Dalla ribellione contro la volontà paterna che la voleva medico al mestiere di imprenditrice, passando per una laurea in Giurisprudenza e una specializzazione in Diritto societario. La scelta non è stata semplice, e parecchio contrastata. Maria Laura Garofalo, 57 anni, romana, avvocato, papà Raffaele marchigiano, la mamma Fernanda abruzzese, è a capo di un gruppo italiano nel settore della sanità privata accreditata, Garofalo Health care, e controlla 25 strutture in otto regioni da Roma in su. Conta su 1.430 posti letto, tremila tra dipendenti e collaboratori, per l’80 per cento donne, e ha in previsione per il 2020 un fatturato di 230 milioni di euro. Presidente e amministratore delegato, l’imprenditrice insignita del titolo di Cavaliere del Lavoro dal presidente Mattarella, e vincitrice del premio Bellisario 2020, è l’azionista di maggioranza del gruppo ospedaliero che nel novembre del 2018 si è quotato alla Borsa di Milano, l’unico ad essere approdato in Piazza Affari tra le società del suo settore. Un piccolo impero fondato negli anni Cinquanta dal padre Raffaele, chirurgo, con i suoi due fratelli Mario, urologo e Antonio ginecologo.
A piazzale Belle Arti, a Roma, c’è la sede della holding dove Maria Laura Garofalo ha concentrato le aree strategiche a supporto delle sue strutture operative. “Non avrei mai potuto fare il medico, la sola vista del sangue mi fa svenire. Mi sono rifiutata di seguire un percorso dato per scontato. Mio padre per questo non mi ha rivolto la parola per quattro anni. Lui era una figura imponente, sono nata che aveva 42 anni, subire le aspettative di un genitore un po’ ti tarpa le ali. Per fortuna ci ha pensato mia sorella Raffaella, la primogenita, a seguire le sue orme di medico e fa il chirurgo plastico. Io ho scelto Giurisprudenza, volevo fare l’avvocato. All’epoca si parlava molto di internazionale, mi ero orientata verso il societario. Sembrava una scelta che ci avrebbe divisi a vita, poi tra me e lui è scoppiato un grandissimo amore”.
Un padre imprenditore ma prevalentemente un chirurgo. “Eravamo molto simili, ci confrontavamo e litigavamo spesso, da combattenti; io ho sempre rispettato la sua autorità. Veniva da una famiglia povera, madre malata, quattro figli, il padre maestro elementare. Ha fatto la guerra, è stato partigiano, sindaco, aveva carisma”.
Dopo la laurea alla Sapienza e il tirocinio in uno studio legale molto importante, Maria Laura Garofalo per approfondire i temi legati al bilancio lascia la law firm e si iscrive a un master in management delle piccole e medie imprese e a un corso sulla contabilità fiscale. “Io seguivo la mia strada, ero di nuovo in uno studio legale, questo ancora più rinomato, dove lavoravo con Sally Pescatore”. Di nuovo il padre irrompe sulla scena. “Era entrato in crisi con suo fratello Mario dopo una grave scorrettezza, c’è stata una spaccatura insanabile ed è entrato in un periodo di depressione. Mi ha detto: ci sono cose che si possono fare e altre che si devono fare. Non ho avuto scelta. Sono entrata in azienda, per quanto giovane, avevo 27 anni, col mio bagaglio di competenze. Lì, in quel mondo complesso, mi sono forgiata. Sono riuscita a impormi nonostante il forte contrasto con mio zio, ho subito torti e sono stata maltrattata, tutto il personale era dalla sua parte. Ma ho lavorato tanto, fatto non pochi sacrifici, anche col pancione, ero in attesa di Alessandra che ora ha 28 anni, fa il medico a Padova, si specializza in chirurgia vascolare ed è membro del nostro consiglio di amministrazione. Ho fatto rinunce, non mi sono mai risparmiata e continuo a farlo oggi che pure potrei anche godermi di più la vita, ma lo faccio creando valore”.
Un po’ per volta la giovane manager è entrata nei gangli della struttura societaria, e grazie anche all’aiuto ricevuto dallo studio presso il quale aveva lavorato, è riuscita a prendere le redini del gruppo e rimetterlo nelle mani di suo padre. Lo zio si è dimesso da tutte le cariche.
