QUANDO pensiamo alla prima ondata di Covid-19 la mente ci rimanda subito alla Lombardia e in particolare alla provincia di Bergamo. Quando però ci viene chiesto quale altra Regione ha pagato così tanto in termini di vite le idee non sono più così chiare. Eppure, dati alla mano facendo le debite proporzioni in base agli abitanti, una di quelle che più è stata colpita è la Liguria. La descrizione delle ragioni di questa sconfitta, frutto di scarsa capacità iniziale nel testare i positivi unita ad una insufficiente presenza della medicina territoriale, è ben descritta nel volume Le ragioni di una sconfitta. Libro Bianco sul Covid in Liguria realizzato da un gruppo di giornalisti, medici e avvocati. Un documento che senza troppi giri di parole chiama in causa Regione e Alisa, l’Azienda Sanitaria Ligure.
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Perché un libro bianco?
“L’idea di un libro bianco dedicato alla nostra Regione – spiega il giornalista Enrico Pedemonte, uno degli autori del volume – nasce dall’osservazione empirica del numero di decessi causati da Covid-19 nella prima ondata. Numero decisamente elevato se messo in rapporto al numero totale degli abitanti della Liguria. Una decisione, quella di scrivere il documento, che fonda le radici anche nella scarsa copertura mediatica della situazione nella Regione osservata nei primi mesi della pandemia”. Per andare ad analizzare le ragioni della debacle della Liguria gli autori gli autori hanno scelto il confronto con il Veneto.
Il doppio dei decessi
Il perché è presto detto: nonostante la Liguria abbia un terzo degli abitanti del Veneto e abbia registrato un terzo del numero dei contagi, a fine giugno il numero dei decessi è risultato doppio rispetto al Veneto, regione anch’essa amministrata da una giunta di centro-destra con una situazione iniziale, in termini di sviluppo della pandemia, simile a quella ligure. Andando ad analizzare in maniera più approfondita i dati, aggiustando le differenze nella composizione della popolazione, la Liguria ha fatto registrare 78 decessi per 100 mila abitanti contro i 44 del Veneto.
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L’inapplicata regola delle 3T
All’origine del caso Liguria secondo gli autori c’è innanzitutto la profonda differenza nel tentativo di isolare i primi casi. Mentre la strategia messa in atto dalla Regione Veneto è stata direttamente ispirata al modello Vo’ Euganeo, a Genova l’attività di test, tracciamento e isolamento viaggiava con il motore al minimo. In Liguria il primo caso viene annunciato ad Alassio il 25 febbraio. Al 27 febbraio i tamponi totali effettuati in Liguria sono 93, 20 positivi e 73 negativi. Quello stesso giorno il Veneto annuncia di avere eseguito fino a quel momento seimila tamponi. “Una differenza abissale – spiega Pedemonte – che determinerà la grande differenza tra lo spegnimento dei focolai nascenti in Veneto e l’incendio dei casi in Liguria”.
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Pochi laboratori accreditati e tracciatori
Non solo, un dato che indica chiaramente la scarsa propensione all’attività delle famose 3T è quello relativo ai laboratori accreditati all’analisi dei tamponi: mentre diverse Regioni si stava mettendo in campo una copertura diagnostica sempre più capillare per inseguire il virus, la Liguria era ferma al palo. Al 3 di aprile in Veneto se ne contano 14, in Puglia – regione colpita marginalmente dalla prima ondata – sono 12. In Liguria se ne aggiungono solo 2 ai tre già presenti (2 San Martino, uno Savona) per raggiungere le ali estreme di ponente (Ospedale di Sanremo) e levante (La Spezia). Stesso discorso, ovvero numeri scarsi, per i tracciatori: nella prima ondata ne erano presenti solo 30.
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Ma oltre al mancato isolamento dei primi casi e alla scarsa capacità diagnostica, il libro bianco punta il dito sull’organizzazione ospedalo – centrica – del tutto simile al caso Lombardia- nella gestione della pandemia. “La realtà è che nella nostra Regione – continua Pedemonte – si è progressivamente abbandonata la medicina territoriale. Il tentativo a livello nazionale di istituire le Usca – le Unità Speciali di Continuità Assistenziale volte a garantire l’assistenza domiciliare ai pazienti Covid in totale sicurezza – in Liguria è naufragato”. Fino al 25 marzo infatti, delle 23 necessarie (una ogni 50 mila abitanti) ne operava solamente una in tutta la Regione. Questo, unito all’elevato numero di medici di base contagiati e dunque “fuori gioco”, ha fatto sentire sempre più soli i cittadini liguri.
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Il caso delle Rsa
Analizzando il numero di decessi della prima ondata, un dato che salta immediatamente all’occhio è quello relativo alle Rsa: è in queste strutture che si è verificata la metà delle morti. Una situazione evitabile? Nel libro bianco, anche in questo caso, l’indice – oltre ad un cronico problema di taglio dei costi e dei servizi imputabile al sistema della “regressione tariffaria”, un argomento che meriterebbe un approfondimento separato – è puntato sulla lentezza decisionale e sulla mancata messa in sicurezza delle strutture. Un fatto su tutti: al 12 marzo la Regione caldeggia l’apertura alle visite nelle Rsa in considerazione del “benessere psicofisico degli utenti” nonostante il 10 marzo una nota della stessa Asl3, indirizzata alle Rsa territoriali, avesse vietato le visite.
Sul fronte reperimento di dispositivi di protezione le cose non vanno poi meglio. Le strutture chiedono di essere inserite nel sistema della protezione civile ma solo il 19 marzo arriverà la prima fornitura di mascherine e di camici. Per la seconda consegna sarà necessario aspettare fino al 29.
Imparare dagli errori?
Ora che siamo nel pieno della seconda ondata, è cambiato qualcosa? “Poco o nulla – chiosa Pedemonte -. Certamente abbiamo più laboratori in grado di processare i tamponi e il numero dei tracciatori è aumentato. Questo però non basta. I soldi spesi, nonostante gli stanziamenti, sono stati molto pochi”. “In estate -si legge nel libro – confidavamo che i vertici della regione avrebbero approfittato per mettere mano all’organizzazione delle strutture sanitarie in modo da poter meglio rispondere a una seconda ondata che molti esperti ritenevano probabile. Non è accaduto. La seconda ondata è arrivata, le strutture sanitarie sono state nuovamente travolte”.
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