parco fornitori: lo schema affidava la sua nuova rete 5G per il 60% ad Ericsson e per il 40 proprio a Hauwei, che dunque avrebbe aumentato la sua fetta di mercato.
Ora, Tim torna al vecchio motore a tre pistoni: come già per la rete in 4G, anche quella in 5G sarà realizzata a braccetto con la svedese Ericsson, la finlandese Nokia e Huawei. I cinesi di Hauwei, dunque, non vengono messi alla porta; ma risultano comunque ridimensionati. Il ritorno a un parco fornitori con tre protagonisti è stato comunicato a Hauwei – da Tim – con una lettera formale.
Da mesi, la Tim precisa di non essere l’esecutrice dei desideri del premier Conte e sostiene che, se davvero si muovesse per blandire il governo, allora si sarebbe spinta fino all’esclusione di Huawei. Cosa che non ha fatto.
Tim gestirebbe i rapporti con i suoi fornitori in una logica solo commerciale. E avrebbe recuperato Nokia come partner solo perché Huawei ha problemi ad acquistare tecnologia sul mercato statunitense. Tutto tranquillo, allora? In Puglia – dove si lavora freneticamente per trasformare la vecchia rete in 4G nella nuova in 5G – oggi i cantieri sono al 100% nella mani di Ericsson mentre Huawei è ferma ai box.
Le scelte della Tim allarmano Huawei che ora mette in campo una strategia di rilancio, qui in Italia. La prima mossa prevede l’arrivo di Wang come nuovo ad. Ma anche la diplomazia si sta facendo sentire.
L’ambasciata cinese a Roma continua a dialogare con Luigi Di Maio perché le sue società non vengano discriminate. Il ministro degli Esteri è l’artefice degli accordi commerciali che dovrebbero aumentare le esportazioni italiane verso Oriente lungo la Nuova Via della Seta. E resta dunque un interlocutore privilegiato per Pechino, anche nella complicata partita delle reti 5G.
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