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Il lockdown gentile del Veneto, dal centro transennato alla fuga in montagna

Gli sci forse non serviranno, ma non si sa mai. Alice e Fabrizio caricano nel bagagliaio dell’auto carving e racchette, con tutto l’occorrente per una decina di giorni di villeggiatura. Destinazione Cortina, località in cui si trova il loro piccolo appartamento vicino al centro. Lì trascorreranno il Natale e il resto delle feste. Il Veneto si prepara al lockdown del governatore Luca Zaia, che ha deciso di vietare ogni spostamento tra Comuni dalle 14 in poi, da sabato 19 dicembre fino al 6 gennaio. In realtà l’ordinanza della Regione è già stata battezzata “lockdown gentile”, in virtù delle deroghe previste che lasciano una certa libertà di movimento.

Coronavirus, Zaia vieta gli spostamenti fra Comuni a partire dalle 14. Misura in vigore dal 19 dicembre al 6 gennaio

di

Enrico Ferro


Il popolo delle seconde case ringrazia, per esempio. Come Alice e Fabrizio sono migliaia i veneti che questo fine settimana raggiungeranno le località montane per trascorrere le feste. Salvi anche i ristoranti, che nel nuovo provvedimento sono concepiti come un motivo valido per spostarsi. E lo stesso vale per parrucchieri, estetisti, matrimoni, funerali. Dunque la regola è che dal primo pomeriggio in poi ognuno deve rimanere nel proprio paese, ma con varie eccezioni. Dunque è assalto ai supermercati di vicinato, con lunghe file e attese nei quartieri. Non aiuta il mega ingorgo delle consegne, con gli spedizionieri impossibilitati a recapitare i pacchi e i clienti costretti a stare in coda davanti ai magazzini per prelevare i regali entro Natale.

“Del resto, così non si poteva andare avanti”, confida Antonio, vigile urbano in servizio al comando di Padova. “Lo scorso fine settimana il centro era invaso da un fiume di gente, nemmeno si riusciva a camminare”. File davanti ai negozi e tavolini dei locali tutti affollati: socialità da pre Covid. Come se il Veneto non fosse la prima regione d’Italia come numero di contagi, come se i cento morti al giorno fossero un problema d’altri. Quando anche i sindaci dei capoluoghi hanno iniziato a chiedere aiuto, allora si è mossa la macchina regionale. Mario Conte, sindaco di Treviso, è sceso personalmente in strada con i vigili per chiudere il corso principale con le transenne bianche e rosse. “Che senso ha introdurre il cash back e poi chiudere i centri storici?”, si interrogano i commercianti trevigiani, un po’ interdetti dalle regole contraddittorie. “Una scelta irresponsabile, che avrà come unico effetto quello di spostare la folla dal pomeriggio al mattino”, dice Andrea Penzo Aiello, presidente di Veneto Imprese Unite, associazione che riunisce negozianti, baristi e ristoratori. Qualche amministratore era corsi ai ripari anche prima dell’ordinanza regionale. “Non potendo incidere sul movimento delle persone ho pensato di introdurre limitazioni sulle auto”, spiega Sergio Giordani, sindaco di Padova, che ha concepito un provvedimento sulla falsa riga della domenica ecologia. Nel fine settimana, dalle 10 alle 19, non si potrà entrare o uscire da quest’area. I varchi, 14 in tutto, saranno presidiati dalle forze dell’ordine. Il questore Isabella Fusiello ha chiesto un contingente che conta oltre cento persone, tra agenti e militari.

Si tratta quindi fare una sorta di somma algebrica tra l’ordinanza della Regione e quella del Comune di Padova: un rompicapo. “La città sarà più difficile da raggiungere, ma non è off limits”, sottolinea Filippo Segato, presidente dell’associazione pubblici esercizi. “Chi ha prenotato per domenica non deve disdire, dovrà solo parcheggiare più lontano e godersi una passeggiata fino in centro. Conveniamo con il sindaco Sergio Giordani e il governatore Luca Zaia di non venire in centro senza motivo. Le passeggiate non sono un buon motivo, andare a pranzo fuori sì e l’ordinanza di Zaia lo specifica. Con la ricevuta del ristorante possiamo tornare a casa senza correre il pericolo di essere sanzionati, anche se siamo fuori dal nostro comune di residenza”. Ma i ristoratori veneti sono arrabbiati. “Sono stufo di aspettare tutti i giorni delle novità, stufo come cittadino e ancora di più come ristoratore” sbotta Franco Filimbeni, titolare del ristorante Zairo di Prato della Valle a Padova. “Non so cosa e quanta roba devo comprare: sarei più contento se ci facessero chiudere del tutto o aprire solo a mezzogiorno. Troppe regole. Dovevano fare pochi Dpcm e farli rispettare: più controlli e meno chiacchiere”. Il prefetto di Verona Donato Cafagna chiede responsabilità e senso civico, ma intanto manda l’Esercito in stazione per garantire il rispetto delle regole. Mentre a Vicenza c’è allarme per un focolaio di Covid nel comando dei vigili urbani. Tirano un sospiro di sollievo, invece, in provincia di Belluno. Da Cortina ad Auronzo, da Selva di Cadore al Comelico, il timore era che venisse impedito di raggiungere le seconde case durante le festività. “Auronzo ha 3 mila seconde case” fa notare il sindaco, Tatiana Pais Becher. “L’ordinanza di Zaia salva una parte della nostra economia”.

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