Nonostante il successo del suo debutto da regista nel 2003 con Monster (che ha fruttato a Charlize Theron un meritatissimo Oscar) Patty Jenkins prima di dirigere un altro film è rimasta in panchina per 14 anni. Poi, nel 2017, Zack Snyder, stavolta in veste di produttore, la sceglie per Wonder Woman, dimostrando ai macho degli Studios che le donne dietro la cinepresa possono essere campionesse creative oltre che di incasso: il film, costato 150 milioni di dollari, ne ha fruttati 821. Rimandato più volte a causa della chiusura dei cinema per la pandemia, a gennaio dovrebbe finalmente arrivare in sala il secondo capitolo della saga, Wonder Woman 1984, scritto da Geoff Johns e la stessa Jenkins, con la star israeliana Gal Gadot a vestire ancora una volta i panni della supereroina.
Mrs. Jenkins, perché raccontare un altro momento della vita di Wonder Woman?
"Innanzi tutto io sono una fan dei film di supereroi, e lei ha un posto speciale nel mio cuore. È diventata Wonder Woman nel primo film e sentivo il bisogno di raccontare meglio la sua storia, prima che incontrasse altri eroi dell'universo DC. Amo questo personaggio perché è una donna complessa, e nel primo film non è stato possibile descrivere tutti gli aspetti della sua personalità. Mi piace come affronta le situazioni, come cerca di risolvere i problemi e cosa può fare per il mondo. Gal Gadot è materna e guerriera allo stesso tempo proprio come lo è nella vita privata. Spero che l'evoluzione di questo personaggio possa ispirare le nuove generazioni a pensare a un mondo diverso".
Il personaggio, creato dallo psicologo William Moulton Marston e dal disegnatore Harry G. Peters, è nato nel 1941. Perché è ancora rilevante?
"Per i suoi principi di verità, integrità e amore. In questo momento è molto importante celebrare queste qualità. Lei è un altro tipo di eroe: non è il buono che sconfigge il cattivo, perché non c'è un solo cattivo, ce ne sono tanti, tutti abbiamo le nostre colpe. Oggi servono altre forme di eroismo. Lo è il perdono, lo è la diplomazia, lo è la compassione".
La sua Wonder Woman è vulnerabile, non è invincibile…
"E non lo sarà mai. È interessante proprio perché non è perfetta. Da bambina mi sono innamorata di Christopher Reeve nel ruolo di Superman proprio perché era vulnerabile non soltanto verso la kryptonite, ma nei confronti dell'amore e degli inganni. Era un ingenuo che credeva che le persone avessero solo buone intenzioni".
Il primo film era ambientato durante la Prima guerra mondiale. Perché stavolta ha scelto proprio il 1984?
"È stato un anno magico. Pensi ai film usciti in quell'anno: Un piedipiatti a Beverly Hills, Ghostbusters, Footloose, Gremlins, Indiana Jones e il tempio maledetto, Splash.Una sirena a Manhattan, Terminator, Purple Rain, Nightmare. Dal profondo della notte, The Karate Kid. Per vincere domani: tutti dei classici del cinema. Gli anni 80 sono stati un periodo di eccessi, e proprio per questo hanno anche molto in comune con il 1918 in cui è ambientato il primo film. Stiamo parlando di uno tra i periodi peggiori dell'umanità, tra i più eccessivi e opulenti, anche se artisticamente è stato molto creativo. Io poi sono cresciuta guardando e amando la Wonder Woman di Lynda Carter e volevo renderle omaggio".
Ha dichiarato che l'idea del secondo film le è venuta in mente girando il primo. Ha già pensato al terzo capitolo?
"Sì, e sarà anche l'ultimo che dirigerò della serie. Questo film l'ho pensato dal punto di vista di una fan e ho scelto di ambientare le sue vicende in un mondo che le appartiene, almeno per quanto riguarda l'immaginazione. Il terzo film parlerà di ciò che Wonder Woman rappresenta nella cultura pop".
Ha lavorato anche alla colonna sonora?
"Ho iniziato ad amare il cinema grazie alle colonne sonore, che danno il vero pathos a ogni film. Ho scelto personalmente tutte le canzoni, ma la colonna sonora è curata dal maestro Hans Zimmer, non è una composizione di hit anni 80. Recentemente parecchi film hanno utilizzato brani di quel periodo, e quindi ho evitato di fare la stessa cosa. Ho trattato questo film come se fosse stato girato allora".
Che cosa l'ha portata a Hollywood?
"Il mio amore per Superman. Dopo Monster pensavo che avrei potuto dirigere un film di supereroi, ma in quel periodo Christopher Nolan stava girando Batman Begins e lo studio non voleva fare un altro film sul genere. Mi avevano proposto la regia di Thor: The Dark World, ma non volevano che mettessi mano alla sceneggiatura. È molto difficile per una donna girare soltanto film pensati per un pubblico maschile, così ho rifiutato".
Quali sono le sue icone cinematografiche?
"Da ragazza non avevo nessun interesse per questo mestiere, anche se ero ossessionata da Pedro Almodóvar i fratelli Coen, Spielberg e Robert Zemeckis. La mia passione è sempre stata la musica. Ho iniziato a interessarmi al teatro, alla pittura, alla fotografia, alla videoarte: mi ha sempre attratta l'avanguardia, i primi punk, e tutto quello che gravitava intorno all'arte elettronica. Da bambina ho vissuto molto all'estero, mio padre era un militare, abbiamo viaggiato parecchio, quindi mi sono ritrovata ad avere un background molto eclettico. Ma finché non sono diventata regista non ho capito quanto fosse stata importante questa formazione internazionale".
E il cinema quando è arrivato?
"Seguii un corso di cinema sperimentale e boom, ho capito che musica e immagini avrebbero potuto interagire in maniera profonda. Volevo che la gente provasse lo stesso feeling che avevo provato io durante questa scoperta. Ho inziato a girare, a propormi come camerawoman senza stipendio, e ho trovato persone disposte a insegnarmi il mestiere. Non ho mai pensato a me come a una donna regista, solo come a una regista".
Sosterrebbe l'idea, come accade per il miglior attore e la migliore attrice, di creare una nuova categoria degli Oscar dedicata alle registe donne?
"Assolutamente no. Sarebbe come accettare l'idea che una donna non possa fare dei film belli tanto quelli girati dagli uomini. Sarebbe giusto creare un Oscar per il miglior attore nero o gay?".
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