Italia zona rossa per dieci giorni, con negozi, bar e ristoranti chiusi e il divieto di uscire dalle nostre case se non per motivi di lavoro e salute. Non ce le aspettavamo così le festività natalizie, anche perché, due Dpcm fa, era stato proprio il premier Giuseppe Conte a chiederci ancora uno sforzo "per tornare a respirare a dicembre" e "scongiurare un secondo lockdown". Era il 25 ottobre.
Sono passati quasi due mesi da allora. Due mesi di passione per le tante attività congelate e per quelle colpite dalle chiusure anticipate. Non va meglio per i commercianti, che speravano nelle compere dell'ultimo minuto. La stangata era nell'aria, ma Palazzo Chigi ha atteso sino alla tarda serata di venerdì prima di comunicarla agli italiani.
Giulio Anticoli, presidente dell'associazione Roma Produttiva, è amareggiato. "Si continua con le conferenze stampa improvvisate, serve una programmazione più attenta perché qui si gioca con la vita delle persone". "Il primo lockdown è stato disastroso, il nuovo stop – ragiona Anticoli – potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso: le aziende italiane viaggiano su cifre sottilissime e ogni azione le può portare alla chiusura".
"Dall'inizio dell'emergenza sanitaria – denuncia il presidente di Roma Produttiva – chi fa impresa è stato trattato come un untore. Perché non vengono attenzionato allo stesso modo anche il trasporto pubblico? Avete visto in che condizioni si viaggia sulle metro della Capitale?". Il riferimento è al caso del maxi assembramento che si è creato qualche giorno fa all'ingresso della stazione metro Anagnina.
Nelle sequenze immortalate in un video amatoriale, si vedono decine di utenti che cercano di raggiungere i tornelli accalcati come sardine. Sono scene impensabili in tempo di pandemia. Che però non hanno fatto breccia nelle preoccupazioni del governo, troppo indaffarato a stigmatizzare lo shopping di Natale. Come se cunicoli e vagoni sovraffollati fossero un affare da poco.
Non la pensa allo stesso modo un habitué del trasporto pubblico, che incontriamo bardata con mascherina e sciarpa davanti all'uscita della metro San Giovanni. "In metro si viaggia malissimo, anche negli autobus – racconta – nelle ore di punta c'è sempre la ressa". Quando le chiediamo se ha paura annuisce: "Certo che ho paura, ma cosa posso fare? Devo andare a lavorare". "Prima mi tuffavo in metro qualunque fossero le condizioni, adesso – ci spiega una pendolare sulla quarantina – se è troppo affollata non salgo, anche a costo di arrivare tardi a lavoro".
Come è possibile che nella capitale di un Paese in piena emergenza sanitaria si viaggi ancora in queste condizioni? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Specchia, blogger romano ed esperto delle falle del trasporto pubblico. "Gli assembramenti dipendono dai soliti atavici problemi del trasporto pubblico di Roma: irregolarità nella frequenza dei treni, continui guasti agli impianti di risalita e dalla chiusura inspiegabile di alcuni accessi". "Tirando le somme – spiega il blogger – possiamo tranquillamente dire che il livello del servizio è rimasto lo stesso di gennaio, e che gli sforzi fatti dall'amministrazione per migliorarlo non hanno prodotto effetti apprezzabili".
Una domanda allora sorge spontanea: quando ci saremo lasciati alle spalle questo Natale di restrizioni e sacrifici, quando torneremo a muoverci e ad usare i mezzi pubblici, in che condizioni li troveremo? "Quello che abbiamo visto in questi giorni sui mezzi pubblici è poco incoraggiante, non bisogna assolutamente viaggiare in quelle condizioni", sentenzia Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei Medici di Roma.
"É pericoloso per il tempo che si passa vicino agli altri e perché il ricambio d'aria è relativo. Faccio notare che la regione dove c'è stata maggior incidenza del virus è stata la Lombardia e Milano in particolar modo, dove i mezzi pubblici sono più utilizzati che altrove". Insomma, il nodo dei trasporti è cruciale per piegare la curva dei contagi. Prima o poi qualcuno si deciderà a scioglierlo?
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