Tempi duri per i troppo grandi. Dopo avere assistito – inermi gli uni, distratti gli altri – alla inesorabile ascesa dei giganti di Silicon Valley alla vetta delle quotazioni di Borsa, le autorità antitrust, di qua e di là dell'Atlantico, hanno compiuto contemporaneamente, quasi negli stessi giorni di fine autunno, una svolta di 180 gradi in materia di concezione e di applicazione delle regole di tutela della concorrenza nel mondo digitale. Le traiettorie di Washington e di Bruxelles sono diverse, perché sono diversi i punti di partenza, ma il risultato è convergente: una tenaglia che restringa drasticamente lo strapotere di Facebook, Google, Apple, Amazon e Microsoft. C'è già chi ha scritto che è "un momento Standard Oil", ricordando la battaglia che, un secolo fa, si concluse con la drammatica spartizione del monopolio dei Rockefeller sul petrolio. Forse. Ma Big Tech è tutt'altro che priva di mezzi e sostegni. Aspettatevi un paio d'anni di fuochi d'artificio e scontri spettacolari dentro e fuori i tribunali e nei corridoi dei palazzi di governi e parlamenti.
In Europa, la svolta cruciale è nell'approccio alla regolamentazione antitrust. Dopo anni passati ad inseguire vanamente, a cose fatte, i comportamenti spregiudicati dei giganti digitali, questa settimana la Commissione ha annunciato che, d'ora in poi (o, più esattamente, quando avrà convinto i 27 governi Ue) si cambia: dovranno essere i protagonisti "sistemici" del mercato digitale, definiti dal fatturato, dal numero di utenti, dalla capitalizzazione di Borsa (i soliti noti, insomma) ad adeguarsi al codice di condotta preventivamente stabilito da Bruxelles e a concordare le strategie con la Commissione. Sotto tiro, oltre al rispetto della privacy, la responsabilità sui contenuti messi in rete, la trasparenza degli algoritmi e dell'utilizzo dei dati degli utenti e, soprattutto, il ricorso sistematico alla pratica di "comprare per seppellire", ovvero comprare i concorrenti, prima che diventino pericolosi. In ballo, multe plurimiliardarie, dal 6 al 10 per cento del fatturato globale e anche la minaccia di vendite forzate di rami d'azienda.
Negli Usa, la svolta cruciale non è nel metodo. E' una rivoluzione nella concezione stessa di monopolio. Non conta più solo il controllo dei prezzi. Finora, l'antitrust americana ha sistematicamente tollerato pratiche monopolistiche, se queste si traducevano in un vantaggio di prezzo per il consumatore. Adesso, anche oltre Atlantico si guarda più lontano, ad una protezione del consumatore attraverso la protezione della concorrenza sul mercato, perché salvaguardare la concorrenza vuol dire anche garantire spazio all'innovazione. Inoltre, mercati efficienti non vogliono dire solo prezzi bassi, ma anche evitare che il monopolio riduca le scelte del consumatore. E' una svolta all'europea, ma la differenza è che, mentre Bruxelles può intervenire solo sul mercato Ue, quasi tutto di risulta, le autorità americane hanno a portata di sanzione il terreno in cui, tuttora, si forma il mercato digitale, perché i protagonisti e le start-up stanno, oggi, in America. E, infatti, hanno già chiesto a Facebook di vendere Instagram e Whatsapp, dopo che, negli anni scorsi, non si erano opposti alla acquisizione.
Le battaglie legali sono appena iniziate. Tuttavia, mutamenti della situazione attuale paiono inevitabili. Spingono in questa direzione le convergenze fra le autorità antitrust delle due sponde dell'Atlantico: probabile, ad esempio, che, presto, anche gli Usa adottino le tutele della privacy varate in Europa. Sopratutto, sia Bruxelles che Washington puntano nella stessa direzione: vogliono la trasparenza degli algoritmi, vogliono sapere come vengono raccolti, utilizzati, distribuiti i dati degli utenti, la vera ricchezza del mercato digitale (e, volendo, il prezzo vero che noi consumatori paghiamo per servizi apparentemente gratuiti). Vogliono evitare che, sul mercato, ci siano solo i soliti noti.
Non è assolutamente il caso, però, di parlare di azione combinata. Al contrario, troppi interessi dividono ancora, anche in materia di mercati digitali, Europa e America. A cominciare dal problema di tassare, in Europa, i giganti (americani) di Big Tech. E anche di capire come deciderà di muoversi Joe Biden, il candidato per cui, in fondo, tifava tutta Silicon Valley.
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