Continua la battaglia tra Stati membri per l’etichetta nutrizionale. L’aria natalizia non ha addolcito la battagliera ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che nel consiglio europeo della scorsa settimana con i suoi omologhi ha ribadito il suo “no” al Nutriscore, l’etichetta a semaforo che indica la salubrità di un cibo con un colore (da verde a rosso) e una lettera (da A a E) ed è il cavallo di battaglia di Francia e Germania. Secondo l’Italia il Nutriscore è una soluzione semplicistica che danneggia i prodotti tipici del nostro Paese a favore di altri di minor qualità.
Proprio la Germania sperava di chiudere il suo semestre di presidenza europea con un altro successo: il Consiglio infatti avrebbe dovuto dare il via libera all’accordo che avrebbe spianato la strada a un’etichetta nutrizionale obbligatoria e uguale per tutti dal 2022. Invece è stato un fallimento e quelle che avrebbero dovuto essere le “conclusioni del Consiglio” sono state declassate a “conclusioni della presidenza”. Tradotto: la Germania vuole l’etichetta obbligatoria ma altri no. Italia in testa.
“L’Italia ha tenuto duro nonostante la fortissima pressione esercitata dalla Germania – commenta Paolo De Castro, capogruppo in commissione Agricoltura del Parlamento Ue – e non si capisce il motivo di tanta fretta: la commissaria alla Salute Stella Kyriakides ha già detto più volte che la Commissione non metterà sul tavolo una proposta definitiva fino alla primavera del 2022: c’è tutto il tempo per lavorare”.
La ministra Bellanova ha portato dalla sua parte anche Grecia e Repubblica Ceca, che nell’ultimo consiglio hanno votato compatte insieme all’Italia. Ma ce ne sono altri quattro più defilati che si oppongono al semaforo franco-tedesco e sono Cipro, Ungheria, Lettonia e Romania. Dall’altra parte, insieme a Francia e Germania ci sono Spagna, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.
“Il fatto che il Consiglio non sia arrivato a una posizione definitiva, significa che non possono partire i negoziati con il Parlamento europeo. Non si può, insomma, lavorare sulla forma finale di questa normativa” spiega una fonte dell’organo legislativo europeo. “Il Parlamento è pronto da tempo, ma se il Consiglio non trova una soluzione non resta che aspettare”.
Come detto, il tempo non manca: l’idea è di introdurre l’etichetta uguale per tutti da fine 2022. Nel frattempo il Beuc, che riunisce esponenti del consumerismo di tutti i Paesi Ue, accusa l’Italia pur senza nominarla: “E’ una vergogna che una minoranza di Paesi continui a osteggiare soluzioni che aiuterebbero i cittadini a orientarsi verso cibi più sani” tuona Monique Goyens, direttrice generale del Beuc. “Ci sono evidenze scientifiche di alto livello secondo le quali Nutriscore è il modello più efficace e pensiamo che debba essere adottato in tutta Europa” continua Goyens.
De Castro sottolinea però come il fronte del “no” al Nutriscore non sia composto solo da alcuni Paesi, ma “dalla maggior parte del mondo produttivo di tutta Europa” e cita la posizione di Copa-Cogeca (che riunisce la maggior parte degli agricoltori a livello europeo), l’Eda (l’industria europea del latte) e tutti i produttori di alimenti a denominazione d’origine.
Batteria vs semaforo. Nel frattempo l’Italia ha approvato il decreto che fa sbarcare tra i nostri scaffali il Nutrinform. L’etichetta non è obbligatoria, non si applica alle Dop e alle Igp e indica la quantità di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rapportando il dato con la quantità giornaliera di assunzione raccomandata. La “batteria” serve a capire, ad esempio, che una volta mangiata quella merendina sarà meglio non assumere altro zucchero nel corso della giornata. Nutriscore è più immediato: per 100 grammi di prodotto viene calcolata la salubrità attraverso un complesso algoritmo che tiene conto di ingredienti sani e altri meno sani. Il risultato è una lettera da A a E e un colore da verde a rosso.
L’Italia sostiene che Nutriscore penalizzi la dieta mediterranea, assegnando all’olio d’oliva una lettera C mentre, ad esempio, le patate da friggere sono classificate A e la Coca Cola senza zucchero con B. “Mettereste la Coca Cola nell’insalata? Probabilmente no. Ecco perché non ha senso paragonarla con l’olio d’oliva” spiega il Beuc in un documento pubblicato alcuni mesi fa. Riguardo alle patate, Beuc sostiene che la lettera A si riferisca al prodotto per com’è venduto (appunto, patate tagliate e congelate) non potendo sapere se poi verranno fritte in forno o in padella, con quale tipo di olio e quanto sale.
“Il Nutriscore non informa il consumatore ma lo condiziona” dice De Castro. “Dare la pagella ai cibi è discriminatorio e dannoso e non funziona neanche nella lotta all’obesità, che certo dev’essere l’obiettivo di tutti. In Europa ci dicono che il nostro Nutrinform è meno ‘sexy’, ma in compenso è il più completo e soprattutto non si presta a strategie commerciali da parte della distribuzione, che in alcuni Paesi pubblicizza promozioni sui prodotti ‘verdi’, o la ‘giornata del giallo’”.
Ma c’è anche un terzo sistema che la Commissione prenderà in considerazione ed è quello cosiddetto “a serratura” in vigore nei Paesi scandinavi: premia il miglior prodotto nelle diverse categorie con un bollino verde. Il terzo incomodo che, in mezzo alla baruffa tra i giganti d’Europa, alla fine potrebbe avere la meglio.
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