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Hong Kong chiude gli ombrelli

PECHINO. Joshua Wong è tornato in prigione. Un tribunale di Hong Kong ha condannato l'attivista 24enne, volto da copertina delle proteste della città, a tredici mesi e mezzo per aver organizzato una manifestazione illegale. Anche Jimmy Lai, 72 anni, l'unico tycoon schierato con il campo democratico, l'editore del quotidiano militante Apple Daily, da qualche giorno è in galera. Accusato di frode, non gli è stata concessa la libertà su cauzione, aspetterà il processo in custodia. Intanto nel Consiglio legislativo, il parlamento dell'ex colonia britannica, l'opposizione è azzerata. Dopo la squalifica di tre deputati democratici, decisa d'ufficio dal governo, tutti i loro compagni di schieramento si sono dimessi, lasciando in aula le sole forze filo Pechino. Nelle strade, i cori per la libertà e il suffragio universale non si sentono da tempo: con la nuova legge sulla sicurezza nazionale basta una parola sbagliata per essere accusati di sedizione, come successo la scorsa settimana a tre teenager.
Un anno e mezzo dopo l'inizio delle proteste che hanno infiammato Hong Kong, trasformandola nel teatro di una guerriglia quotidiana tra giovani mascherati e polizia, una sfida aperta all'autorità di Pechino che ha catturato l'attenzione del mondo, Xi Jinping e il Partito comunista possono dire di aver vinto. L'ordine, parola chiave nel lessico politico del regime, è tornato in città. Cambiando in modo radicale, e probabilmente definitivo, il volto del Porto profumato.

