Una combinazione di due materiali semiconduttori – perovskite e silicio – usati in tandem per rendere le celle solari ancora più ottimizzate per la produzione di energia elettrica, raggiungendo valori record di efficienza. È quanto è appena riuscito a fare un team di ricercatori dello Helmoltz-Zentrum Berlin fur Materialen und Energie (Hzb) che, come annuncia sulle pagine della rivista Science, ha messo a punto una cella solare combinando opportunamente perovskite e silicio con la quale è stato possibile arrivare molto vicini alla cosiddetta “soglia magica” del 30% di efficienza, che vuol dire trasformare in energia elettrica quasi un terzo della luce solare che colpisce la cella. Il segreto, spiegano gli scienziati, sta nel fatto che le celle solari di questo tipo riescono a sfruttare una porzione più ampia dello spettro solare, coprendo le frequenze dell’infrarosso con il silicio e quelle della luce visibile con la perovskite.
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Il fatto che l’intuizione di combinare silicio e perovskite fosse corretta era già chiaro da tempo. Alla fine del 2018, gli autori dello studio appena pubblicato avevano messo a punto una cella solare a base di silicio ricoperto da uno strato di perovskite, con la quale erano riusciti a raggiungere un’efficienza del 25,5%. Poco tempo dopo un altro gruppo di scienziati, dell’azienda Oxford Photovoltaics Ltd, hanno annunciato di aver raggiunto, con un approccio molto simile, un’efficienza del 28%. La palla è tornata quindi ai ricercatori dello Hzb, che a gennaio scorso hanno aggiunto al dispositivo un elettrodo speciale, rendendo il composto silicio-perovskite ancora più stabile e riuscendo così a raggiungere un’efficienza del 29,15%. La cella ha funzionato egregiamente per oltre 300 ore, esposta al vento e a luce solare simulata, senza neanche la necessità di essere coperta con uno strato protettivo come invece avveniva nei modelli precedenti.
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Raggiungere un’efficienza così elevata non è stato semplice. “Abbiamo dovuto ottimizzare il cosiddetto fill factor”, ha spiegato Amran Al-Ashouri, uno degli autori del lavoro, “ovvero una grandezza che rappresenta quanti portatori di carica elettrica si ‘perdono’ durante il cammino sulle celle di perovskite”. Ottimizzando opportunamente la superficie di contatto tra perovskite ed elettrodi sottostanti, gli scienziati sono riusciti a minimizzare le perdite di corrente, ed è stato questo il fattore cruciale che ha permesso di arrivare all’efficienza record.
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“Siamo molto vicini alla massima efficienza teorica raggiungibile con celle di questo tipo, che abbiamo stimato essere attorno al 32,4%”, ha concluso Albrecht. “Di sicuro a breve supereremo il 30%”.
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