TORINO. Sta prendendo corpo il peggior Torino della storia. Lo dicono i numeri, con gli 8 punti in classifica dopo 13 partite che gridano vendetta. Lo conferma la picchiata che peraltro dura fin dall'inizio dell'anno solare, all'indomani delle due vittorie conquistate lo scorso gennaio contro Roma e Bologna. E poi? Da quel momento la squadra ha come alzato il piede dall'acceleratore, tolto la marcia ed è rimasta in folle per tutto il resto di un 2020 che, escluse quelle due vittorie iniziali, si riassume in 4 successi, 8 pareggi e 20 sconfitte. Roba da mettere insieme la miseria di 26 punti nelle ultime 32 partite di serie A.
Poi c'è la stretta attualità che parla di una sola vittoria in 13 giornate di campionato (mai successo) e un punticino strappato in casa ad un Bologna che avrebbe meritato di più, il che rende la posizione dell'allenatore Giampaolo più traballante che mai. Il dopo-partita di oggi è stato un mesto refrain visto e rivisto tante volte: i giocatori che se ne vanno a testa bassa, la società chiusa in conclave, Cairo che esce quand'è ormai buio. Il presidente se n'è andato un attimo prima delle 16,30 e si è infilato in auto più veloce di un dribbling tentato da Meité: "Che vi devo dire? Non ho niente da dire, Buon Natale". E ai cronisti che provavano a sollecitare qualche parola in più per capire cosa potesse accadere nelle prossime ore ha aggiunto: "Non succede niente, che deve succedere?" Già, che cosa deve succedere?
Per il momento, probabilmente, non accadrà nulla, ma le porte del nuovo ribaltone sono già aperte: mercoledì a Napoli soltanto un miracolo calcistico nella terra di Maradona può impedire ai granata di incassare la lezione numero 21 dell'orripilante 2020, il che dovrebbe portare in dote il ribaltone. Giampaolo finirà per pagare con l'esonero le colpe di tutti, a partire da una squadra che pare ormai avere l'encefalogramma piatto. Ma il problema, ovviamente, ha altre radici che stanno all'interno della società. Tralasciamo le responsabilità da passato remoto per soffermarci soltanto su ciò che è accaduto nella scorsa estate, quando la società optò per la rivoluzione in panchina senza però accostare anche un ribaltone sul mercato. E così si scelse un allenatore affezionatissimo alle proprie idee e per nulla camaleontico, accompagnando il suo approdo con un mercato mal architettato dal dt Vagnati; un mercato che si è rivelato dimesso in entrata e bloccato in uscita.
Serie A: l'incredibile metamorfosi del Torino, la squadra che "scompare" nel secondo tempo
di
Enrico Sisti
Il risultato è che oggi la rosa è mal assortita, con quattro portieri ma nemmeno l'ombra di un regista e di un trequartista; ma soprattutto ci sono tanti giocatori che avrebbero voluto cambiare aria e che invece sono rimasti controvoglia. Giampaolo ci ha provato anche con la rivoluzione dello spogliatoio, ha messo da parte prima Izzo, poi Nkoulou e Zaza, quindi pure Sirigu ma quando mancano armonia e compattezza fare strada diventa difficile. E così la squadra si è ritrovata a non giocare mai da squadra, inanellando rimonte su rimonte – addirittura 8 in 13 partite rimettendoci 21 punti – fino a dare la sensazione di non crederci più. Tanto da ritrovarsi già a dicembre con un piede nel baratro, penultima in classifica e senza la capacità di reagire. Nemmeno a parole, visto che dopo il Bologna Giampaolo è parso quasi fatalista: "La squadra si porta dietro difficoltà dallo scorso girone di ritorno e non è ancora riuscita ad invertire il trend: non si vincono tre partite di fila nella nostra condizione". Mentre Verdi, il marcatore di giornata con il contributo del portiere rossoblù Da Costa, mette a nudo la situazione: "Il nostro è un problema psicologico è la nostra classifica ci mette paura". Quel terrore che attanaglia i muscoli e impedisce di giocare: un fattore che nel 2020 ha condizionato il cammino del Torino.
Commenti recenti