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Casapound: convegni, nuovi slogan e alleanze elettorali. L’idillio tricolore tra la “tartaruga nera” e Meloni

Finchè le cose restavano nelle segrete stanze di via Napoleone III, l’edificio statale occupato da diciassette anni e trasformato in una specie di fortino dietro il paravento dell’emergenza abitativa – una storia a cui ormai più nessuno crede -, su dove intendesse andare a parare CasaPound c’era come una nebulosa: difficilmente le decisioni e le strategie uscivano dal nucleo dirigente dei “fascisti del terzo millennio”. Un movimento, ex partito, che ha sempre funzionato come una caserma. Ma adesso a bucare l’impermeabilità della tartaruga nera, il suo guscio, l’omertà dei militanti, oltre ai processi sulle violenze squadriste e il tentativo di riorganizzare il partito fascista (inchiesta di Bari), ci pensano fatti e personaggi – diciamo – collaterali. E se è vero che la linea degli “eredi del fascismo” (Simone Di Stefano dixit) è ormai chiara – abbracciare Fratelli d’Italia dopo il fidanzamento politico finito male con la Lega -, è anche vero che qualcosa potrebbe mettersi di traverso. Rischiando di pregiudicare l’investimento futuro sul partito di Giorgia Meloni: un progetto al quale ai piani alti di Napoleone III si lavora da tempo e alacremente. Scambi di favori, contatti, iniziative in comune. Persino la creazione di un nuova entità politica ("Volontà romana”) in vista delle prossime elezioni amministrative a Roma. Ma cos’è che potrebbe guastare l’idillio? Sono dettagli che Iannone e camerati continuano a sottovalutare. Dinamiche interne alla formazione di estrema destra che, se qualcosa non andasse nel verso giusto, aprirebbero nuove crepe pregiudicando la presentabilità e stropicciando il rinnovato abito metapolitico di CasaPound. Prendiamone uno, di questi dettagli.

Finora è stata derubricata a bega di poco conto. Gli ingredienti sono questi. Un’autrice. Una casa editrice guidata da un picchiatore pregiudicato. Un libro intervista a uno dei leader politici più influenti d’Italia e già “capitano sovranista” di riferimento per i neri del quartiere Esquilino. Una storia che poi va a gambe per aria e finisce in mano agli avvocati. L’autrice è Chiara Giannini, inviata di guerra de Il Giornale. Nel 2019 pubblica il volume “Io sono Matteo Salvini” – 100 domande all’uomo più discusso d’Europa. Lo dà alle stampe Altaforte. E’ l’etichetta editoriale proprietà di Francesco Polacchi – dirigente casapoundista romano da un po’ di tempo trapiantato per interessi imprenditoriali e politici a Cernusco sul Naviglio nel milanese. Manda in edicola anche il Primato Nazionale (testata ufficiale di CPI). Il primo pezzo della storia è noto: la censura del libro su Salvini al Salone del Libro di Torino: una decisione maturata alla luce del curriculum giudiziario e della sfacciataggine apologetica con cui Polacchi si presenta (“sono orgogliosamente fascista”); parole fanno infuriare anche il museo di Auschwitz. Poi c’è il seguito. Qui conviene dare un’occhiata a ciò che scrive Chiara Giannini sui suoi canali social. Premessa: il pregresso è un contenzioso con Altaforte-CasaPound: 40 mila euro di risarcimento chiesti alla giornalista (“sono lontana dal mondo fascista”, ha sempre detto lei). Che pare volersi togliere dei sassolini dalla scarpa. “Da oggi racconteremo di riunioni occulte per aderire a partiti legali (che grazie al cielo hanno aperto gli occhi)”; “raccontiamo di grosse cause, di condanne per atti violenti o di certi giri in locali romani”; “raccontiamo anche di occupazioni illegali? O di chi tenta di avere successo sulla base del tuo lavoro?”. Passate al setaccio, e depurate dagli aspetti più personali-editoriali, le parole non hanno bisogno di interpretazioni. A partire da quel più che eloquente riferimento alle “occupazioni illegali”, fino agli “atti violenti” e alle “condanne”. E’ lapalissiano che il mondo di cui parla Giannini è quello di CasaPound. Che adesso tenta di “aderire a partiti legali” che “grazie al cielo hanno aperto gli occhi”. Si riferisce a Fratelli d’Italia? Quali sono le “riunioni occulte”? E i “giri nei locali romani”?