"Questa è l'ora più buia, Hong Kong è morta" dice senza mezze misure Claudia Mo, 63 anni, ex giornalista e parlamentare del campo democratico. Il 12 giugno 2019, quando decine di migliaia di persone circondarono il parlamento per bloccare l'approvazione della legge sull'estradizione verso la Cina, l'inizio di tutto, lei era lì. "Siamo tornati", aveva gridato in mezzo alla folla. Lottare per la democrazia, come cinque anni prima aveva provato a fare il movimento di Occupy Central, sembrava di nuovo possibile. "Evidentemente siamo stati troppo ottimisti, credevo che quella folla avrebbe convinto il governo ad aprire un dialogo, invece tutto è precipitato veloce". Nelle settimane successive l'unica risposta alle richieste dei milioni di manifestanti scesi in strada, alla maggioranza di quelli pacifici e alla nutrita minoranza di giovani sulle barricate, sarebbe stata affidata alla polizia. Lacrimogeni, manganelli e arresti.
Quei disordini, insieme ai cori indipendentisti di una parte del movimento, sono stati la ragione, o forse il pretesto, che ha spinto Pechino a introdurre in città una nuova legge sulla sicurezza nazionale. Norma prevista dalla Legge di base di Hong Kong, ma che il governo locale non era mai riuscito a varare per le resistenze dei cittadini. "Il giorno della morte della città è il 30 giugno 2020" dice Mo "quando la legge è entrata in vigore". Un testo che lascia volutamente indefiniti, quindi interpretabili, i reati di secessione, sedizione o collusione con le forze straniere, e durissimo nelle pene. E che soprattutto ha introdotto un sistema legale parallelo, sotto il controllo di Pechino, che l'ha presentata come un modo di perfezionare "un Paese, due sistemi", la formula che avrebbe dovuto garantire fino al 2047 l'autonomia della città. In realtà ne rappresenta la fine: "Nessuno crede più ai "due sistemi"" spiega Mo "resta solo la prima parte: "un Paese"".
E pensare che circa un anno fa la protesta sembrava aver raggiunto un risultato. Dopo giorni di scontri drammatici, i "gialli" avevano trionfato nelle elezioni distrettuali, l'unica consultazione pienamente democratica. "Era stato un momento di speranza, il movimento già guardava alle parlamentari del 2020, sperando di fare il bis" racconta Antony Dapiran, avvocato e autore di vari libri sulle proteste, tra cui il recente City on Fire. "In quel momento la protesta, esausta, ha preso una pausa. Ma di lì a poco sarebbe arrivato il coronavirus a impedire ogni raduno. E la vendetta di Pechino".
L'approvazione della legge sulla sicurezza nazionale è stata un lampo, piombato mentre il mondo era distratto dalla pandemia. Secondo Dapiran i fatti degli ultimi giorni, la squalifica dei parlamentari democratici, l'incarcerazione di Wong e Lai, non sono che la logica continuazione di quella stretta, il cui obiettivo è "silenziare gli attivisti più in vista e intimidire tutti gli altri". La nuova norma offre al governo locale uno strumento potentissimo per trasformare anche i tribunali, a lungo bastione dello Stato di diritto di Hong Kong, in uno strumento di repressione. È un pezzo di legislazione della Cina continentale calato a forza sopra il sistema legale della città.
Il campo democratico ha sbagliato qualcosa? Claudia Mo e Dapiran rispondono di no: "Le sorti della protesta erano decise a Pechino e da Pechino, si poteva immaginare che con l'attuale regime la conclusione sarebbe stata questa". A ben vedere perfino i ragazzi in strada erano convinti non ci fosse speranza: "Se bruciamo, brucerete con noi" era uno dei loro slogan. E la scrittrice Xu Xi, figlia di Hong Kong trasferitasi lontano, suggeriva loro che l'unica possibilità di salvare la città sarebbe stata in esilio, "come il Dalai Lama". Oggi sempre più attivisti stanno scegliendo quella strada. Dopo Nathan Law, sodale di Joshua Wong rifugiatosi a Londra, nei giorni scorsi è stato Ted Hui, ex parlamentare democratico, a proclamarsi in auto esilio in Danimarca. I fuggiaschi promettono che continueranno la lotta dall'estero, cercando di fare pressione sui governi stranieri. Ma anche quelli più sensibili al tema, come Stati Uniti o Regno Unito, si limitano a parole o sanzioni largamente simboliche. Nulla sul versante finanziario, quello centrale per la Cina. Nulla in grado di piegare la sua volontà di normalizzare Hong Kong.
"Hong Kong è cambiata in modo sostanziale, i giorni in cui era un'oasi di libertà di parola e di espressione sono passati" dice Dapiran "ma questo non vuol dire che sia diventata solo un'altra città cinese". È vero, conserva ancora buona parte della sua diversità, libertà di educazione e di culto, libera stampa, libertà di connessione a Internet, tutte cose che in Cina continentale mancano. Ma per quanto? Pechino ha scandito i prossimi obiettivi, parlato della necessità di portare "patriottismo" nelle scuole e nei tribunali, e ha nella Chief executive Carrie Lam una fidata esecutrice dei suoi voleri. Intanto decine di poliziotti entrano nella sede di Apple Daily, ben coreografata rappresentazione di una stampa sotto assedio.
Oltre al bastone, la Cina offre anche la carota. Integrandosi con Shenzhen e le altre metropoli della terra ferma, Hong Kong potrà uscire dalla recessione. Pechino ha ancora bisogno del suo centro finanziario, porta di ingresso e di uscita dei capitali, e confida nella voglia di normalità della città, dopo mesi di disordini e poi di emergenza virale. La comunità d'affari, anche internazionale, tifa da sempre per un ritorno all'ordine, ritenendo ("con molta ingenuità", secondo Dapiran), che la stretta sulle libertà civili non toccherà il business. Che i cavalli correranno e le azioni faranno comunque faville in Borsa, per citare la promessa che Deng Xiaoping fece prima della restituzione di Hong Kong. Ma "normalità", anche se con qualche diritto in meno, è una parola che suona bene anche a molti cittadini ordinari.
Mesi di manifestazioni ignorate, di scontri a pietre e molotov, lasciano una città traumatizzata e ferita. Le ragioni che avevano portato due milioni di persone in strada, il dissenso verso il governo di Pechino e la sua marionetta Carrie Lam, sono ancora tutti lì, così come la voglia di ottenere la democrazia o, per alcuni, l'indipendenza. Dal giugno 2019 oltre 10mila persone sono state arrestate, vite sospese che la macchina inesorabile della giustizia chiamerà a comparire. "C'è così tanta rabbia, così tanto dolore, non è possibile spariscano" dice Claudia Mo. Troveranno nuovi canali per esprimersi? O Pechino riuscirà a soffocarli? "La battaglia non è finita" ha scritto Joshua Wong dopo la condanna. Oggi credergli è davvero difficile.
Sul Venerdì del 18 dicembre 2020Original Article

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