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Che la task force sia con te

Se non vuoi risolvere un problema – diceva Bettino Craxi – allora nomina una bella commissione. Sarà per questo che in Italia s'affollano i problemi, sarà per l'incessante lavorìo d'affollate commissioni. Un vecchio escamotage della politica italiana, che in tempi di Covid sta incontrando la sua più fulgida stagione. Ultimo (o forse ormai penultimo) episodio della serie: il comitato che dovrà amministrare i miliardi del Recovery Fund, annunciato dal presidente Conte alla fine di novembre. Una tavola imbandita con 300 posti a sedere. Sarà dura trovare locali così ampi da ospitare tutti i commensali. Magari potranno riunirsi al Colosseo, che oltretutto ha il vantaggio di svilupparsi su tre piani, come questa super-commissione. I 300 esperti verranno infatti sormontati da un comitato esecutivo di 6 tecnici, a sua volta diretto da una cabina di regia politica di altre 3 persone (il premier e un paio di ministri). E come faranno a non pestarsi i loro 618 piedi? Semplice: i 300 elaborano proposte (auspicabilmente meno di 300); i 6 manager – dichiara Palazzo Chigi – avranno "compiti di vigilanza tecnica, coordinamento, monitoraggio", qualsiasi cosa voglia dire; e i 3 politici sceglieranno fior da fiore, annusandone gli odori, mentre noi ci tureremo il naso.
Ecco perché le commissioni d'esperti (o le task force, come si dice adesso) sono così preziose per la politica italiana: perché formano uno schermo di fronte a decisioni impopolari, perché permettono d'addossarne la responsabilità alla Scienza, anche quando dalla Scienza arrivino proposte biforcute, sicché decide – di fatto – la Politica. Succede da sempre, ma a quanto pare il Covid ha alimentato l'infezione. Tanto che ad aprile, durante il primo lockdown, il Sole 24 Ore aveva contato 15 gruppi di lavoro nazionali con oltre 450 esperti, nonché altri 30 a livello locale con almeno 400 componenti. Fra questi, le task force anti Covid nominate dai governatori regionali (per esempio in Lombardia, con 27 fra virologi, epidemiologi, professorologi). Quella istituita dal ministero della Salute, già peraltro stabilmente supportato dal Consiglio superiore di sanità e dall'Istituto superiore di sanità. La commissione di 76 esperti che avrebbe dovuto assistere la ministra per l'Innovazione nella lotta digitale al virus. Il comitato tecnico-scientifico al servizio della Protezione civile, con una composizione a fisarmonica (prima 7 membri, poi una ventina, poi ancora 12, finché non se ne è perso il conto). La task force "Donne per un nuovo Rinascimento", presieduta dalla ministra Elena Bonetti. I 39 membri dell'Unità operativa del commissario Arcuri. La commissione Colao (17 uomini, poi integrati da 5 presenze femminili), battezzata in gran pompa dal presidente Conte e deceduta senza nemmeno un funerale.

Ma il record probabilmente spetta alla scuola, dove la ministra Azzolina radunò un esercito di 123 soldati per impostare gli esami di maturità. Rinverdendo, del resto, un'antica tradizione. Nel 1978 una commissione di 60 esperti fu incaricata di riscrivere i programmi della scuola media. Nel 1981 altri 20 signori s'occuparono dei programmi delle elementari. Nel 1986 a una nuova commissione toccò in sorte la materna. Nel 1988 la commissione Brocca venne chiamata ad occuparsi del primo biennio della secondaria superiore. Nel 2000 alla commissione De Mauro fu affidato il riordino dei cicli scolastici: 300 esperti (crepi l'avarizia), che non cavarono però un ragno dal buco.

D'altronde è un destino ricorrente: le commissioni saranno forse utili per i governanti, quasi mai per i governati. Ne sono prova le Bicamerali, via via chiamate al capezzale della Costituzione: commissione Bozzi (1983-1985), commissione De Mita-Iotti (1993-1994), commissione D'Alema (1997). Dopo quel fiume di progetti e di parole, la nostra vecchia Carta è ancora lì (e meno male), ma ha corso un bel pericolo. Così come restano tutti i guai della giustizia, nonostante i suoi troppi commissari. Un solo dato: nel triennio 1999-2001, al giro di boa del nuovo millennio, il ministero di via Arenula ha fatto spazio a 11 commissioni, affaccendate sulle più varie riforme, dal diritto di famiglia al processo del lavoro. Ma la giustizia italiana è sempre inefficiente, non meno della burocrazia italiana; eppure la prima commissione per la Semplificazione burocratica fu istituita nel 1918, un secolo fa. Tuttavia non è abbastanza, come mostra la Finanziaria che il governo s'appresta a cucinare. Dove s'affacciano, tra le nuove creature, il Comitato impresa donna e il Comitato per la finanza ecosostenibile. Che mai faranno? Vattelappesca. Potrebbero però trarre un esempio dalla commissione d'inchiesta sui rifiuti, istituita nel 1995 senza mai svolgere alcuna attività nel corso della legislatura. Quella volta l'unico rifiuto preso in esame dai suoi commissari fu il rifiuto di riunirsi.

Sul Venerdì del 18 dicembre 2020

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