Al compimento dei 70 anni, Raffaele Garofalo ha deciso di sospendere la sua attività di chirurgo per dedicarsi all’impresa di famiglia. “Con me ha seguito tutta la fase inziale del percorso imprenditoriale, abbiamo costituito una nuova società, ‘Larama 98’, mentre in Garofalo Health Care ho fatto confluire tutte le strutture via via acquisite”. La manager ha adottato un modello di business del tutto diverso dal precedente. “Io, passionale, aziendalista di ferro, soffrivo perché nonostante gli sforzi non si riusciva a creare valore nel Lazio, una regione difficilissima, commissariata per la sanità da sempre. Ho capito che bisognava allargare lo sguardo, realizzare il business in altre regioni italiane diverse dalla nostra e muoversi non più su un unico comparto. L’idea vincente è stata estendere le competenze e fare emergere sinergie importanti tra le diverse strutture, coprendo tutta la filiera assistenziale”.
Garofalo si muove a tutta dritta verso le aree territoriali più virtuose. Anzitutto il Piemonte, con una clinica per la riabilitazione, e con questo inizia un processo che abbraccia le branche del settore ospedaliero, acuti, riabilitazione e lungo degenza, la socio assistenza con le rsa, la psichiatria, i malati terminali, lo stato vegetativo persistente, e il comparto territoriale con i poliambulatori e i centri diagnostici. Oggi le strutture del gruppo Garofalo sono oltre che nel Lazio, soprattutto nel Nord: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna; e in Centro Italia con la Toscana.
Il Covid 19 è stato per il gruppo ospedaliero un test importante di sinergia pubblico privato. “Non abbiamo fatto la parte di chi sta a lì a contarsi i soldi in cassa. Senza il contributo del privato accreditato nella prima fase della pandemia non si sarebbe usciti dall’emergenza; alcune strutture si sono trasformate in centri Covid, abbiamo ospitato le chirurgie più delicate degli ospedali, le oncologiche, offrendo un sostegno importantissimo. C’è stata anche una politica denigratoria di tipo ideologico, che più che colpire gli imprenditori ha offeso gli operatori che lavoravano, molti dei quali si sono ammalati. Poi le acque si sono calmate e si è visto che l’integrazione è un fatto positivo su cui puntare per la riorganizzazione del sistema sanitario nazionale. Per quanto ci riguarda dobbiamo avere i requisiti previsti dalla legge, l’organizzazione strutturale e una tecnologia molto avanzata. La verifica avviene con continue ispezioni. In base all’accreditamento, si sono sottoscritti accordi con le regioni e attribuiti i budget per le prestazioni”.
La scelta del personale in casa Garofalo avviene in base alla professionalità scientifica, all’esperienza. L’esatto opposto di questo modello è rappresentato dalla sanità in Calabria, dove la crisi dell’assistenza ha toccato il fondo. “Quando la politica ci mette le mani, ma questo lo riscontro anche al Nord, si compromette la buona gestione. Gli ospedali pubblici devono essere guidati da manager competenti, non dal personaggio politico o indicato dalla politica. Altrimenti le scelte non saranno mai obiettive né nell’interesse della collettività.”
Ghc è tra i primi quattro gruppi italiani, non il più grande ma valutato best in class per performance economiche e finanziarie e qualità elevata. Case di cura che producono reddito. “Non c’è nulla di scandaloso. Non esiste struttura sanitaria che possa stare in piedi se ha i conti in rosso. Gli azionisti di ‘Larama 98’ non si sono mai distribuiti il dividendo e tutti gli utili sono stati reinvestiti. Mio padre, che non c’è più da quindici anni, ricordava che i soldi non sono il fine ma il mezzo per raggiungere un obiettivo. Il progetto ci ha dato la possibilità di quotarci in Borsa nel 2018, obiettivo la crescita, con l’ingresso per il 26 per cento di investitori istituzionali italiani e esteri. Sono entrati non vendendo azioni ma facendo un aumento di capitale sociale, abbiamo raccolto 70 milioni di euro”.
Mezzi finanziari confluiti nelle casse della società grazie ai quali sono state subito acquisite sette nuove strutture, una squadra di manager di alto profilo per cui ogni area, finanza, pianificazione e controllo, è presidiata da amministratori esperti.
