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A Natale non fateci rimpiangere gli “affetti stabili”

Sappiamo che dovremo passare un Natale più o meno solitario. Siamo rassegnati e certo, di fronte ai dati che restano preoccupanti, è evidente la necessità di restrizioni per scongiurare il rischio che le feste si tramutino in detonatore di una terza ondata di contagi che comprometterebbe anche i risultati della campagna vaccinale. Sappiamo anche che nel governo è in atto un braccio di ferro tra rigoristi e aperturisti sulle misure da adottare, una trattativa che va avanti ormai da troppi giorni, intrecciata com’è (è sarebbe stato meglio evitarlo) con le ripicche della verifica politica. Stasera sapremo chi ha vinto, ma soprattutto con chi potremo passare i prossimi giorni.
E’ su questo aspetto che vale la pena soffermarsi. L’ipotesi prevalente è che tra la vigilia di Natale e Capodanno (e forse anche fino all’Epifania) non potremmo incontrare più di due persone oltre ai nostri conviventi, a pranzo o per una semplice visita. O meglio una persona che vive sola, di qualunque età (per il momento non risulta che riguardi solo gli anziani) potrà vederne solo altre due insieme.
Il numero ristretto è chiaramente volto a limitare i contatti e dunque la diffusione del contagio. In altri Paesi europei sono stati raccomandati o prescritti limiti diversi e naturalmente si può discutere anche su questo. Ma il punto è un altro. Tra le proposte in discussione c’è quella, sostenuta dall’ala rigorista, di prevedere che si tratti non più di “congiunti” ma solo di parenti stretti: genitori, figli, fratelli, nonni e nipoti. Legami di sangue di primo e secondo grado, stop. Una ipotesi che escluderebbe anche i cosiddetti “affetti stabili” di cui pure molto si è discusso alla fine di aprile, quando venne allentato il primo lockdown. Allora il governo chiarì che i congiunti che si potevano finalmente vedere erano le persone "legate da un solido legame affettivo": i familiari, consanguinei e acquisiti, ma anche fidanzati e compagni. La lista pubblicata sul sito del governo comprendeva i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado e gli affini fino al quarto grado (per esempio i cugini del coniuge).
E si polemizzò a lungo sulla questione degli amici: erano o no da considerare “affetti stabili”? Anche diversi esponenti del governo ritenevano che lo fossero. Ma la questione di fondo, allora come oggi, è più generale: può lo Stato entrare nella vita privata delle persone e stabilire non quanti, ma chi possiamo vedere a Natale o il primo dell’anno? Può decidere che una donna o un uomo che vivono soli devono incontrare solo un parente stretto e non per esempio un compagno non convivente? E’ il cosiddetto Stato etico che qui entra in discussione.

Gli italiani che vivono soli sono circa otto milioni, le famiglie non tradizionali sono ormai numerosissime. E i legami di sangue non sempre sono idilliaci, ci sono legami di amicizia più solidi e continuativi di quelli famigliari. Ma questo non può essere affare dello Stato. Non fateci rimpiangere “congiunti” e affetti stabili”.
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