Il calo c’è e sembra avviarsi alla stabilità. A ieri si registravano 949 positivi di cui 885 asintomatici su 15.739 tamponi. Diminuiscono anche le vittime: 7 nelle ultime 48 ore e 25 rilevate nei giorni precedenti. Sul fronte ricoveri, analogo trend in miglioramento con 122 posti letto di Terapia intensiva occupati su 656 disponibili, mentre di degenza ordinaria ben 1.562 risultavano ancora liberi.
Ma se la situazione pandemica appare meno drammatica per contagi e ricoveri, emerge un dato nuovo e tutto da chiarire: i tamponi di verifica da processare, cioè da sottoporre ad analisi, arrivano in misura ridottissima nei laboratori pubblici. Improvvisamente e da oltre una settimana, aziende ospedaliere e Asl, pur deputate a questo compito e attrezzate di tutto punto con tecnologie e reagenti, ricevono pochi test da esaminare. Di certo in quantità molto al di sotto delle loro potenzialità. Perché? Un altro inquietante mistero coinvolge dunque l’universo-tamponi su cui la Procura ha avviato un’inchiesta dopo le rivelazioni di Repubblica.
Un’occhiata ai numeri che caratterizzano i test degli ultimi giorni. L’altroieri, al Laboratorio di Biologia molecolare del Cotugno (Azienda dei Colli) erano pervenuti meno di 200 tamponi. Eppure il polo infettivologico è stato il primo e unico punto di riferimento, ad inizio pandemia e per un bel po’ di tempo, tant’è che il ministero lo aveva designato capofila a cui spettava anche il compito di verifica degli esami eseguiti in altri centri. E adesso il personale (tecnico e sanitario) che pure continua a svolgere una modesta attività di analisi, non è più pressata da richieste esterne. D’altro canto anche la Napoli 1, con il laboratorio dell’ospedale San Paolo che aveva lavorato moltissimo in seconda linea durante la fase cruciale della prima ondata, oggi effettua analisi su un numero ridotto di test. Sempre l’altroieri, nel presidio di Fuorigrotta ne sono stati esaminati circa 500. Pochi, anche in questo caso. Vero è che il totale di tamponi giornalieri si sta progressivamente riducendo, ma parliamo pur sempre di decine di migliaia. Ieri appunto, ne sono stati processati (in tutta la Campania) quasi 16.000. E in più, il drastico calo lo si registra anche nelle altre strutture pubbliche: Ceinge, Policlinico universitario Federico II e Asl Napoli 3 Sud con l’ospedale di Nola dove pure il calo è stato consistente. Stesso andamento nelle altre province. Come quella di Avellino dove insistono l’ospedale Moscati e il Biogem. «È molto sospetto tutto questo – si sbilancia uno specialista di laboratorio – e c’è da chiedersi dove venga esaminata una quota parte così imponente di tamponi. A suo tempo la Regione aveva, grazie a una gara indetta da Soresa, stipulato un accordo con l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno e il centro Ames di Casalnuovo».
Un passo indietro. La crisi del sistema risale alla primavera scorsa quando “Repubblica” con Conchita Sannino rivela il business tamponi. Già allora l’Istituto di Portici aveva esaminato tanti test da superare il centro di riferimento del Cotugno, passando dai 58 tamponi al giorno del 28 marzo ai 700 dei primi di aprile. Addirittura raggiungendo, almeno una volta, 1800 tamponi in un sol giorno. Adesso lo scenario sembra ricalcare quello di allora. Con la differenza che la convenzione prevedeva il ricorso ai laboratori esterni soltanto per l’eccedenza di esami non effettuabili in quelli pubblici (ospedalieri e Asl). Insomma, quando la capacità operativa si fosse saturata, si potevano smistare i tamponi nei laboratori dei centri accreditati. Coaì, mntre fino ad alcuni mesi fa la Regione pubblicava nel bollettino quotidiano non solo il numero generale di tamponi ma anche la loro distribuzione alle strutture inserite nella rete regionale Coronet-Lab, coordinata dal direttore generale dello Zooprofilattico Antonio Limone, oggi sono saltati questi dettagli. E ci sono altri due punti da chiarire. In primo luogo il controllo e la qualità dei tamponi. A questi compiti di verifica nel pubblico provvede il Cotugno, mentre tutt’ora si ignora come e da chi vengano valutati i test effettuati dai privati. Poi, il materiale tecnologico fornito dalla Protezione civile nazionale ai centri pubblici: ebbene, al momento giace inutilizzato o sottoutilizzato proprio perché non si dà conto pubblicamente dei soggetti a cui vengono affidate le indagini. Insomma, il settore pubblico chiamato istituzionalmente a dare risposta alla domanda di salute si rivelerebbe sottoutilizzato a vantaggio del privato.
E infine, denuncia un altro medico: «La verifica di attendibilità è fondamentale, perché mi consta che alcune strutture, senza dichiararlo, ricorrono alla tecnica dei “pool”: l’accorpamento di più tamponi da esaminare insieme come se si trattasse di un unico test. Una procedura che, visto l’andamento epidemiologico, rischia di falsare i risultati a causa di un possibile inquinamento. E abbiamo visto molti campioni positivi che, rianalizzati in strutture pubbliche, si rivelano negativi».
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