Il presidente del gruppo è Alessandro Maria Rinaldi, banchiere, professore universitario a Tor Vergata e alla Luiss in ‘Tecnica del mercato finanziario e amministrazione di banche’, marito di Maria Laura Garofalo, Sono sposati da 33 anni, hanno tre figli, Alessandra, Raffaele, come il nonno, 25 anni, laureato in Scienze politiche che segue un corso di specializzazione in finanza, e Francesco, 16 anni, al liceo. “Il nostro prevalente motivo di lite era che dalla morte di mio padre non gli avessi chiesto aiuto per la parte finanziaria. Quando l’ho fatto si è appassionato. È un uomo intelligente, abbiamo un vivace confronto intellettuale, mi ha sempre stimolato, mai ostacolato. Appartiene a una famiglia importante: mio suocero era l’uomo di Rockfeller per l’Europa, è stato presidente del Banco di Santo Spirito e vice presidente della Bnl. Mia suocera era figlia di un grande finanziere, Alessandro Rossini, il nonno un imprenditore. Noi ci siamo innamorati, siamo andati a vivere in una dependance di Villa Rossini. La vita è una conquista e se fosse arrivato tutto facile non sarei dove sono. Litighiamo per i figli, io rigida, lui più tenero, ma siamo una coppia unita, è l’unità risiede nella nostra indipendenza, professionale e intellettuale. Vorrei trasferire ai miei ragazzi un insegnamento, le regole e i limiti che fanno crescere. Ho un difetto, qualche volta sono aggressiva, e una dote, sono buona, mi preoccupo di tutti”.
La campagna acquisti di strutture sanitarie dell’ad Garofalo in giro per l’Italia continua. “In questo momento ci sono grandi opportunità per nuove acquisizioni. I singoli tendono a tirarsi indietro, si punta alle concentrazioni, abbiamo nel mirino altre importanti investimenti sempre al nord. Quando ti quoti in Borsa devi far vedere i tuoi numeri. Non tutti sono disposti a farlo. La corruzione c’è anche nel mio settore e questo mi dispiace ma ci sono tanti gruppi come il mio, andati avanti sempre nel rispetto dei valori di serietà, correttezza e trasparenza. La vera forza di Garofalo Health Care è questa, del resto ti puoi quotare soltanto se non hai scheletri nell’armadio e ti puoi permettere il contradditorio. Volevamo crescere in maniera veloce e dotare l’azienda di manager responsabili. Così il passaggio generazionale sarà più indolore, il figlio che ha i valori giusti potrà lavorare in azienda, in caso contrario può cedere le sue azioni e realizzarsi come vuole. Voglio difendere le aziende dai figli e i figli dalle aziende”.
Gli uffici della Ghc sono nello stesso palazzo dove abita Maria Laura Garofalo. L’imprenditrice è all’attico, “il rischio è non riuscire a separare la vita professionale dalla vita privata. Quando i figli erano piccoli e abitavo in un’altra casa me li portavo in ufficio, li allattavo. Non sarò stata una mamma perfetta ma non li ho mai persi di vista neppure per un istante, anche se qualche senso di colpa resta”.
Sportiva in tempi normali, una piccola palestra in casa, nuotatrice “passione che mi fa stare bene”. In vacanza va al mare o all’Argentario o in Sardegna. E qui, la scorsa estate ha incontrato il virus. “Siamo stati colpiti dal Covid, tutti asintomatici, io male. Ho passato un’esperienza difficile, polmonite bilaterale interstiziale, 18 giorni in isolamento allo Spallanzani. È un fatto di cui non ci si deve vergognare: mi ha arricchita perché come tutti i dolori, mi ha dato anche un’altra prospettiva. L’ho affrontato con coraggio, e per il mio carattere deciso oggi mi sento più forte di prima”.
Maria Laura Garofalo è una lettrice di romanzi, “ma attualmente sono schiava dell’Ipad, la sera mi apro tutte le email”. E ama l’arte. “Mio padre è stato un collezionista importante, da statue lignee del 1200 a dipinti dal ‘500 ai Macchiaioli fino ai primi del Novecento. E anche di manoscritti leopardiani. Abbiamo la brutta copia dell’‘Infinito’, sappiamo che Leopardi non era per niente pessimista, anzi un amante della vita. E c’è una Divina Commedia scritta in oro zecchino. Noi abbiamo una collezione di Pietro Della Vecchia, pittore veneto del Seicento. L’ho portata in ufficio e quando lavoro me la guardo”.
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