Non ha ancora un nome, il dottor Robot. Lo decideranno i suoi pazienti, cinquanta bambini con disturbi dello spettro autistico del centro Boggiano Pico dell’Opera don Orione di Genova. Sceglieranno attraverso una gara tra Luigi (come il don), Isaac (come Asimov), Marvin o Albert. Il robot che per ora non si chiama è un iCube, realizzato all’Istituto Italiano di Tecnologia IIT: ed è la prima volta al mondo che entra in una struttura di riabilitazione. Si siederà a un tavolo. Dall’altra parte c’è un bambino: tra loro, umano e umanoide, un vassoio mobile per scambiarsi oggetti, e cubi di gommapiuma. Su ogni faccia dei cubi ci sono colori e figure diverse. Il robot scambierà uno dei cubi con il bambino e osserverà una delle facce. Un terapista – umano – chiederà al piccolo paziente quale immagine o colore riesca a vedere e quale, secondo lui, il robot sta guardando. Un modo per aiutare il bambino autistico a mettersi nei panni di un altro: a comprenderne il punto di vista.
Sembra un film: è un trattamento sperimentale, messo in atto dal team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT guidato dalla ricercatrice Agnieszka Wykowska, a fianco dell’equipe riabilitativa del Centro Boggiano Pico, polo specializzato in disturbi del neurosviluppo dell’Opera Don Orione. “Il ruolo del robot è fondamentale in questo tipo di trattamento – spiega Davide Ghiglino, ricercatore del team IIT – interagire con un essere umano, in questo caso, fornirebbe una quantità di stimoli troppo elevata e difficile da interpretare per individui con disturbi dello spettro autistico”. Invece, “un robot ripete la stessa azione nello stesso identico modo un numero infinito di volte – aggiunge Agnieszka Wykowska – cosa che risulterebbe impossibile per un essere umano. Nello stesso tempo, le competenze del terapeuta sono insostituibili”.
In Italia sono almeno 600 mila le persone, e quindi le famiglie, interessate dall’autismo. Dei 435 mila nuovi nati nel nostro paese nel 2020, più di 4000 potrebbero ricevere la diagnosi di spettro autistico nel corso dell’età evolutiva. In Liguria, dal 2008 a oggi il numero dei pazienti seguiti dai servizi territoriali delle Asl è triplicato, passando da meno di 500 a oltre 1500. Questo progetto di sperimentazione multidisciplinare punta sull’interazione tra il robot iCub e un gruppo di bambini già inseriti nel percorso terapeutico del centro. Le persone affette da autismo hanno infatti difficoltà a cogliere la prospettiva spaziale di chi si trova di fronte a loro: un tipo di abilità è alla base di numerose competenze sociali. Il programma di trattamento, dunque, è un primo passo per fornire ai giovani pazienti un aiuto per acquisire gli elementi di base per l’interazione sociale, migliorando la qualità della loro vita.
Al centro Boggiano Pico sono seguiti circa 200 bambini e adolescenti con problemi legati al neurosviluppo, di cui 80 con un disturbo dello spettro autistico. La sperimentazione – la cui fase iniziale si concluderà a giugno dell’anno prossimo – coinvolge bambini della prima infanzia che già sono seguiti nella struttura: ognuno di loro effettuerà il training per due mesi. A coordinare il progetto per l’Opera don Orione, la neuropsichiatra infantile Tiziana Priolo e la psicologa Federica Floris: “Il punto è che io sono perfettamente in grado di descrivere la posizione degli oggetti rispetto a me stessa e, di conseguenza, rispetto ad un altro soggetto– spiega Floris – per chi presenta un disturbo dello spettro autistico questa competenza potrebbe non essere così immediata acquisire la capacità di elaborare informazioni spaziali relative a un punto di vista differente dal proprio potrebbe aiutare a sviluppare competenze riconducibili all’ambito dell’empatia, come la conoscenza delle proprie emozioni, il loro controllo, il riconoscimento di quelle altrui e la gestione delle relazioni”.
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