Il New York Times ha ritirato il pluripremiato reportage in podcast "Caliphate" sui terroristi dell'Isis, dopo aver riconosciuto una serie di falle clamorose nelle procedure di raccolta e verifica delle sue fonti. Il cuore della famosa serie, firmata dalla reporter esperta di terrorismo Rukmini Callimachi, era infatti la testimonianza di un presunto militante Isis canadese-pachistano che si è rivelato un impostore, a seguito di un'inchiesta del governo canadese.
Dopo mesi di inchieste interne affidate a una squadra di giornalisti investigativi della testata, la direzione del New York Times è arrivata alla scelta clamorosa non solo di ritirare il reportage, ma di restituire il prestigioso premio Peabody che Callimachi e il suo team avevano vinto per quello che al suo lancio, nella primavera del 2018, era stato pubblicizzato come un prodotto di altissima qualità, sia per le rivelazioni sulla fino ad allora poco conosciuta vita interna dell'organizzazione terroristica islamica, sia per l'innovativo formato che lo rendeva un vero punto di svolta nel già brillante posizionamento della testata americana come faro dell'innovazione giornalistica mondiale: un podcast in 10 puntate, con testimonianza audio accompagnate a una gran mole di materiale documentale che Callimachi aveva raccolto di persona nei palazzi abbandonati dai terroristi dopo la presa di Mosul in Iraq.
Il direttore del New York Times, Dean Baquet, ha spiegato ieri in una puntata "aggiuntiva" del podcast Caliphate che il reportage non "rispetta gli standard" di qualità del New York Times e che – nonostante il falso militante Isis Shehroze Chaudhry si sia rivelato un "truffatore provetto" e non abbia tratto in inganno solo il Nyt ma anche le autorità canadesi e altri media – la responsabilità del grave errore ricade sull'intera direzione della testata per non aver seguito fino in fondo le procedure di verifica multipla che tutte le storie del Nyt richiedono.
Il New York Times e il pasticcio "Caliphate": processo interno alla reporter superstar
Raffaella Menichini
I am fiercely proud of the stories I have broken on the ISIS beat. But as journalists, we demand transparency from our sources, so we should expect it from ourselves. Please see my full statement below regarding our Caliphate podcast: pic.twitter.com/FBUFsrnbsa
— Rukmini Callimachi (@rcallimachi) December 18, 2020
"Come giornalisti, chiediamo trasparenza alle nostre fonti e dobbiamo essere noi i primi a garantirla – ha detto Callimachi – Ho scoperto che il soggetto del nostro podcast stava mentendo su alcuni punti chiave e l'ho riportato. Ma non ho colto altre bugie che ci stava dicendo, e avrei dovuto. Ho aggiunto delle avvertenze per spiegare cosa sapevamo e cosa no. Non è bastato".
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