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Quelle lettere al mondo dall’autismo

Parole da cui affiora un mondo interiore ricchissimo, per dare voce a un dolore, quello che si prova sulla propria pelle, quello che traspare negli occhi di chi ti vive accanto. Parole che tratteggiano un orizzonte di speranza, che squarciano pregiudizi e isolamento, definendo un percorso di trasformazione, di cambiamento radicale che passa dalla scrittura. C’è un universo di sentimenti racchiuso nelle pagine di AUT | OUT – Lettere dall’autismo,il libro scritto da Carlo Ceci Ginistrelli, pubblicato da Durango edizioni nella collana Chilometro zero, dedicata alle scritture autobiografiche ( pp. 111; edizione cartacea 10 euro, digitale 4,99 euro).

Ginistrelli, giovane scrittore andriese ( ha 27 anni) è affetto da una grave forma di autismo che gli impedisce non solo di parlare ma anche di interagire adeguatamente col mondo esterno. « Per accettare il mio vivere ho pianto perché guardavo con invidia quello che mi manca: la voce. Ho pianto – scrive l’ autore – per il dolore negli occhi di mia madre e nel volto di mio padre, per il loro combattere inutile e per la loro dedizione instancabile. Ho pianto il dover accettare di non essere autonomo, cercando di uscire dal guscio opprimente di una vita da disabile».

«Ho trovato una crepa – prosegue – in quel guscio. Ho tentato di romperla, allargarla. Ho cercato la luce. Ho cercato le parole. Ora posso vedere la luce, ho le parole da scrivere. Finalmente. La luce mi è apparsa » . Nonostante quindi le difficoltà che affronta ogni giorno, sostenuto con amore dalla sua famiglia, Ginistrelli è riuscito, in questo diario dell’anima, a far venire fuori la sua profondità, a trovare una strada per esprimersi, per uscire da quel silenzio in cui è avvolto, trasfor-mando la mancanza di voce in sentimenti da condividere. E ribadisce con forza «amo la vita in tutte le sue sfaccettature, le parole e i cammini che ci fanno fare, le emozioni e i loro colori, amo osservare per cercare, ma non sono un giornalista, né uno scrittore, né uno psicologo, né un prete, né un antropologo, né altro. Sono solo un ragazzo di nome Carlo».

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