Il ruggito di Leao è stato veloce, più che feroce, comunque la sua zampata l'hanno vista in tutto il mondo. Anche se il campionato sotto la pandemia appare particolarmente volubile nel ribaltare ogni settimana o addirittura ogni tre giorni le sue sentenze, sarà difficile per chiunque battere il nuovo record stabilito dal ventunenne attaccante portoghese del Milan che pure, in quanto a volubilità, non è secondo a nessuno. La sua fresca carriera è già un fiorire di etichette antitetiche, un giorno campione e l'altro talento sprecato, del resto la velocità del web alimenta il bar sport. Proprio di velocità, in effetti, si tratta. Rafael Leao, col suo gol segnato al Sassuolo dopo meno di sette secondi, si è assicurato un posto probabilmente eterno nella storia della serie A, perché certi gesti sportivi non possono ingiallire e il video li tramanda ai posteri in alta definizione. Forse qualcuno lo supererà, essendo i primati fatti per essere battuti, ma questo ha tutta l'aria di potere resistere come quello del salto in lungo stabilito da Bob Beamon a Città del Messico nel 1968, che soltanto ventitré anni dopo Mike Powell riuscì a infrangere a Tokyo. Nello specifico, dovrà accadere di nuovo qualcosa di straordinario, a parte un eventuale tiro della domenica (o del sabato o del mercoledì, visto che si gioca praticamente sempre): bisognerà trovare un'altra difesa italiana che si allarghi deferente davanti a uno slalomista come Çalhanoglu e soprattutto un altro velocista come Rafael.
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Il talento precario
Il quale peraltro, se ha trovato un posto nella storia del campionato, un posto da titolare nel Milan invece non lo ha ancora: se stanno tutti bene, ha davanti Rebic, Saelemaekers e ovviamente Ibrahimovic. Può consolarsi con una constatazione logica: è verosimile che l'istantanea prodezza di Reggio Emilia abbia almeno allontanato il rischio, sussurrato a Milanello da qualche settimana, del prestito da qualche parte a gennaio. Perché, a furia di aspettare che il giovane Rafa esplodesse, lui stava implodendo. Risale al 7 luglio 2020 la partita in cui sembrò all'altezza della nomea di predestinato al successo. Dopo un'ora Milan-Juventus era sullo 0-2. Poi entrò lui e finì 4-2. Leao segnò il gol del sorpasso e in generale spaccò la difesa avversaria: fu quella la partita in cui il Milan capì di potere vincere contro tutti, l'inizio della scalata all'attuale primato. Peccato che alla consapevolezza della squadra non si sia accompagnata la sua, di Leao: ha continuato a vivere nella dimensione del campione potenziale, del pupillo di Ibrahimovic, del potrei ma non voglio. O non riesco, che poi nel calcio è la stessa cosa. Certo, non è stato fortunato. Al rientro dalle vacanze, tra la scorsa stagione di rodaggio (6 gol) e questa in corso, lo hanno fermato prima il coronavirus e poi a novembre un infortunio muscolare.
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dal nostro inviato
Enrico Currò
La condanna del Tas
Però fino a Reggio Emilia aveva fatto solo due gol allo Spezia e uno in Europa League, più due assist a Ibra e uno a Saelemaekers: un po' poco, per uno pagato 23 milioni di euro al Lille nell'estate 2019 e presentato come il campione del futuro. A Milanello il giovane e talvolta distratto Rafa – che della recente nidiata d'oro del Portogallo (Ruben Dias, Joao Felix, Diogo Jota, Trincao) non è considerato il meno talentuoso – ha confermato la fama che lo precedeva sul campo, nel bene e nel male: immarcabile quando scappa sulla fascia, sinistra o destra non fa molta differenza, e tuttavia refrattario alle consegne tattiche, al punto che non si capisce quale sia il suo ruolo: ala, seconda punta o centravanti? Forse di tutto un po', come in fondo è accaduto in Emilia, dove ha ricoperto tutti i ruoli dell'attacco senza averne uno fisso, il che lo ha reso spesso imprendibile e ha spalancato corridoi alle incursioni dei compagni. Dovrà confermarsi. E' la condanna della fama calcistica precoce: è il migliore prodotto delle giovanili dello Sporting Lisbona, la squadra da cui Cristiano Ronaldo spiccò il volo per Manchester, dissero i responsabili dell'accademia del club. Adesso non lo dicono più. Lo Sporting, che per ironia della sorte ha come simbolo un leone ruggente, ha fatto causa a Leao, vincendola: il Tas ha condannato il giocatore al pagamento di 16,5 milioni di euro per la rescissione unilaterale del contratto, nel 2018, quando abbandonò lo Sporting (la clausola era di 45 milioni) per l'aggressione degli ultrà alla squadra, al centro di allenamento di Alcochete. "Nessuno ha toccato Rafael", è la tesi dell'accusa. Nei giorni scorsi a Leao, che passò gratis al Lille dal quale il Milan lo ha poi acquistato con un ingaggio di poco meno di 1,7 milioni, sono stati pignorati beni per 35 mila euro.
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Simbolo del Bairro
Le vicende extrasportive di Rafael sono state spesso tortuose. Nel 2008, quando aveva 9 anni, il Benfica, dove lui sognava di giocare, contattò la sua prima squadretta, l'Associação Foot 21. Lo Sporting spiegò a papà Antonio che il suo settore giovanile era migliore. Era un derby allo sprint. Si risolse col deposito del contratto alle 5 del mattino: la spuntò il club più veloce. Intanto Rafael diventava l'idolo dei suo quartiere difficile, Bairro de Jamaica, a sud di Lisbona, distretto di Setubal. Nato ad Almada – che sta sotto la grade statua del Cristo Re, sulla sponda del Tago a dieci minuti di traghetto dal mercato di Cais do Sodré – a Jamaica è cresciuto e non lo ha dimenticato. Legatissimo ai genitori, ha regalato alla madre un salone di parrucchiera a Lisbona e dedica al padre il gesto della cornetta del telefono, dopo i gol, "perché non sempre poteva venire a vedermi giocare". Tornato nei luoghi dell'infanzia due anni fa, nel dicembre 2018, postò una foto in cui era avvolto in una felpa rossa con cappuccio, i pugni incrociati: molto rap e poco fado. "Sono cresciuto qui come un topo, per diventare un leone". Leao, appunto. A inizio 2019, dopo alcuni disordini e i conseguenti arresti a Jamaica, definì "triste e rivoltante il modo in cui vengono trattati dalle forze dell'ordine i residenti dei quartieri poveri", adombrando il razzismo, lui che è di origini angolane. Le similitudini con Balotelli non mancano, a cominciare dall'importanza del procuratore. Per Mario, Raiola. Per Rafael, Mendes, che l'estate scorsa lo avrebbe suggerito al Wolverhampton e proposto alla Juventus, scontrandosi col no del Milan. A Lille Leao meritò un soprannome: lo Mbappé portoghese, che detto dai francesi è certamente un complimento. Chissà che il gol lampo al Sassuolo non glielo abbia restituito.
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