ISTANBUL – Continua in Turchia l'incubo di Osman Kavala. L'imprenditore e filantropo, da tempo nel mirino del presidente Recep Tayyip Erdogan, dovrà restare in prigione. Dopo più di tre anni di carcerazione preventiva, un tribunale di Istanbul ha nuovamente respinto la richiesta di rilascio presentata dai suoi legali nella nuova udienza del processo che lo vede imputato di spionaggio e tentato rovesciamento dell'ordine costituzionale per il fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016.
Secondo molte Ong internazionali, da Amnesty International a Human Rights Watch, l'attivista per i diritti umani è vittima di una persecuzione giudiziaria. "Una tortura morale", l'ha definita oggi in aula Kavala. Lo stesso Erdogan è più volte intervenuto pubblicamente per accusarlo di eversione, sottolineandone i legami con il "noto ebreo ungherese Soros" ed esprimendosi ancora il mese scorso contro la sua liberazione, dopo che un suo consigliere e storico sodale, Bulent Arinc, l'aveva sollecitata insieme a quella del leader carismatico curdo Selahattin Demirtas, come segnale di distensione verso la società civile, dopo le decine di migliaia di arresti ed epurazioni post-golpe. La Turchia, aveva invece dichiarato il suo presidente, non vuole un futuro con "i Kavala del mondo".
Collegato col tribunale in videoconferenza, oggi il 63enne fondatore dell'Ong Anadolu Kultur ha nuovamente professato la sua innocenza. "Mi sono opposto ai colpi di stato militari e ho criticato le interferenze dell'esercito nella politica per tutta la vita. Queste accuse sono in netto contrasto con la mia visione del mondo e i miei valori", ha dichiarato il filantropo.
Già un anno fa la Corte europea dei diritti umani ne aveva chiesto il rilascio. "Siamo delusi", ha commentato il relatore sulla Turchia al Parlamento Europeo, Nacho Sánchez Amor, augurandosi che adesso sia la Corte costituzionale di Ankara a intervenire. Secondo il direttore di Amnesty per l'Europa, Nils Muizniek, "Kavala sta affrontando accuse infondate e politicamente motivate, in un processo che fa parte di un più ampio tentativo delle autorità turche di mettere a tacere la società civile indipendente".
Dopo l'assoluzione a febbraio dall'accusa di aver finanziato le proteste di Gezi Park del 2013, l'imprenditore era stato subito imputato con i nuovi capi d'accusa, impedendone la scarcerazione. Ora dovrà restare in cella almeno fino al 5 febbraio, quando è fissata la prossima udienza del processo, in cui è imputato in contumacia con le stesse accuse anche il professore americano Henri Barkey.Original Article
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