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Milan, il coro dei giocatori e quel messaggio dal pullman: attenti, noi siamo felici, possiamo battere tutti

Ci sono scudetti che nascono in coro, ma proprio alla lettera: cantando a squarciagola. Il video dei giocatori del Milan che adattano "Freed from desire" per il loro team manager mentre il pullman li riporta indietro dopo l'ennesima vittoria, non è solo un momento virale. Può sembrare un canto di ragazzi in gita, e questo in fondo i calciatori sono, in gita perenne in un tempo felice anche se non è mai tutto oro, ma è di più un mastice, un collante a presa rapida: è così che si fa gruppo. Ma si può far gruppo solo quando lo si è. Bastassero due strofe e quattro rime, ci proverebbero tutti.

Ed è una storia antica che ritorna. Gli azzurri del mundial '82 cantavano Battiato, erano tempi forse più colti e raffinati e il tormentone apparteneva a un maestro della nostra musica, un autentico classico. I loro più giovani colleghi del 2006, musica diversa ma identica coppa tra le mani, avevano preferito il famoso "popopò" che in realtà aveva una primogenitura romanista e poi si estese alle piazze e alle curve, diventando la colonna sonora di un sogno.

Milan, da 'Will Grigg's on Fire' a 'Sarà Perché Ti Amo': l'euforia dei calciatori sul pullman

Chi canta è contento, e chi canta insieme si fa più forte. I famosi cori alpini altro non erano che un modo per sentirsi ancora di più fratelli nel dolore della guerra, contro la paura mortale del combattimento e per non dimenticare una casa, un paesaggio, un fiore, un dolce viso di donna. Lo spogliatoio è un luogo naturale di forza e unione: gli atleti sono ragazzi nel pieno della loro forza fisica a psichica, vorrebbero solo giocare. Vivono immersi nella musica, a volte persino troppo: si caricano mettendosi le cuffie e isolandosi dal mondo, ma quando poi intonano il loro coro tutti insieme è già un'azione che comincia, già il pallone viaggia da uno all'altro, è quasi l'anticamera di un gol. Che poi l'anima di questo gruppo sia, nel caso del Milan, un incorreggibile goliarda come Ibrahimovic la dice lunga sulla forza carismatica dello svedese: anche quando lui non c'è, il suo spirito permea l'ambiente, è spinta e contagio. Scene come quella del pullman canterino sono un segnale: attenzione, perché il Milan è felice e quando si è felici si può arrivare ovunque.

Poi, va anche detto che lo spirito di gruppo e di amicizia non è indispensabile per vincere. Se c'è è meglio, però non mancano vittoriosi e esempi contrari. La Juventus di Platini e Boniek, cioè una delle più grandi squadre italiane di ogni tempo, aveva fuoriclasse che non andavano quasi mai a cena insieme, a parte le coppie dei grandi fratelli come Zoff e Scirea, oppure Rossi e Cabrini. Quando Michel Platini arrivò a Torino, per mesi attese anche solo una serata per una pizza tutti insieme, ma quel giorno non veniva mai. Alcuni illustri compagni bianconeri lo chiamavano "quello là", in fondo loro erano quasi tutti campioni del mondo e Michel no. Così il francese giocava a scopa con Zibì Boniek, e occorse non poco tempo per fare di quella squadra un gruppo: formidabile in campo, riservatissimo fuori. Nessuno, in quello spogliatoio di giganti, si sognava di cantare. A loro bastava suonarle a quasi tutti.

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