Affari e braccia tese. Botte e librerie. Per capire chi sono oggi e che cosa potrebbero diventare domani i “fascisti del terzo millennio” che si sono offerti a Giorgia Meloni come costola movimentista del partito tricolore che sta scalando la coalizione di centrodestra, da Roma saliamo a Cernusco sul Naviglio. Sabato 5 dicembre. Giornata di piogga. Il vulcanico Polacchi – condanne per pestaggi politici, la prima nel 2009, l’ultima a febbraio scorso – dopo avere vestito Salvini nel 2018 con il suo marchio d’abbigliamento identitario Pivert (tra i testimonial diversi calciatori), inaugura una nuova libreria Altaforte nel paese dell’hinterland milanese. Qui sorgono anche i magazzini di Pivert. Qui ha messo radici, da tempo, Polacchi. Quel giorno i neofascisti organizzano un sit-in “per la libertà di espressione”. Le guest star del pomeriggio nero? Due parlamentari di Fratelli d’Italia: Carlo Fidanza e Paola Frassinetti. Insieme al consigliere regionale leghista Max Bastoni (anche lui presente) sono le cerniere tra l’estrema destra milanese – anche l’ala più dura, come gli hammerskin di Lealtà Azione -, e i partiti sovranisti. Nessuno si stupisce di vederli a Cernusco, microfono in mano, accanto al non presentabilissimo editore di Altaforte. Spenta o comunque affievolita l’intesa con la Lega, a tenere banco nel mondo della destra radicale è il flirt tra CasaPound e FdI. A Milano come a Roma, e scendendo giù Latina, Napoli, la Calabria. “Dopo aver scelto di non essere più partito e di tornare movimento, CasaPound, oltre che provare a sminare per quanto possibile le conseguenze dei processi che la vedono imputata, si è liberata le mani e si offre al maggiore offerente” – spiegano dall’Osservatorio sulle nuove destre. Il dopo Lega si chiama FdI.

Una specie di stella polare. La fiamma della storia post-fascista che richiama i suoi vecchi e nuovi seguaci. Facendoli tornare all’ovile. “Con la Lega il rapporto si è esaurito – è l’analisi che fa l’ Osservatorio -. Più che ad una nuova Alleanza Nazionale, FdI si propone come una riedizione del Msi di Giorgio Almirante. ‘Un grande politico e un patriota d’altri tempi’, lo ha ricordato a maggio scorso la Meloni. Per CasaPound, che si considera erede della tradizione fascista, il richiamo è quanto di più naturale esista. Era meno naturale l’alleanza con Salvini”. Eventi. Collaborazioni. Dialogo continuo. Cambi di casacca e probabili prossimi candidati in lista. Dopo le ultime debacle elettorali e la scelta di tenersi fuori dalle piazze violente degli ultrà negazionisti guidati da Forza Nuova (i militanti della tartaruga hanno dato vita alle “mascherine tricolori”, più ordinate e pacifiche, a parte gli incidenti il 31 ottobre in Campo de’ Fiori), CPI si è resa conto che da sola non va da nessuna parte. Mancanza di numeri (anche se, di fatto, è l’unico movimento di estrema destra in crescita sul territorio, ma in cabina elettorale i voti diventano volatili); grane giudiziarie; sovraesposizione mediatica alla quale però non è seguito l’atteso riscontro politico. Anche da qui, la decisione di “consegnarsi” a FdI. Adesso è tutto in chiaro. Mentre il leader Simone Di Stefano ritwitta Giorgia Meloni come nemmeno con Salvini faceva, sul territorio si impilano mattoncini. CPI vuole apparire credibile e non più “brutta sporca e cattiva”. Spendibile agli occhi dei dirigenti di un partito che si candida a governare. Anche per questo, sullo sfondo, c’è una sempre più accentuata volontà di spingere sul tasto dell’offensiva “culturale”, tra testate giornalistiche e libri. “Controinformazione”, la chiamano. Spesso sono fake news propagandistiche, come quelle rilanciate sul Primato nazionale che sparano sull’ immigrazionismo per alimentare la paura. Ma lo “sfondo” serve. Perché diventa politica. Il primo banco di prova dell’intesa coi Fratelli sono le comunali a Roma. CPI darà il suo contributo sotto le nuove spoglie di “Volontà Romana”. Diventerà una lista portavoti. “VR” è l’etichetta sfoggiata dai portavoce dei fascisti del terzo millennio. Basta riferimenti alla tartaruga. La tartaruga potrebbe presto diventare un simbolo da soffitta. Lo sanno bene Carlotta Chiaraluce, “lady Ostia”, come la chiamano, compagna del plenipotenziario sul litorale Luca Marsella, e Marco Contisio, capetto del Tiburtino III a Roma, Simone Montagna che coordina nel XIII Municipio. La punta di diamante che alla fine potrebbe uscire dal mazzo neofascista al servizio di Meloni & co.? Risponde al nome di Mauro Antonini: fu già candidato per CPI alla presidenza del Lazio. Ma fu anche in prima linea nelle barricate violente anti-rom nelle borgate romane. Recentemente Antonini ha partecipato a un tavolo intitolato “Covid 19. Imprese e politica romana al tavolo”: con lui e con la Chiaraluce, due nomi di FdI, Gianluca Caramanna (responsabile nazionale per il turismo di Fdi) e Stefano Tozzi (capogruppo di Fdi in I Municipio). Prove di matrimonio? Per capire se le rose nere sbocceranno bisogna attendere. Ma il terreno è arato.

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