Sono scafate, per nulla ingenue, complesse, sfidanti, umorali e soprattutto " rispustiere", dotate cioè di un’attitudine alla risposta puntuta, aggettivo che in siciliano ha effetto lievemente dispregiativo se declinato al femminile, perché dalle donne ci si aspetterebbe assenso e non una risposta tagliente. Possono essere anche sgarbate, sgradevoli, capricciose e vendicative, insomma non sono esemplari, ma ambiscono sicuramente a essere molto più libere del loro modello di partenza..
Così sono le protagoniste della raccolta di fiabe "E tutte vissero felici e contente" di Emma Dante, illustrate dalla prodigiosa Maria Cristina Costa per la nuova edizione pubblicata dalla Nave di Teseo. Quattro grandi classici, quattro riscritture, quattro studi su alcuni archetipi femminili e familiari: "Cappuccetto rosso vs Cappuccetto rosso", " La bella Rosaspina addormentata, " Gli alti e bassi di Biancaneve" e " Anastasia, Genoveffa e Cenerentola".
Le ultime tre fiabe erano già uscite per " Baldini& Castoldi" nel 2014, sempre in coppia con i disegni della Costa, e dialogano con la prima trilogia alla quale si è dedicata la Dante a teatro, indagando sulle famiglie disfunzionali; in questa edizione si aggiunge la riscrittura di Cappuccetto Rosso in una versione quasi psicanalitica nella quale la bambina incontra il suo doppio.
Cappuccetto rosso è una bambina sola e grassa, trascurata da una mamma vanitosa che le chiude il panierino a chiave per impedirle di divorare la merenda destinata alla nonna. Tra lucchetti e attenzioni negate, un bel giorno nella sua stanzetta si trova a fare i conti con la versione "magra" di se stessa, la Cappuccetto rosso che forse la mamma ha sempre desiderato per sé, e poi addirittura altre Cappuccetto rosso, altre proiezioni di sé che parlano, sfidandosi in lingue diverse. Il lupo non è cattivo, è quasi un impiccio, un rallentamento nella scoperta che Cappuccetto deve fare, ovvero trovare, accettare e magnificare la versione più originale di sé. Sola, ma libera.
In Rosaspina colpisce molto come la maledizione della fata Oscura, quella che non viene invitata alla festa del battesimo, risuoni nell’atteggiamento ossessivo/protettivo dei genitori attempati, vera prigione della ragazza che a un certo punto va in cerca del suo destino, accettandolo con tutte le sue " spine". Il risveglio in una società più disincantata che altro, avvia all’epilogo dove l’amore, non solo quello eterosessuale, trionfa su tutto.
Ne " Gli alti e bassi di Biancaneve" la trama rimane più o meno la stessa, è la caratterizzazione dei personaggi a risaltare, come la regina e il suo alter ego maschile, la " bambolettitudine" di Biancaneve e soprattutto i nani, che tali sono diventati a seguito di un’esplosione in miniera nella quale hanno perso le gambe. Qui lo specchio è quello delle visioni distorte che ci fa alti o bassi, grassi o magri, buoni o crudeli. E mentre Biancaneve si gode il suo principe che si perde anche con il navigatore, non si può non empatizzare con la regina che resta imprigionata nel suo stesso incantesimo.
Infine " Anastasia, Genoveffa e Cenerentola" sono la più " dantesca" delle riscritture, quasi delle sorelle Macaluso dove però il sentimento di sorellanza deflagra da subito in una competizione goffa. Lo scenario è tipicamente siciliano e Cenerentola non perdona, anzi.
Lette di seguito sicuramente queste favole mettono in crisi gli stereotipi con i quali molti di noi sono cresciuti e, se da un lato, si tira un sospiro di sollievo e libertà perché ci si affranca dal pietismo e dalla dittatura del " lieto fine" convenzionale, dall’altro c’è il rammarico perché è come se queste "ragazze favolose" non si fossero davvero emancipate, prendendo il meglio del tempo presente. Non c’è ancora spazio per Cappuccetto Rosso e Biancaneve animaliste che si spendono per il lupo e il cerbiatto, o per far sì che Cenerentola e le sue sorelle scoprano il sentimento della solidarietà. E i principi, quando non sono principesse, sono stupidi. E questo è un altro orizzonte da superare.
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