E così, all’improvviso, è arrivato un nuovo singolo di Franco 126, 28 anni, a un anno di distanza dall’eccellente Stanza singola che lo ha portato all’attenzione del grande pubblico. Si intitola Blue Jeans e vede anche la partecipazione di Calcutta, una sorpresa in un brano che mette insieme due personalità molto diverse e molto interessanti della nuova musica italiana. “Il pezzo è nato parecchio tempo da, i primi spunti li ho messi giù nel periodo di Stanza singola, ma l’ho portato a termine nel 2019, una canzone con una vita lunga, diciamo.
Cosa mancava per completarla?
"Niente, in realtà, solo che non aveva senso nel contesto di quel del disco. Quindi ci abbiamo continuato a lavorare, è uno dei quei pezzi che magari li scrivi sulla chitarra, poi li arrangi, provi, riprovi, fai cambiamenti, poi entra il pianoforte… Alle volte ci vuole tempo prima di avere una canzone che ti soddisfa a pieno. Ora è a posto, e finirà nel prossimo album”.
E la collaborazione con Calcutta com’è nata?
“In maniera naturale, anche perché lavoriamo con la stessa etichetta. Ho grande rispetto per lui, è un bravissimo autore, ha creato una corrente, un’onda, che ha aperto la strada per tanti gruppi e autori. Da Mainstream in poi il suo cantautorato ha aperto tante porte, tanta gente ha seguito la sua strada. Mi piace molto la sua spontaneità, fa sempre le cose che vuole, è molto puro in quello che fa, niente compromessi, ha un atteggiamento che apprezzo molto. Quando il pezzo era pronto gli ho mandato il materiale e lui ha cantato. Gli ho chiesto di cantare la seconda strofa e lui ha accettato, l’ho preso come un attestato di stima, anche perché, come qualche volta capita, in questo caso era davvero meglio che la seconda strofa la cantasse lui”.
Collaborare con altri artisti che esperienza è?
“Scrivere con altri è un esperienza stupenda, credo che sia una roba che ti completa, ti fa trovare nuovi stimoli, sennò tendi a fare le solite cose. Invece, avere delle visioni differenti, modi diversi di intendere le cose, ti aiuta a fare cose nuove. Ed è fondamentale, perché la cosa più noiosa per uno che fa musica è ripetersi, non c’è nessuna sifida, meglio invece spingersi più lontano che si può”.
Dopo il successo di “Stanza singola” affrontare un nuovo lavoro comporta delle pressioni?
“In realtà no, perché faccio il disco che voglio fare. Lo so da me che deve essere bello, non ho bisogno di pressioni oltre la mia. Ma se lo dovessi fare, qual è il termine di paragone? Se piace? Se vende? Se viene recepito? Se emoziona chi ascolta? Non mi pongo queste domande e provo ad emozionare me stesso, a muovere dei tasselli per vedere un’immagine diversa, a fare qualcosa che mi convinca. E basta”.
Quello che sta lavorando al nuovo album è ancora lo stesso Franco di quando ha cominciato? La 126 è ancora una squadra che percorre la strada insieme insieme?
“126 è ancora una squadra, è ancora una costante, sono i miei amici, quelli che vedo tutto il tempo che posso. Sicuramente quell’aspetto è rimasto uguale, mentre invece è ovviamente cambiata la mia vita, posso fare questo lavoro a tempo pieno, con tutti i pregi e i difetti del fare il musicista come professione. Non hai quella stabilità emotiva che ti dà un lavoro fisso: prima lavoravo, sapevo di aver fatto il mio lavoro e portavo a casa quello che ne derivava, avevo la stabilità attorno. Fare il musicista ti mette difronte a dinamiche di stress differenti, anche economiche. Ma è esattamente quello che volevo fare, quindi, frequento gli stessi posti, ho lo stesso giro di amici, magari c’è qualcuno in più che mi ferma per strada perché mi riconosce, ma sostanzialmente non è cambiato niente”.
Si sentirà più artista, ora che fa solo questo…
“Sicurante mi sento più artista, il riconoscimento della gente conta, prendi coscienza di quello che sei, delle tue capacità, delle tue possibilità. Se fai musica in qualche modo hai bisogno di un certo tipo di approvazione, lo fai per te stesso, ma hai bisogno che le persone sentano quello che hai da dire. E’ fondamentale, è appagante”.
Scrivere in questi tempi è stato più facile o più difficile?
“Sicuramente è più difficile, perché comunque nessuno di noi oggi vive la vita a pieno. Hai meno stimoli, hai meno idee, certo puoi prendere tanto da libri e film, ma non hai quello che assorbii dalle situazioni e dalle persone. Oltre alla mancanza dei concerti, che ha un peso anche in fase creativa. C’è un blocco, insomma, non è facile scrivere in un momento del genere, sembra di scrivere cose non vere, che non vivi, fai fatica a scrivere di una cosa che neanche alla lontana fa parte dell’esperienza di tutti. Io non scrivo di me stesso ma è evidente che la vita entra comunque nelle mie canzoni. Ma si va avanti, scriveremo cose diverse per tempi diversi, anche da esperienze come queste può nascere qualcosa di bello”.
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